La mostra di Matthew Barney and Joseph Beuys vuole mettere in rilievo le affinita' esistenti tra l'opera di due artisti, che, sebbene appartenenti a generazioni e geografie diverse, condividono alcuni interessi chiave sia estetici che concettuali. La mostra prende in esame l'uso metaforico dei materiali, l'attenzione per la metamorfosi, e la relazione tra l'azione e la sua documentazione nella pratica dei due artisti. Esposte una selezione esauriente di opere grafiche, sculture con sequenze del film Cremaster, video di performances. A cura di Nancy Spector.
Matthew Barney and Joseph Beuys
a cura di Nancy Spector
La mostra All in the present must be transformed: Matthew Barney and Joseph Beuys vuole mettere in rilievo le affinità esistenti tra l’opera di due artisti, che, sebbene appartenenti a generazioni e geografie diverse, condividono alcuni interessi chiave sia estetici che concettuali. La mostra, le cui opere provengono principalmente dalle collezioni del Museo Solomon R. Guggenheim, prende in esame l’uso metaforico dei materiali, l’attenzione per la metamorfosi, e la relazione tra l’azione e la sua documentazione nella pratica dei due artisti. L'esposizione, inoltre, mette in luce alcune fondamentali differenze d’ordine filosofico tra Barney e Beuys - alimentate dalla divisione tra pensiero moderno e postmoderno - che, a loro volta, ampliano ulteriormente la nostra comprensione delle singole opere dei due artisti.
La mostra è stata presentata per la prima volta nel 2006 al Deutsche Guggenheim che rappresenta una collaborazione unica nel suo genere tra la Deutsche Bank e la Fondazione Solomon R. Guggenheim a Berlino.
Per ragioni legate alla complessità dell'allestimento, la mostra sarà ospitata negli spazi di Palazzo Venier dei Leoni, tradizionalmente dedicati alla collezione permanente di Peggy Guggenheim che verrà eccezionalmente spostata all'interno degli spazi del museo adibiti alle mostre temporanee.
Disegni
L’esposizione comprenderà una selezione esauriente d’opere grafiche dei due artisti, che dimostrerà una sensibilità grafica condivisa e la centralità del disegno per ciascuna delle loro opere. Gli schizzi progettuali per i processi scultorei, i sistemi organici e i passaggi metamorfici, sia di Barney che di Beuys, sono composti tramite una linea simile, delicata, quasi esitante. Sia che s’ispirino a opere esistenti, sia che precedano un’opera in un modo catalitico, o che siano stati realizzati come parte di una performance, i disegni rivelano le basi concettuali delle loro pratiche. Dal punto di vista iconografico, i disegni rendono visibile l'immedesimazione dei due artisti nei processi trasformativi e nella propria personale cosmologia. Beuys usa la forma della croce come simbolo grafico della sua convinzione che l’arte possa funzionare come una forza terapeutica nel mondo. La croce, usata come un logo, anticipa l’uso di Barney dell’emblema che funge da segno di riconoscimento nella sua opera. Un’ellisse divisa orizzontalmente da una riga rappresenta il corpo disciplinato dal controllo, un flusso di energia grezza trattenuto, un’arena di potenzialità pura.
Scultura
Ognuna delle sculture in mostra distilla una narrativa complessa in forme riconoscibili, creando un microcosmo dell’estetica dei due artisti e del loro sistema concettuale. Chrysler Imperial (2002) di Barney incapsula numerose sequenze del film conclusivo della serie di cinque episodi CREMASTER (1994-2003), che riassume i temi fondamentali della sua ricerca artistica. Ogni elemento dell’opera, un’astrazione delle automobili che presero parte alla gara di demolizione di auto tenutasi nell’atrio del Chrysler Building (1930 circa), porta i segni di un episodio specifico di CREMASTER e incorpora i conflitti esplorati nel ciclo di film. Come una versione ridotta della serie, Chrysler Imperial esemplifica il particolare modo in cui Barney traduce la narrativa cinematografica in scultura –usando la vaselina e la plastica modellata, materiali che lo caratterizzano—per ricavare nello spazio ciò che egli esplora nel tempo.
Allo stesso modo Beuys infonde a materiali eccentrici significati metaforici in Honigpumpe am Arbeitspltz (Pompa al miele sul posto di lavoro, 1977), un’opera che articola con un linguaggio scultoreo le attività che ebbero luogo durante i 100 giorni di Documenta VI a Kassel, nel 1977 in Germania. Durante il periodo della mostra due tonnellate di miele furono pompate attraverso un sistema di canne e tubi dal fondo delle scale del Kunsthalle Fridericianum attraverso tutti gli spazi dove la Free International University aveva organizzato discussioni, seminari, film e dimostrazioni. Beuys associava il miele che circolava al calore e all’energia. Esso simboleggiava il potenziale della FIU, che identificava la creatività con l’attivismo sociale, nel voler permeare la società tradizionale. Successivamente l’installazione fu smantellata ed esposta nella sua dimensione statica.
La mostra vuole esplorare, nel lavoro di entrambi gli artisti, il rapporto tra la performance dal vivo e la presentazione della sua documentazione insieme agli oggetti che essa stessa genera. Tra le opere di Beuys sarà esposta la registrazione video della sua performance Eurasienstab (Bastone euroasiatico) del 1968 ad Antwerp. Il concetto dell'artista di Eurasia evoca sia l’antica distinzione culturale tra Oriente e Occidente, sia lo stato di divisione della Germania, una ferita incarnata dal muro di Berlino. Beuys rappresentava lo scisma filosofico e geografico tra queste due polarità con una croce divisa, una forma che denota indifferentemente la dimensione spirituale (data la sua associazione con la Cristianità), quella pagana, e quella politica. Nell’azione del 1968 Vacuum↔Mass Beuys riempì un cassa di ferro dalla forma di una mezza croce con del grasso e delle pompe da bicicletta e poi chiuse la struttura saldandola. La scultura che ne risultò, Eisenkiste aus Vacuum↔Mass (Cassa di ferro da Vacuum↔Mass, 1968), e che Beuys dichiarava essere correlata a concetti di espansione e contrazione, sarà in esposizione insieme ad un video che documenta la sua creazione.
L’istallazione di Barney, Field Dressing (1989), fonde performance, video e scultura in un’equazione che ha ispirato tutta la sua opera successiva. Gli schermi presentano azioni di Barney che interagisce con le sculture esposte, invocando la bramosia dell'atletica estrema, il tentativo di creare la forma attraverso la resistenza e l’idea della potenzialità resa libera dalla disciplina.
Vetrine
Le vetrine di Beuys richiamano volutamente le strutture espositive di un museo d'arte o di storia naturale. Il duplice riferimento sostiene la tesi secondo cui non si può capire l’arte se si prescinde dal mondo sociale e organico. La vetrina del 1983 include Fat Filter (Filtro di grasso, 1964) e Schlitten (Slitta, 1969), un multiplo che evoca il tema della sopravvivenza che è al cuore della personale mitologia di Beuys. Un’altra vetrina del 1984 racchiude artefatti provenienti da un’azione tenutasi a Pescara nel 1974 intitolata Incontro con Beuys, che fa riferimento al suo concetto di isolamento e di produzione di energia: un piatto di rame avvolto nel feltro e in salsicce italiane affettate da Beuys durante la performance. La vetrina permette a Barney di presentare le edizioni limitate di Cremaster come sculture: ciascuna delle cinque vetrine Cremaster rimanda all'estetica che caratterizza il film corrispondente. L’esegesi del conflitto tra destino e libero arbitrio di Cremaster 2, illustrata con la vicenda dell’omicida Gary Gilmore di educazione mormone e primo cittadino americano giustiziato dopo la reintroduzione della pena di morte nel 1976, è ripresa da una vetrina di plastica color ambra, foderata da una sezione di favo che ricorda lo stemma dello stato dell’Utah, l’alveare. La vetrina di Cremaster 3, i cui elementi strutturali sono l’eredità celtica e la divisione dell’Irlanda in epoca moderna, è in plastica verde e arancione, i colori della bandiera irlandese.
La mostra è organizzata da Nancy Spector, curatore capo del Museo Solomon R. Guggenheim, New York. Sarà accompagnata da un catalogo illustrato in italiano e inglese, con saggi scritti da Nancy Spector, Christian Scheidemann, Mark Taylor e Nat Trotman.
I programmi della Collezione Peggy Guggenheim sono resi possibili grazie al sostegno del Comitato Consultivo della Collezione Peggy Guggenheim e Intraprese
Immagine: Matthew Barney, Field Dressing, 1989-90. Teflon, stampo di cristallo ottico piombato, schiuma in latex, nylon, pyrex, gel di petrolio, specolo, alluminio, acciaio inossidabile, freezer, stampo in cera microcristallina, carbonato di magnesio, e video a due canali. Dimensioni complessive variabili. Collezione dell’artista. Installazione, “Into Me / Out of Me”, P.S.1 Contemporary Art Center, New York, 2006. Photo by David Regen, courtesy Gladstone Gallery © 2007 Matthew Barney. Used by permission. All rights reserved.
Alexia Boro
Officer for Press and Communications Peggy Guggenheim Collection Tel. +39 041 2405404 Fax +39 041 5206885 aboro@guggenheim-venice.it - press@guggenheim-venice.it
Edoardo Osculati - press2@guggenheim-venice.it
Conferenza stampa: 4 giugno, ore 12.00
Press conference: June 4 at noon
Conferenza stampa internazionale: 6 giugno, ore 8.45
International press conference: June 6, 8.45am
Peggy Guggenheim Collection Palazzo Venier dei Leoni
Dorsoduro, 701 - 30123 Venezia
orario d’apertura: 10.00-18.00; chiuso il martedì
ingresso: euro 10; euro 8 senior oltre i 65 anni; euro 5 studenti; gratuito 0-10 anni