Galleria Nazionale d'Arte Moderna - GNAM
Roma
viale delle Belle Arti, 131 (Disabili via Gramsci, 71)
06 32298221 FAX 06 3221579
WEB
Due mostre
dal 3/4/2007 al 2/6/2007
martedi' - domenica 8,30-19,30; lunedi' chiuso. L'ingresso e' consentito fino a 40 minuti prima della chiusura
06 322981, 06 32298301
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Galleria Nazionale d'Arte Moderna




 
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3/4/2007

Due mostre

Galleria Nazionale d'Arte Moderna - GNAM, Roma

"Libera me", mostra di Alex Majoli a cura di Chiara Capodici; rielaborazione di una serie di reportage realizzati negli ultimi 3 anni in Rwanda e Lettonia, gironi infernali o cerchi del paradiso. "Giochi nella memoria", a cura di Giovanna Calvenzi, e' composta dal lavoro di Paolo Ventura "Viaggio nella memoria" e di Moira Ricci "20.12.53-10.08-04". Due viaggi diversi nel tempo e negli spazi dell'invenzione. Nell'ambito di FotoGrafia Festival Internazionale di Roma 2007.


comunicato stampa

Nell'ambito della sesta edizione di FotoGrafia, Festival Internazionale di Roma, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna presenta la mostra personale di Alex Majoli, "Libera me", a cura di Chiara Capodici e la mostra "Giochi nella memoria", a cura di Giovanna Calvenzi, composta dal lavoro di Paolo Ventura "Viaggio nella memoria" e di Moira Ricci "20.12.53-10.08-04"

Alex Majoli
Libera Me
a cura di Chiara Capodici

La mostra è stata realizzata in collaborazione con Alessandro Sala, Arianna Arcara e Daria Birang

L’esperienza di fotoreporter è fatta di passaggi, figure rapide, in cui, come ricorda Calvino a proposito di Una Questione Privata di B. Fenoglio, “ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro e quest’altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché”.
Libera me ha origine da una riflessione sulla condizione umana, rielaborazione di una serie di esperienze, reportage realizzati negli ultimi tre anni da Majoli: le immagini del Murambi Genocide Memorial in Rwanda, i paesaggi lettoni, volti che entrano in un dialogo spaziale con quei luoghi che diventano gironi infernali o cerchi del paradiso non accessibili, senza inizio o fine.
Il primo cerchio –Persona- è fatto di volti. Il nero rimuove gli individui dal loro contesto e li rende tutti uguali. Con quale luce Dio vede queste creature? Il vero dramma si gioca ora, qui. Ma la luce è un ascolto: cerchio esterno della vita che per vedere alla radice bisogna prima ridurre a maschera.
I vestiti intrisi di sangue del genocidio in Rwanda emergono anch’essi dal buio, nature morte che appaiono dotate di luce propria. Un inferno che è memoria, che rimanda alle tragedie della storia, ma anche a ciò che resta. Il titolo Lacrimosa è tratto dalla parte del Requiem che introduce il Giudizio Universale. Alcuni compositori hanno aggiunto al Requiem parti proprie dell'ufficio della sepoltura, Libera Me: paesaggi surreali, bucati da un bianco accecante, ma abitabile, in cui la luce diventa assoluta e porta alla pace eterna. In questo teatro a doppio giro, lo spessore della maschera e la finzione della scena tendono ad assottigliarsi, eliminato tutto il superfluo, entro un limite circolare, uno spazio di gioco.
Chiara Capodici

Nota biografica
Alex Majoli è nato a Ravenna nel 1971. Attualmente vive tra Milano e New York. Comincia a fotografare nel 1982 e nel 1989 inizia a lavorare a tempo pieno come fotoreporter. Dal 1990 al 1995 lavora per l’agenzia Grazia Neri. In questo periodo documenta la guerra della ex-Yugoslavia, inizia un intenso reportage all’interno di un ospedale psichiatrico di Leros, in Grecia, continuando la sua collaborazione con la “corrente di Basaglia”, e viaggia in Sud America. Nel 1997 inizia a lavorare al suo progetto personale Hotel Marinum, con l’intenzione di fotografare la vita di diverse città di porto nel mondo. Ha intrapreso anche l’esperienza cinematografica, realizzando alcuni documentari e video clips, tra cui In the Forbidden City, cortometraggio sulla prostituzione a Bahia presentato al Film Festival di Torino. Nel 2001 Alex diventa membro della Magnum Photos: con Ferdinando Scianna è il secondo fotografo italiano a farne parte. Contemporaneamente al progetto Hotel Marinum, segue e documenta alcuni conflitti nel mondo, collaborando e pubblicando su diverse testate giornalistiche, fra cui: Newsweek, New York Times Magazine, Granta, Vanity Fair, The Times; per il National Geographic ha recentemente fotografato l’Africa a Parigi.

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Giochi della memoria

Moira Ricci
20.12.53-10.08-04
Paolo Ventura
Viaggio nella memoria
a cura di Giovanna Calvenzi

Moira Ricci e Paolo Ventura realizzano due viaggi diversi nel tempo, negli spazi dell’invenzione, nella memoria malinconica o nostalgica, affettuosa o straziante.
Usano la fotografia, la manipolano, la piegano e non solo nelle sue intrinseche qualità artigianali ma nella sua essenza stessa che la vuole formidabile medium per arrestare il divenire.
Inventano una vita rivissuta attraverso presenze impossibili, che scavalca il tempo e gli eventi. Inventano una città costruita su sogni e ricordi presi a prestito.
Moira Ricci entra nella vita di sua madre, ne diventa testimone e complice, la osserva dall’infanzia fino al suo diventare donna. Crea un gioco di rimandi e di rovesciamenti di ruoli, è a un tempo spettatrice e operatrice. Il rimpianto e l’affetto arricchiscono l’album di ricordi di una nuova presenza, una protagonista che altera lo scorrere del tempo, che scompagina le relazioni.
Paolo Ventura crea una città che è Milano, Parigi, Varsavia, teatro di eventi quotidiani, minuti o drammatici, che si intrecciano sotto un invisibile cielo invernale. Osserva esistenze inventate che si sfiorano sotto la pioggia, nei caseggiati anonimi, nei bar, all’uscita di un cinema. In un tempo immaginario, certamente passato e magicamente presente.
Moira Ricci e Paolo Ventura affrontano entrambi, sia pure su registri differenti, il tema ineludibile della morte, dell’assenza, del ricordo. Attraverso memorie private e memorie collettive che si intrecciano e si sovrappongono, che toccano tutti i registri della nostalgia e del rimpianto fino a esorcizzarli in una sorta di elaborazione del lutto che, nelle opere compiute, diventa altro. Diventa appunto un viaggio nel quale la memoria è solo il punto di partenza per creare la possibilità di nuovi incontri, di dare vita a reali mondi di finzione.
Giovanna Calvenzi
Moira Ricci

20.12.53-10.08-04

“La fotografia rende presente un evento passato”
(Roland Barthes, La Camera chiara. Nota sulla fotografia, 1980)

Queste parole, tratte dalle riflessioni di Roland Barthes sulla fotografia come mezzo di comunicazione si attagliano e descrivono perfettamente il lavoro di Moira Ricci e annunciano anche – con le dovute differenze e le ovvie distanze - una singolare coincidendenza di poetica.
Una prima vista (lo studium per Barthes) ci restituisce una sequenza di immagini familiari che ci appaiono normali, quotidiane.
Poi ad un’osservazione più attenta (il punctum) percepiamo qualcosa di più, un particolare che ci colpisce. E’ uno scarto, un inserimento impercettibile ma costante.
E’ Moira che ha deciso di inserire la sua stessa figura, di rivolgere il suo sguardo carezzevole e attento verso la madre scomparsa ma presente nella memoria e protagonista di tutte le foto che compongono il racconto.
E’ una scelta importante e coraggiosa quella di mettersi in gioco e di rendere pubblica una parte della propria storia, di partecipare l’importanza della consapevolezza di un rapporto-legame primario e l’elaborazione di un lutto come necessità e possibilità creativa.
In questo percorso dove la fotografia e il ritratto diventano “una magia” più che “un’arte”, parafrasando ancora Barthes, la giovane artista rivede il proprio vissuto e si pone in consonanza con la propria identità.
E fa di più, ci invita ad entrare in contatto con quelle parti di noi vive e presenti anche se forse non ancora conosciute.
Angelandreina Rorro

nota biografica
Moira Ricci è nata a Orbetello nel 1977. Nel 1998 si è diplomata presso l’Istituto C.F.P. Riccardo Bauer di Milano e nel 2005 in Comunicazione Visiva e Multimediale all’Accademia di Brera, Milano. A partire dal 2001 ha iniziato un’intensa attività espositiva. Vive e lavora tra Grosseto e Milano.

Paolo Ventura
Viaggio nella memoria

Nelle mie fotografie appare un mondo immaginario fatto di case, strade, piazze, atmosfere e personaggi che io costruisco e poi fotografo.
Quando allestisco le mie scenografie penso a delle immagini che mi ossessionano da molto tempo, a come dei sogni di una città immaginaria, anzi un quartiere che io conosco profondamente per averci vissuto tutta la mia vita, nelle sue ombre lunghe delle luci del giorno e della notte, nella guerra che ci ha abitato per lunghi anni e che viene rievocata continuamente, un posto vecchio, che ha visto tante cose nascere e morire.
Un sogno che mi protegge dal mondo esterno. Un mio rifugio immaginario che, ricostruendolo e fotografandolo realisticamente ambiguo, io rendo reale.
In questo piccolo mondo di legno e cartone degli uomini piccoli si amano, camminano si annoiano e si uccidono come nel mondo grande, come se ci guardassimo in uno specchio che però ci rimpicciolisce.
In questa mostra presento una selezione del mio lavoro precedente War Souvenir, e un’anteprima di alcune immagini tratte da il mio più ampio e ultimo lavoro che si chiama Winter story, e che verrà presentato da Contrasto nell' inverno 2008.
Paolo Ventura

Nota biografica
Paolo Ventura è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo lavoro War Souvenir è stato esposto nel 2006 in numerose occasioni in diverse città, fra le quali New York, Mosca, Arles, Milano. War Souvenir è stato pubblicato in volume dalla casa editrice Contrasto, Roma. Vive e lavora a New York.

Immagine: Alex Majoli

Inaugurazione mercoledi' 4 aprile ore 17.30

GNAM - Galleria Nazionale d'Arte Moderna
viale delle Belle Arti 131 - 00196 Roma
Orari di apertura:
Da martedì a domenica 8,30 – 19,30; lunedì chiuso. L'ingresso è consentito fino a 40 minuti prima della chiusura.
Biglietto:
Unico Mostre + Galleria € 9,00
Ridotto Mostre + Galleria € 7,00
Intero Galleria € 6,50
Ridotto Galleria € 3,25

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