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EOS, essere, osservare, sostenere
dal 10/7/2001 al 9/9/2001
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Segnalato da

Giovanna Pincella




 
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10/7/2001

EOS, essere, osservare, sostenere

OpenSpace, Milano

Mostra di giovani fotografi organizzata dal Settore Giovani del Comune di Milano, progetto a cura di Moreno Gentili. "Essere come persone, ma anche come figure inserite in una scala di valori che trova riscontro non tanto nella realizzazione personale, nel successo e nel piacere di essere riconosciuti come vincenti, ma piuttosto come individui capaci di pensare alla debolezza di chi non ha mezzi per conoscere e sopravvivere. Osservare perché capaci di esprimere un giudizio di metodo, più che di merito, in relazione ai cambiamenti tecnologici che vedono il progresso aumentare i propri cicli produttivi di beni e di consumo dei medesimi a discapito di chi non possiede nulla o poco più. Sostenere come valore di un comportamento civile che vede offrire il proprio -prezioso- tempo a chi non ha altre opportunità che ricevere.


comunicato stampa

Mostra di giovani fotografi organizzata dal Settore Giovani del Comune di Milano, progetto a cura di Moreno Gentili. "Essere come persone, ma anche come figure inserite in una scala di valori che trova riscontro non tanto nella realizzazione personale, nel successo e nel piacere di essere riconosciuti come vincenti, ma piuttosto come individui capaci di pensare alla debolezza di chi non ha mezzi per conoscere e sopravvivere. Osservare perché capaci di esprimere un giudizio di metodo, più che di merito, in relazione ai cambiamenti tecnologici che vedono il progresso aumentare i propri cicli produttivi di beni e di consumo dei medesimi a discapito di chi non possiede nulla o poco più. Sostenere come valore di un comportamento civile che vede offrire il proprio -prezioso- tempo a chi non ha altre opportunità che ricevere. Tempi arroganti si potrebbe dire oggi, ma la fotografia di questi giovani fotografi insegna anche a comprendere l'esistenza di altre possibilità. Zona gialla, di Ila Rouge, che aiuta a guardare dove si confonde il tutto nella notte della metropoli, nel buio illuminato a tratti da chioschi che simili ad oasi offrono un momento di collettività a chi ne ha abitualmente poca. Il suo sguardo si perde tra luci al neon fredde ed impersonali che si abbattono sulle merci di un notturno e alquanto rapido consumismo. Birra, porchetta, pomodori sgargianti, hamburger quasi irreali, alcool a buon mercato e facce spettrali che comunicano tra loro fatti di un giorno trascorso e di un altro da intuire. Margini di una vitalità convulsa, a volte allegra e altre tragica, insieme di voci che si possono immaginare, suoni di un mondo da cui la normalità è lontana, assente, ignara e a volte disgustata. Eppure.. eppure è qui che accade, tra la pioggia e il gelo, il caldo e l'umido di un confine dove si appoggiano leggeri i rappresentanti di una umanità in cerca di sosta, dove si nascondono anche gli aspetti torbidi di una metropoli che sa offrire a chiunque una buona opportunità. E la zona gialla di Ila Rouge è zona di rischio marginale ma non per questo meno inquietante. Forse un territorio che è preludio di un lavoro volontario che prima o poi si renderà necessario, ma anche zona di un piacere discreto dove fermarsi a guardare una umanità che corre altrove, verso una libertà migliore o un sogno per un mondo più che umano.
Mani tese di Davide Begotti è lo specchio di una volontà caparbia che mira ad esprimere una umanità ancora dotata di quel bene che meno si esaurisce e meglio sarà per tutti: la sincerità. I guanti di gomma del volontario che deve difendere la propria incolumità da un rischio reale, sono l'elemento di unione tra due vite che si sfiorano senza arrendersi e rinunciare così ad un'altra possibilità. Qui le immagini si fanno più concrete e restituiscono qualcosa di meno appariscente ma comunque autentico. Essere dove si è per restituire qualcosa a chi ne ha bisogno. Un insegnamento che non ha bisogno di alcuna religione o ideologia per essere rappresentato al meglio e per continuare a rimanere insostituibile. Qualcosa che restituisce la dignità di un'azione sul territorio, tra gli sguardi di chi ha bisogno semplicemente di esistere e non di apparire. E una mano tesa è ancora oggi meglio di niente.
Interna-mente di Alessandra Caccia vede una città come in preda ad una serie di visioni personali, quasi un incanto vissuto con discrezione. Sono i luoghi dove si svolge la quotidiana operatività di chi lavora intorno alla sofferenza, ma sarebbe meglio dire che sono invece gli unici luoghi dove arriva chi avverte quel bisogno di una solidarietà oggettiva e ben lontana dalle semplici parole. Zone di pausa forse, o anche di verifica di quegli errori che l'umanità disadorna di sensibilità commette ogni giorno. E la metropoli, che è luogo di sensibilità effettiva così come di marginalità, ripara al torto attribuendo a questi luoghi quasi una responsabilità terapeutica, una possibilità di estraniazione da una marginalità altrimenti concreta. La fotografia, applicata qui in termini che si potrebbero definire visionari, ci restituisce in questo caso la doppia visibilità di un'esperienza significativa dello sguardo: quella dell'autore, ma anche quella di chi percorre quotidianamente lo spazio destinato alla malattia, sia esso paziente o terapeuta.
Volti di Debbie Bibo riflette invece il ritratto di chi opera quotidianamente accanto alla marginalità. E' fatica quella rappresentata da questi sguardi, ma anche determinazione, assunzione di responsabilità, consapevolezza. Volti che parlano e raccontano quello che hanno visto più di noi, volti di chi riesce a percorrere alcuni labirinti dove la solidarietà viene messa quotidianamente a dura prova e senza possibilità di appello. E' facile sbagliare e confondersi nella quotidianità di ogni giorno, ma dove esiste la possibilità di un dialogo è anche possibile riparare. Il punto è chiedersi che cosa mai può accadere quando le responsabilità sono più alte e quando il confronto avviene dove non si riconoscono che i propri limiti. La fotografia qui si insinua in una scuola di sincerità assoluta quale è stata quella di Diane Arbus ma con l'ausilio dei canoni estetici di una contemporaneità che vuole l'autore dentro lo sguardo del soggetto piuttosto che di fronte. E questa è assunzione di responsabilità senza possibilità di un ritorno. E questa è oggi la Fotografia."
Moreno Gentili

Biografie dei fotografi

Alessandra Caccia, Milano1975. Frequenta la Scuola Civica di Cinema a Milano e contemporaneamente si diploma in Fotografia presso l'istituto Riccardo Bauer, ex Umanitaria a Milano nel 1999. Espone in mostre personali presso la Galleria Agorà di Torino, 1999, e collettive come Magna Pars 1999, Blufotogiovani 2000 presso il Piccolo Teatro di Milano, Il corpo proprio presso la Galleria San Fedele di Milano a cura di Gigliola Foschi e Ritrovarsi nello specchio presso il Museo Ken Damy a cura di Roberto Mutti. Vive e lavora a Milano

Ila Rouge (Ilaria Bozzi), Milano 1977. Si diploma in Fotografia presso l'Istituto Riccardo Bauer nel 1999. Espone in mostre collettive in alcuni Centri Sociali di Milano tra cui il Leoncavallo. Si trasferisce a Parigi dove continua ad occuparsi di fotografia collaborando con diversi autori. Nel 1999 viene selezionata e ammessa presso la Scuola Superiore di Arti Applicate "Le 75" di Bruxelles, dove studia attualmente, e per uno stages presso l'Agenzia Magnum di Parigi dove lavorerà nel giugno 2001. Vincitrice dell'area arti visive della Biennale dei Giovani Artisti dell'Europa e del Mediterraneo - Sarajevo 2001. Vive tra Bruxelles e Parigi

Davide Begotti, Milano 1975. Studia Fotografia presso l'Istituto Riccardo Bauer, ex Umanitaria di Milano dove si diploma nel 2000. Espone in mostre personali come Album dove presenta una serie di ritratti realizzati nella metropolitana di Milano presso l'Istituto Riccardo Bauer, e collettive come la selezione del Premio Pezza nel 2000 dove presenta una ricerca sulle tradizioni rurali della zona sud di Milano. Sue fotografie sono pubblicate sul Giornale dell'Arte e sul Sole 24ore nell'inserto Paesaggio del nuovo Millennio, 2000. Vive e lavora a Milano.

Debbie Bibo, Los Angeles, California, 1968. Si laurea in Scienze Politiche presso la University of California di San Diego nel 1990. Nel 1992 si trasferisce in Italia dove si diploma in Fotografia presso l'Istituto Riccardo Bauer, ex Umanitaria nel 1998. Espone in mostre personali a Friulimmagina presso Villa Florio a Butrio, Udine, 1999, e collettive come Percorsi presso L'Istituto Bauer a Milano, 1998, L'arte della Fotografia dove presenta il lavoro Homeless presso il Comune di Carpi, 1998, Giovani autori presso la Galleria D'arte Il Castello, Milano, 1998. Vive e lavora a Milano.

Openspace - Palazzo dell'Arengario - via Marconi, 1 piano ammezzato- 20123 Milano
11 luglio - 9 settembre 2001
Orari: lunedì - venerdì 11.00 - 19.00 - sabato e domenica 14.00 - 17.00. Ingresso libero.
Info: Settore Giovani - tel. 02-88464102 fax 02-8846411

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Gerdi Gutperle
dal 13/5/2005 al 18/6/2005

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