L'artista delinea efficacemente la citta' e imprigiona nelle opere il dinamismo di una metropoli sempre in movimento. Collage con carta di giornale rielaborata, legni grezzi, frammenti bruciati e attaccati alle tele, in una sorta di gioco a due tra lui e la materia.
Personale
(english below)
Gia’ da giovanissimo Bruno Bonaldi inizia ad interessarsi alla pittura, frequenta l’Accademia delle Belle Arti della sua città, Venezia, e vanta alle sue spalle numerose mostre personali e collettive, suggellate da analisi critiche di importanti critici d’arte come: Virgilio Guidi, Paolo Rizzi e Mario Stefani. Mosso dal grande amore verso la natura e la sua terra inizia la sua sperimentazione segnico- cromatica.I primi temi sviluppati sono figurativi e rappresentano scorci romantici di Venezia, avvolti da aria crepuscolare e nostalgica, o nature "vive" e colorate ricche di profumi e humus.
La sua forza caratteriale, il suo istinto acuto e la sua mai scontata creatività, lo portano a sperimentare nuove tecniche artistiche direzionate verso una ricerca di immaterialità del segno e del colore. Bonaldi approda così ad un arte completamente diversa dalla precedente produzione, costituita dalla forza astratto-espressionista e dadaista-futurista. Questo nuovo percorso scelto e sviluppato dall’artista con enorme energia sprigiona attraverso la materia: forza vitale, equilibrio e liricità d’alto spessore. Il tema di preminenza trattato è la metropoli per antonomasia, New York, la Grande Mela.
Bonaldi delinea nella maniera più efficace la città con una prosa dalle mille sfaccettature e imprigiona nelle sue tele la dinamicità di una città sempre in movimento e in divenire, rappresentando una sorta di condizione assoluta. Per lo sviluppo del tema succitato l’ingegnoso artista inserisce nelle opere varie tecniche come: collage con carta di giornale rielaborata, legni grezzi, brucia e attacca pezzi polimorfi alle sue tele in una sorta di gioco a due: lui e la materia per vedere chi si spinge più avanti, chi osa di più.
Ciò che "germoglia" pian piano dalle opere sono fasci di luce posti in piani diversi in una sorta di teorema dello spazio, geroglifici della mente vengono impressi sui cartelloni illuminati della città e un incantevole gioco di ombre e luci dato dal mutamento delle luci della giornata nel suo cammino verso la notte, lo portano a deflagrare dai confini della forma in una sintassi del tutto originale. Bruno istintivamente imprigiona in ogni sua pennellata gli affannosi respiri della gente che vive e anima la metropoli; respiri concitati che porteranno ogni abitante alla giusta e finale destinazione giornaliera. Dietro a questi quadri ci sono pensieri indecifrabili e emozioni purissime dell’artista di fronte ad una città che lo ha conquistato, intriso e penetrato come un fluido, contaminando i suoi sensi e la sua anima.
La gestualità dell’artista, che ricorda in qualche modo Vedova, lo porterà a dominare il colore e la pennellata in maniera emblematica. I rapporti di colori delle sua tavolozza sono ben pensati di gran gusto e impatto pittoricamente risolto. Bruno è un artista maturo che ci rimanda attraverso la sua espressione artistica momenti magici d’amore e d’estasi personali dove luce, colore steso in una sorta di action-painting e forza vitale divengono segni distintivi e riconoscibili della sua arte.
(Raffaella Ferrari)
Quella mela rossa come un cuore gonfio di nostalgia
Una mela rossa che sembra un cuore gonfio, una fila di bottigliette schiacciate di Coca-Cola, il ritaglio delle strisce della bandiera americana, qualche stella bianca che svolazza... dove siamo? Naturalmente a New York. Non c’è voluto molto, per Bruno Bonaldi, dipingere un quadro che stilisticamente che potremmo inserire tra Jasper Johns e Rauschenberg. Ma c’è qualcosa che lo distingue dai modelli americani. È una finezza cromatica e compositiva: un gusto tutto nostro, europeo, nutrito di cultura e di sensibilità.
Bruno Bonaldi è fatto così. È tornato da un viaggio in America con forti impressioni, le ha trattenute per giorni e settimane... poi è scattato. La sua "contaminatio" – come si usa dire oggi – ci appare straordinariamente felice. Vi si legge l’emozione di un veneziano (ma sì, Bonaldi è veneziano fino al midollo) trovatosi di fronte ad un ambiente diverso, come poteva essere in passato per Tiepolo Madrid o, per Canaletto, Londra. In che lingua esprimere questa emozione? Una lingua cosmpolita con accenti e modulazioni veneziane. È quel che il nostro pittore ha fatto: cosicché i suoi quadri sono leggibili dovunque; e dovunque ricondotti alla loro matrice.
Quel che caratterizza la pittura di Bonaldi è appunto la sua trasparenza, il suo "far vedere e non vedere", cioè la trasposizione semantica che permette di leggere i simboli, ricreando tutta una cultura che è dietro di essi. In taluni quadri la densità delle indicazioni ci appare quasi vertiginosa. Chi (come me) è stato decine di volte a New York, riconosce persino nelle sfumatire dei particolari l’odore e il sapore della metropoli statunitense: tutti quei segnali ammucchiati, i marciapedi sconnessi, i fumi che escono dai condizionatori sulle strade, la sovrapposizione di manifesti, la segnaletica corrosa, le scritte sbiadite sui muri, tutte quelle "impronte" che fanno riconoscere New York come la più europea delle città americane. Tutto questo è ben diverso dalla durezza dell’inprint che si riscontra, invece, nelle mille e mille cittadine degli States, caratterizzate da una scansione monodica dei segnali e, quindi, dell’ambiente.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che persino sul volto wahroliano di una delle Marylin di Bonaldi si riconosca questa definizione europea, fragile e nevrotica, addirittura sottilmente tonale. Gli stessi collages ed incastri che così spesso si notano vengono ricondotti ad una mediazione di gusto. Finché si arriva alle tipiche atmosfere di Manhattan, quando all’imbrunire la miriade di punti-luce si accende nel giro di pochi minuti, ravvivando le timbrature grigie e violacee dei grattacieli sulle avenues. Allora, guardando questi quadri, sembra a noi di trovarsi in una città irreale, mezza viva e mezza sognata. Strizziamo gli occhi per leggere sulle gigantesche scritte al neon la pubblicità stradale. Tutto si dissolve e poi, miracolosamente, si coagula.
Ecco il carattere di queste "memorie" newyorchesi di Bonaldi. Le immagini non stanno mai ferme, si muovono vorticosamente, si agitano, si frammentano. La scritta del parking si sovrappone a quella dell’one way. Da che parte dobbiamo andare? In fondo basta seguire le indicazioni, pur vaghe, di mille ricordi che ondeggiano come in un pulviscolo.
Ma certo: riconosciamo ad un certo momento che questa di Bonaldi è la vera Manhattan che ci pareva di aver fissato nella mente, ma che ci era sfuggita. Il merito della pittura è anche questo: di aver sollevato il velo sulle nostre stordite fantasie. Allora sì che la "mela rossa" diventa un cuore gonfio di nostalgia.
(Paolo Rizzi)
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That Big Apple like a heart swollen with nostalgia
A red apple that seems like an inflated heart, a row of smashed coca cola bottles, the cut out of the stripes of the American flag, a few white stars that flitter... where are we? Naturally in New York. I didn’t take much, for Bruno Bonaldi, to paint a picture that stylistically speaking could be inserted between Jasper Johns and Rauschenberg. But there is something that distinguishes him from american styles. It is a cromatic and compositional refinement: a taste that is all ours. European, nourished by culture and sensibility.
Bruno Bonaldi is like that. He came back from a trip in America with strong impressions, which he restrained for days and weeks... then it all burst out. His "contaminatio" – as they call it today – appears to us to be extraordinarily happy. You can read the emotion of a Venetian (of course, Bonaldi is Venetian down to his bones) to have found himself in front of different surroundings, the same way it could have been in the past for Tiepolo, Madrid or for Canaletto, London. In which language express this emotion? A cosmopolitan language with venetian accents and modulations. That’s what our artist has done: so that his paintings are readable anywhere; and from anywhere can be traced back to their matrix.
That which characterizes the paintings of Bonaldi is exactly his transparency, his "show and not show", that is to say the semantic transposition which permits us to read the symbols, recreating a whole culture that is behind them. In some paintings the density of the indications almost seems vertiginous.
Whoever (like me) has been tens of times to New York, even recognizes in the nuances of the details the odors and flavour of the United States metropolis: all of those signals piled up, the broken sidewalks, the smoke that comes out of the air conditioners on the streets, the superimposition of placards, the corroded traffic signals, the faded writing on the walls, all those "signs" that make New York recognizable as the most european of the american cities. All this is very different from the rigidness of the imprint we come across, instead, in the thousands and thousands of small towns of the States, characterized by a monodic scanning of street signs and thus of the enviroment.
There is nothing to be amazed about, then, when even on the Warholian face of one of the Marilyns of Bonaldi this european definition is recognizable, fragile and neurotic, even subtly tonal. The same collages that we so often note, are led back to a mediation of good taste. Until one arrives at the typical atmosphere of Manhatten, when at dusk the myriad of points of light turn on in just a few minutes, reviving the grey and violet stamping of the skyscrapers on the avenues. Then, looking at these paintings, it seems to us to find ourselves in an unreal city, half real and half dreamed. We squint our eyes to read the street publicity on the giant neon writing.
Everything dissolves and then, miracolously, coagulates. This is the essence of these New York "memories" of Bonaldi. The images never stay still, they move vortically, they agitate, they break apart. The parking sign is superimposed over the one-way sign. Which way should we go? After all, just follow the indications, even though vague, of a thousand memories that blow around like dust.
But of course: we recognize in a certain instant that this of Bonaldi is the true Manhatten that we thought to have fixed in our mind, but had eluded us. The merit of art is also this: to have lifted the veil from our dulled fantasies. Then yes the "Big Apple" becomes a heart swollen with nostalgia.
Inaugurazione: domenica 6 maggio alle 11
Galleria Art & Media
Via Roma 38 - Castelfranco Veneto
Orari: da martedi' a sabato 10-13 16-19.30, il 6 maggio aperto tutto il giorno
Ingresso gratuito