Giusi Celeste, Miranda Mei, Anna Mercati, Marta Sarti, Lucia Simeone espongono opere realizzate con le tecnologie digitali, la pittura, l'acquaforte, il disegno su carta.
Collettiva
Giusi Celeste, Miranda Mei, Anna Mercati, Marta Sarti, Lucia Simeone
Non è facile presentare esaurientemente cinque artiste nello stesso
foglio, il mio compito è innanzitutto di salutarle a nome di tutta la
sezione. Limitandomi a suggerire alcuni spunti sulle tematiche e sui
valori tecnico-artistici di ciascuna di loro, rimando giudizi più
approfonditi nei successivi incontri dei prossimi due giovedì, il 3 ed
il 10 maggio. Nell'ambito della sezione è nata, infatti, l'idea di
promuovere questi momenti per amplificare ed approfondire il godimento
delle mostre in una formula nuova, tendente a vivacizzare la nostra
sede.
Accogliamo dunque questa mostra come il segnale di un ritrovato modus
vivendi nella nostra compagnia dove gli artisti riprendono il proprio
ruolo di protagonisti, anche nella loro autonomia di organizzarsi in
gruppo per trasformare solitari momenti espositivi in veri e propri
eventi, mettendo a confronto esperienze anche contraddittorie.
Mi soffermo ora ad nominare rapidamente le espositrici, in ordine
rigorosamente alfabetico perché non di una graduatoria di merito si
tratta, essendo ciascuna di loro portatrice di sicuri valori artistici.
Giusi Celeste lavora da oltre dieci anni nel campo delle applicazioni
delle tecnologie digitali all'immagine piana, dominio della cosiddetta
computer painting. In un periodo più recente questa artista ha operato
prevalentemente su tematiche come "frammenti di memoria biologica",
"frammenti di memoria numerico - geometrica", "frammenti di memoria
casuale-random o frattale". Ha ricavato e pazientemente elaborato la sua
"materia pittorica" da parametri modulari, ora di tipo
morfologico-strutturale, ora mutuati dal mondo delle morfologie
biologico-animali e da quello dei numeri e delle geometrie, partendo da
"matrici" iniziali selezionate tra le molte, appartenenti al proprio
bagaglio culturale "figurativo", attraverso una delle molteplici
tecniche digitali, hardware e software, a sua disposizione. Non mancano
nella sua ricerca provocatori momenti di ritorno all'uso del pennello
tradizionale e a divertenti "inserimenti polimaterici". Giovanissima ma
già promettente esponente di quella che oggi viene internazionalmente
definita "arte dell'immagine digitale", è l'unica presenza "attualmente
tecnologica" in questa mostra.
La pittura di Miranda Mei ci viene incontro quasi con prepotenza. I suoi
dipinti ad olio, in prevalenti tonalità azzurre, ci trasmettono
sentimenti ed emozioni attraverso fantasmagorie cromatiche e materiche.
Sorretta da una convincente vocazione informale la forza compositiva dei
suoi dipinti sembra trovare equilibrio nei rapidi gesti pittorici, di
sapore espressionista, quando il pennello lascia il posto alla spatola o
al dripping. L' applicazione di foglie di rame, argento ed oro denomina
dichiaratamente l'opera "metalli"; in "ricchezza", viene esplicitamente
evocata l'idea dell'opulenza, miraggio di questa società dove tutto alla
fine si consuma, anzi si frammenta ed esplode nella confusione di valori
e di cose. E quelle foglie di metallo, simbolo dell'effimero, vengono
"sbriciolate", per usare un suo termine, in un gesto forse
purificatorio: una pittura, la sua, che vuole dissimulare, nelle
esplosioni di materia, profondità concettuali fortemente sentite.
Marta Sarti ci propone "frammenti cartacei", scelti e recuperati dal
ridondante accumulo di carta variamente stampata che oggi tutto invade e
sommerge. L'abile contributo della tempera nelle preparazioni dei fondi
e nei passaggi più bruschi, per ammorbidire i segni delle forbici,
accresce nei suoi lavori la dignità della "pittura dipinta". Sono
collages strutturati per costruire "ambienti" e "storie", con dichiarati
riferimenti ad alcuni grandi momenti dell'arte moderna, tra manichini,
libri, porte, scacchiere o racconti echeggianti storici avvenimenti.
Chiare suggestioni metafisiche ci introducono nell'immobilità di un
tempo assente, "interni" e "paesaggi interiori", evocatori di misteri
surreali, sembrano volersi scontrare con nature morte, di indubbia
sapienza compositiva. Nell'incanto sottile di uno spazio-tempo
conquistato pittoricamente, attraverso varie "stanze" aperte su mondi
sontuosi pieni di oggetti, di tendaggi, di figure, affiorano possibili
chiavi di lettura per queste opere, tutto sommato, velate da una sottile
e suggestiva ambiguità, perché, al di là di una immediata emozione
estetica, vi si avverte l'esistenza di una dimensione reale.
Una pausa dedicata al segno puro ci viene autorevolmente offerta dalle
classiche acquaforti su zinco di Anna Mercati, quasi a completare il
ricco insieme dei differenti contributi creativi che oggi la saletta
Boccuzzi ci mostra dalle sue pareti. Infatti la professionalità di
questa artista, padrona della "impietosa" tecnica dell'incisione, ci
costringe forse a sostare per una lettura più minuziosa e certo non
deludente. Le intime ma decise composizioni in bianco e nero come
"poiana", "il grande ulivo e le due architetture di Firenze", "tiglio",
esemplificano il chiaro discorso dell'artista che, da soggetti tratti
dalla natura, giunge fino all'intimità evocatoria del cimitero della sua
città natale. Attinge nella banca delle sue memorie più profonde, con
espliciti riferimenti alla cultura classica ed arcaica, introducendo la
statua dell'angelo barocco ora con lo sfondo di cimiteriali cipressi
come in "meditazione crepuscolare" ora come personaggio ammiccante il
gioco delle ombre dei monoliti in "la notte a Stonehenge", per lasciare
il passo ad esercitazioni virtuose come le sei piccole vedute su Firenze
bene impaginate in un'unica stampa, rigorosamente su carta Magnani.
Sono cromatismi delicati quelli tipici dell'acquerello, tecnica dove il
colore e la luce dettano legge e nella quale Lucia Simeone eccelle.
Presentandoci in questa mostra lavori recenti, taluni di grandi
dimensioni, l'artista svolge temi naturalistici con aspetti simbolistici
e metafisici dove riaffiorano, come in "scacchi in città di mare", i
suoi più o meno sopiti ricordi di città conosciute e vissute come
Palermo, Ischia, Livorno, città di mare appunto. Si serve abilmente di
riferimenti al mondo della natura utilizzando conchiglie o insetti,
addirittura come protagonisti del suo racconto pittorico, come in
"fasmidi in palazzo", insetti stecco e mantoidei che fa magicamente
diventare notabili o cortigiani. Poesia ed abilità illustrativa ci
presentano sempre una artista di sicuro talento.
Nel congratularmi dunque con "le cinque paiolanti artiste" esprimo loro
l'augurio di un successo ampiamente meritato e voglio solo preannunciare
che questo evento pare collocarsi nel giusto spazio che la nostra
compagnia intende proporre ad artisti che vogliono rinnovare i loro
periodici bilanci, utilizzando l'ormai collaudato spazio della nostra
sede epositiva. Una occasione, forse "limitata" ma sicuramente genuina
nella totale chiusura del "mondo artistico" fiorentino che sembra non
voler più appropriarsi di un ruolo che pure dovrebbe competergli in
questo perdurante momento di "obbligatoria postmodernità" che investe
pure il tormentato mondo dell'arte.
Prof. Arch. Riccardo Saldarelli - Presidente della Sezione Artisti
Inaugurazione 28 aprile
Saletta Boccuzzi
Piazza Signoria, 3 - Firenze
Orario: 16-19 chiuso il lunedì