La mostra presenta 20 opere che hanno come soggetto un'architettura che, attraverso 'simmetrie e scomposizioni, approda all'annullamento del soggetto e ad un effetto di spaesamento che ci rende consapevoli di 'cose' prima ignorate.
Portami il tramonto in una tazza
La mostra presenta circa venti opere che hanno come soggetto l’architettura, un’architettura che attraverso “simmetrie, scomposizioni e sovrapposizioni approda all’annullamento del soggetto e a un piacevole effetto di spaesamento che, paradossalmente, ci rende consapevoli di “cose” prima ignorate” (da una recente intervista di Sara Fontana all’artista).
“Sono attratta dall’architettura – racconta Maria Mulas – e dai suoi materiali (ferro, cemento, colonne di granito). Non a caso ho sistemato da sola il mio studio... Così il titolo della mia sequenza di “architetture”, Metamorfosi, la dice lunga sul mio bisogno di trasformare le cose, di non presentarle come sono abitualmente.
Il Duomo di Milano, ad esempio, è un soggetto che non avrei mai fotografato, se non fosse accaduto che un giorno passassi di lì proprio nell’ora giusta. Grazie alla luce, il Duomo si rifletteva, deformandosi, nell’involucro specchiante che copriva temporaneamente il monumento a Vittorio Emanuele II. Mi è piaciuta la situazione, quanto mai distante da quella abituale e inflazionata da migliaia di immagini, e così l’ho fissata. Anche in Omaggio a René Magritte, raffigurante alcune poltrone coperte da stoffe in un interno di un antico palazzo, svela lo stesso atteggiamento nei confronti della realtà”.
E ancora: “In ogni città sono attratta da alcuni particolari e quindi li riprendo. Un giorno camminavo a testa bassa [a Ravenna], totalmente assorta nei miei pensieri, come mi capita spesso, e mi sono trovata di fronte al mausoleo di Galla Placidia, in un punto dove c’era un sole abbagliante. Ho visto davanti a me questi sassi stupendi, che oltretutto luccicavano: erano neri ma luminosissimi. Dallo loro composizione sono nate fotografie come quelle in mostra, in cui nella trama dei ciottoli è possibile vedere delle misteriose figure. [...] A Milano, la città in cui vivo, mi sono soffermata in modo particolare su alcune architetture a mio avviso molto affascinanti, coma la Rotonda della Besana, una scala di Terragni e una di Andreani o anche una scala cinquecentesca che ho trasformato in un gufo. Sono stata attratta da alcuni grandi cartelloni pubblicitari che mi avevano colpito per la curiosità e l’ironia dell’immagine, e talora anche del testo. A New York, dove andavo almeno tre volte all’anno, è sempre stato puro divertimento, una situazione rilassante. Ho fatto moltissimo lavoro, pur non avendo un impegno preciso. Ero attratta dai murali, dalla vitalità delle gallerie e dai molti artisti che risiedono nella città”.
Studio Guastalla
via Senato, 24 Milano
Orario: 10.00/13.00 - 15.00/19.00