Nella sua contrastante e profonda personalita', l'artista esorcizza solo con l'arte i suoi conflittuali fantasmi interiori e gli spettri personali, che legano insieme godimento e dolore.
Brachilogie monocromatiche di un automachia
Il Centro Culturale ArtCamera presenta: Mostra di Arti Figurative “ Brachilogie monocromatiche di un automachia” di Massimo Triolo a cura di Rita Carioti.
Massimo Triolo non è certamente una figura facilmente connotabile. Il suo percorso artistico è estremamente articolato, ossessivo, meticoloso, contrapposto e fortemente segnato da alcune vicende che hanno condizionato la propria esistenza sin dalla prima adolescenza. Già da piccolo vive respirando arte e cultura in un clima familiare intellettuale di confronto, discussione e condivisione. La madre è una pittrice e il padre è una figura intellettuale di spicco, sia nella sfera dell’insegnamento che nell’impegno politico e civile, ed entrambi lo incoraggiano senza intenti e forzature pedagogiche, alla libera espressione del suo talento interiore.
Tuttavia l’intenso rapporto amoroso dei genitori, e la vita ritirata, non incline a coltivare a lungo compagnie allargate, diviene una isola dalla quale esentare progressivamente persone e cose che non fossero conformi alle inusuali e personalissime modalità dell’insito tenore di vita, e questo influirà non poco nella sua futura formazione alla vita sociale. La prematura scomparsa del padre, uomo di grande cultura, rigoroso e coerente fino all’estremo, con il quale intesse un conflittuale rapporto di odio-amore, per via dei suoi metodi educativi severi e dispotici, lo porta a vivere un lungo periodo, come scelta autoimposta, in un ovattato involucro costituito di solitudine, rigore, rinunce, dubbi e una attenta analisi su se stesso.
Attua un approccio prematuro quanto febbrile ed intenso, alla lettura di molti e disparati testi, specie quelli umanistici, i classici della letteratura, saggi, testi di filosofia, e quanto altro, offrisse l'enorme biblioteca del padre, alla sua smania di imparare, conoscere e sapere e appagare una inspiegabile volontà di “plasmarsi” a sua immagine e somiglianza. Legge spesso di notte a luce bassa, sua congeniale dimensione, e per questo diventa miope e astigmatico. ”...in realtà, per quanto i libri fossero divenuti per me dei veri amici, in effetti gli unici, e mi avessero fatto sognare, soffrire, gioire e partecipare a storie e vicende meravigliosamente affabulanti, rimanevo pur sempre una creatura sola e sostanzialmente triste e inappagata”. Estraneato dal mondo esterno, presto viene colpito da una brutta forma di patologia depressiva che lo costringe a fare uso di psicofarmaci, antidepressivi e ansiolitici contro i frequenti attacchi di panico e la tendenza alla prostrazione, tristezza e abulia che rischiano di cronicizzarsi.
Dopo il liceo scientifico si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Firenze dove intesse nuovi rapporti sociali e dove attua un cambiamento. Dopo il primo grande amore, molti altri hanno coronato di bei momenti la sua stravagante, singolare vita, fatta spesso di azzardo e di dissipazione ostinata.. “… facendo vita di strada, giocando a fare il clochard, in una Firenze che ora non esiste più…conoscenze casuali e magiche nelle notti ubriache e insonni di una Firenze fatta di gradinate di piazze ancora vive, artisti di strada...luoghi che pullulavano di vita vera e vissuta, magari sporca, fatta anche di espedienti furfanteschi e attraversati da drammi profondi e smarrimento, sciupio...ma che mi ha insegnato molto più dei troppi libri che ho letto, molto più delle nozioni di gente dalle mani nette e pulite che mai hanno fatto lavori pesanti…”
…“L'arte è forse la mia lunga e strenua dannazione a cui riesco, talvolta, e come di lato alla sostanza effettiva dei miei sforzi coscienti, a strappare qualche goccia di splendore..”
“...quanto a me, non mi stanco di scavare, di cogliere all'assenza una presenza nascosta, in potenza, o accennata, che se colta fa il mio umano più umano e mi dà l'occasione impagabile di abbracciarla, incoraggiarla, parteciparla, e pure restituirla, in ogni forma, al residuo patrimonio di umanità condivisibile, che sogno ancora poter essere plurale, intersoggettiva e libera”.
Massimo Triolo, nella sua contrastante e profonda personalità, esorcizza solo con l’arte i suoi conflittuali fantasmi interiori e gli spettri personali, che legano insieme godimento e dolore. Chiaroscuri e netti contrasti di luce ed ombra, riflettono la tensione dell’incomunicabilità. Attraverso il segno efficace, esprime il fervido incontro con temi, personaggi, autori a d esso più affini, e vicende da essi raffigurati, non avulsi da una spontanea attitudine a problematizzarli e rielaborarli in nuove forme. Oltre all’arte del disegno, esso si dedica a scrivere poesie, canzoni e musica che talvolta coniuga in stretta simbiosi per creare o ricreare quell’armonia dell’anima , che ha poco vissuto e che ha sempre ricercato.
Rita Carioti
Coffe O'Clock
Corso Italia, 1 Arezzo
Ingresso libero