Trappole
Trappole
a cura di Daniela Cresti
Ce n’è per tutti i gusti. Per il filatelico e il miope, per il boyscout e il voyeur. Ciascuno ingabbiato nella propria trappola, nella propria piccola e innocente o grande e perversa mania. Emiliano Chiti Vertax è un vero trapper, non nel senso di uomo che caccia con le trappole; lui le trappole le usa per cacciare metaforicamente gli uomini. La trappola è un qualcosa di crudele sia negli intenti che negli effetti spesso devastanti sulle prede animali o umane. Per l’artista il senso delle opere è più leggero, più scanzonato, profondamente ironico. Scevro da qualsiasi forma di moralismo, si concentra sulle debolezze umane prendendole bonariamente in giro e manifestando nelle sue installazioni una raffinata capacità esplorativa dell’animo e un’indiscussa ampiezza di vedute e di creatività.
La costruzione delle opere nasce da reminescenze dadaiste e da un imprinting Duchampiano (come rivela lo stesso Vertax) ; ma come uscire dal ricordo dell’orinatoio di porcellana (1917) e dell’evidente funzione polemica che scandalizzò il mondo? Non certo attraverso pure citazioni o spunti polemici, ma con il gusto del divertissement chiamando le cose con il loro vero nome e rappresentandole con il loro vero significato.
Un’intenzione e un’operazione pienamente riuscite con l’iniziale proposito di realizzare assemblaggi complessi sia nei materiali che nella struttura. Quindi la raccolta di oggetti, immagini suoni, messaggi. Ma il gusto creativo riesce a liberare la fantasia e lascia spazio all’invenzione relegando la complessità della costruzione in secondo piano. Vertax sfiora con sguardo divertito, velato da lieve tristezza, le debolezze degli uomini e le rappresenta con una dialettica satirica che le affranca dal giudizio e le rende degne di curiosità e interesse.
Nasce così la “Trappola per politicastri”, di grande attualità, in cui una specie di nassa da pesca, appesa al soffitto ciondola al di sopra di uno sgabello. L’esca è un biglietto da 5 euro. Ben poco, ma abbastanza per attirare la cupidigia dell’arraffatore. Già arrivarci è una piccola impresa, lo sgabello è reso instabile da una gamba più corta. L’avido deve barcamenarsi in un equilibrio instabile e, infilata la mano nella stretta apertura della rete metallica non riuscirà più a estrarla. Ma la trappola è anche allegoria e metafora di un destino che trafigge nel raggiungimento dell’essenza di vita o di piacere, per questo tutte sono costellate da chiodi o punte metalliche che simbolicamente feriscono. Scopriamo trappole come oggetto simbolico in pittura, in letteratura, in teatro.
Nell’Adorazione del bambino di Lorenzo Lotto (1523), oggi a Washington, si intravede una trappola per topi la cui presenza viene collegata (Barenson) a quella insolita del crocifisso alle spalle di san Giuseppe e mettendo poi entrambi gli oggetti in relazione ad un passo di S. Agostino in cui la croce di Cristo è paragonata ad una “trappola per il diavolo”.
Luigi Pirandello scrive una novella intitolata la Trappola in cui la “gabbia” è rappresentata dalla famiglia e dalla compagine economica.
Le opere di Vertax non hanno caratteristiche di contrasto sociale né tantomeno religiose; forse traspare un pizzico di pessimismo, ma nell’osservarle ci sfugge sempre un sorriso. L’artista evidenzia alcuni comportamenti umani senza drammatizzarli, maltrattandoli un po’ con profonda ironia e con sguardo rilassato. Ecco quindi la “trappola per il voyeur” che vive le sue manie sessuali spesso in maniera celata e subdola. Su questo aspetto di vita nascosta interviene l’artista, la porta alla luce del sole e la espone in una trappola di calze a rete, pizzo, chiodi, vetro che ha per esca una foto porno rimpicciolita.
Molte le opere esposte… Ad ognuno la sua trappola sembra suggerire Emiliano sorridendo sotto i baffi, magari quelli della Gioconda di Duchamp.
Daniela Cresti
Galleria La Corte Arte Contemporanea
via de Coverelli, 27r - Firenze
Orario: Dal lunedì al venerdì 16.00-19.30 e per appuntamento
Ingresso libero