Paolo Cavinato/ Visioni e Massimo Menotti/ Suoni. Un edificio buio, nero. Lo spettatore e' libero di camminarvi attorno, e improvvisamente si animano delle scene. La luce rivela le stanze desolate, arredate soltanto da tagli luminosi...
Paolo Cavinato/Visioni e Massimo Menotti/Suoni
Un edificio buio, nero. Lo spettatore è libero di camminarvi attorno,
e improvvisamente si animano delle scene.
La luce mostra a dissolvenze irregolari delle stanze desolate
arredate soltanto da tagli luminosi che entrano da porte socchiuse,
da fessure nelle pareti interne.
Il lavoro ha la sua forza nei silenzi, e nelle pause tra pieni e
vuoti. Sembrano stanze in abbandono, ma non lo sono. Sono paesaggi di
transito, dove figure mute se ne stanno in disparte ad aspettare.
Ombre umane che oscillano per il calore della luce e si stagliano
improvvisamente sulle superfici.
Spazi vuoti nei quali rimangono questi continui giochi, èchi luminosi
di un’impossibile comunione, di un’impossibile comunicabilità. Rimane
l’attesa senza però che vi sia un raggiungimento.
C’è anche una piccola apertura a sagoma d’uomo, e lo spettatore può
attraversarla con lo sguardo: l’interno è un corridoio, un tunnel
fondo che attraversa l’edificio, nel quale si affacciano le mille
stanze che popolano l’interiorità.
La persona è fragile quanto una sagoma ritagliata e trema per effetto
del calore della luce proiettata. Ritagliata e incerta.
L’io interno è un grande deserto. Tagli di luce vanno ad illuminare o
meglio a far chiarezza sulla desolazione assoluta. Ampio, vasto
deserto, di polvere.
Gli èchi sono le vibrazioni luminose che si ripercuotono negli spazi
per poi dissolversi nell’aria. Stanze vuote dove tutto è intravisto.
Un discorso di lontananze, con Figure che abitano lo stesso edificio
senza incontrarsi. C’è tempo e movimento.
Inaugurazione ore 17
Casa del Giardiniere e
Palazzo Gonzaga -
Volta Mantovana (MN)
Ingresso libero