Complesso del Vittoriano
Roma
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Alberto Sughi
dal 20/7/2007 al 22/9/2007
tutti i giorni 10-19.30, la mostra chiude alle 19
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Studio Alberto Sughi




 
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20/7/2007

Alberto Sughi

Complesso del Vittoriano, Roma

Mostra antologica che propone circa 80 dipinti ed una sessantina di disegni realizzati dal 1946 ad oggi ripercorrendo il cammino artistico ed umano di uno dei protagonisti della pittura italiana ed europea. I suoi dipinti mettono in scena momenti di vita quotidiana senza eroi; solitudine ed incomunicabilita', disagio e piacere sono i temi dominanti della sua poetica, sentimenti resi pittoricamente attraverso una tavolozza scabra ai limiti del monocromo. A cura di Arturo Carlo Quintavalle.


comunicato stampa

Antologica

A cura di Arturo Carlo Quintavalle

“Il dramma di Jonesco (Rinoceronte) è naturalmente una metafora della società di massa che trasforma gli uomini in mostri. E’ questa una chiave possibile per interpretare le scelte di Alberto Sughi?... Sughi ha probabilmente letto, sempre di Sartre ‘L’essere e il nulla’ (1943) e le indicazioni del filosofo appaiono entrare nella sua opera; il confronto fra l’essere e il mondo degli oggetti e dei fatti e il –nulla-, la coscienza che vuole andare oltre questo limite e che conduce alla angoscia e all’assuefazione all’interno delle classi e dei loro ruoli, e in particolare l’immagine della borghesia come segno della crisi, anzi della impossibilità dei rapporti se non, diremmo oggi, alienati, tutto questo fa parte di una consapevolezza del negativo che Sughi, meglio di altri, ha saputo esprimere nella propria pittura.” (A.C. Quintavalle).

La mostra antologica dedicata ad “Alberto Sughi” ospitata al Complesso del Vittoriano dal 21 luglio al 23 settembre 2007, attraverso circa ottanta dipinti ed una sessantina di disegni realizzati dal 1946 ad oggi vuole ripercorrere il cammino artistico ed umano di uno dei protagonisti della pittura italiana ed europea dell’ultimo mezzo secolo. L’esposizione “Alberto Sughi”, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana con i Patrocini del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Lazio e del Comune di Roma, è a cura del Prof. Arturo Carlo Quintavalle ed è realizzata e organizzata da Comunicare Organizzando.

La mostra

Alberto Sughi è uno dei maggiori artisti italiani della generazione che esordisce agli inizi degli anni ‘50, scegliendo la strada del realismo, nell’ambito del dibattito tra astratti e figurativi dell’immediato dopoguerra. I suoi dipinti mettono in scena momenti di vita quotidiana senza eroi, atmosfere che nel 1956 il critico Enrico Crispolti definì “realismo esistenziale”. Solitudine ed incomunicabilità, disagio e piacere sono i temi dominanti della poetica di Sughi, sentimenti resi pittoricamente attraverso una tavolozza ricercatamente scarna, scabra ai limiti del monocromo.

La mostra al Vittoriano dedicata ad “Alberto Sughi” permette di ripercorrere l’intero cammino artistico del pittore: i personaggi anonimi e ordinari hanno occhi e gesti privi di espressione, fissano il vuoto del tempo e dello spazio, drammaticamente assorti, negati al dialogo, forse alla ricerca di significati che tuttavia sfuggono. La maschera al cinema (1958), Donna sul divano rosso (1959), Uomini al bar (1960), Uomo solo al bar (1960), Pierrot (1962), Donna che si spoglia (1963), La stanza di un uomo (1968), La cena – Donna sola (1976), Ragazze al caffè (1990), Piano Bar Italia (1996), Una periferia (2004), Bar del crocevia (2006)… Titoli che accompagnano attese silenziose, nervose partite a carte, mozziconi di sigarette che si spengono lenti. Scene colte nell’attimo fuggente, come singoli fotogrammi di un film bloccati nel fermo immagine e così isolati dal contesto.

Alberto Sughi nel suo lungo percorso rimane un attento osservatore della vita, degli aspetti più ricorrenti della quotidianità. La sua indagine sulle miserie dell’umanità è spietata, il suo occhio è imparziale e riproduce con assoluta crudezza, fatti, sentimenti, perversioni, senza indulgere ma senza giudicare. La critica sociale emerge contro le degenerazioni borghesi, la rabbia, la tristezza, il disagio sono lì a portata di mano, ma Sughi non sente la necessità di farne una questione morale, ma solo una ben documentata denuncia in un severo contesto. “Il pittore non è solo l’autore dei suoi quadri, è anche quello che per primo li guarda spesso con indulgenza, alle volte con severità. Quando decide che il quadro é terminato, decisione sempre difficile da prendere, il suo giudizio attiene in genere alla struttura della composizione; all’energia del disegno, alla intensità del colore e cosi via. Il discorso sui significati dell’opera è un argomento invece che stranamente, egli sfiora appena. La poetica attinge a una riflessione che si è formata nel tempo, che dà un particolare carattere all’opera di un artista e che poi diventa un tutt’uno con le struttura formale della sua opera.” (A. Sughi).

Alberto Sughi , nato a Cesena nel 1928, è un pittore che ha saputo trasformare la ricerca delle origini, quella cubista e quella del realismo ideologico degli anni ‘50, in una straordinaria ricerca dell’arte come forma di introspezione, è lui che ha saputo andare oltre una idea della pittura come trascrizione dei diversi temi utilizzando per la propria ricerca la lingua dell’Informale e quella della Metafisica, la lingua Dada e quella dell’Espressionismo. Sughi è estraneo ai movimenti artistici anche se è stato coinvolto nella definizione di un gruppo, quello del “realismo esistenziale”, e ha saputo costruire una nuova pittura attraverso una idea sottilmente narrativa, per cicli, della sua pittura. Sughi costruisce come dei racconti attraverso opere distinte o attraverso una singola opera, e li collega poi come un ciclo. Sughi ha dipinto anche grandi opere, quattro delle quali saranno esposte in mostra, in alcune delle quali ha voluto proporre un nuovo racconto, quello degli spazi urbani e della loro ossessiva presenza, come nel dipinto “Città di notte” del 1958.

La pittura di Sughi si pone come un caso singolare nella vicenda dell’arte italiana: forse la sua rivoluzione sta altrove, nell’avere saputo percepire il rapporto che sempre esiste fra le arti e in particolare fra pittura e cinema. Le sue opere degli anni ‘50 e ‘60 dialogano, come nessuno né allora né dopo in Italia, con Visconti e Antonioni, Fellini, Rosi e Germi, un regista quest’ultimo del quale il pittore è stato amico. Nella vicenda dell’arte italiana quindi la ricerca di Sughi, che medita su Francis Bacon come su Alberto Giacometti, Germaine Richier e l’Informale, si pone come un punto di passaggio non rinunciabile per una nuova idea di figurazione.

Alberto Sughi è certamente uno dei più importanti pittori usciti dal complesso dibattito del dopoguerra, quello fra realismo e astrazione, e uno degli artisti che con maggiore coerenza hanno portato avanti la propria ricerca collocandosi come punto di riferimento, a partire almeno dalla fine degli anni Cinquanta e poi dai Sessanta, per la pittura italiana. Negli anni Cinquanta e Sessanta Sughi sposa l’Informale europeo e la pittura americana degli Espressionisti Astratti per suggerire una strada diversa, una strada che dai tardi anni Cinquanta ad oggi è sempre andata verso una riflessione sul tempo e sul senso della esistenza, mai verso una rappresentazione del vero attraverso forme dipinte. Alberto Sughi ha costruito negli anni una strada nuova nella pittura. Ha saputo scegliersi una via molto diversa dalle altre anche se ha sempre dialogato con gli intellettuali legati al realismo; a volte Sughi è stato ricondotto al “realismo esistenziale”, una formula felice che ha identificato un gruppo di pittori certo realisti ma attenti, aperti al nuovo.

Il dialogo con le altre esperienze, con altre ricerche, e poi la consapevolezza della complessità di ogni vicenda pittorica e la necessità di dipingere in modo nuovo, fuori degli schemi, fuori del cubismo analitico o sintetico e fuori dal realismo. Costante in Sughi la consapevolezza delle filosofie dell’esistenza e dunque anche di una grande crisi intellettuale dell’occidente; costante, quindi, il suo dialogo con artisti che esprimono questa crisi, da Bacon a Sutherland, a Hopper, con la dimensione onirica di Otto Dix o del primo Grosz o di Beckmann. Le attese, i non eventi, lo spazio vuoto dell’esistere, le difficoltà di operare nel mondo degli oggetti, l’isolamento delle persone, tutto questo è nel teatro degli anni ’50, è nella riflessione esistenziale di Jean Paul Sartre ed è anche nella pittura di Alberto Sughi. Ma, come sottolinea Arturo Carlo Quintavalle, “…non basta il rapporto con Francis Bacon che pure all’angoscia esistenziale aggiunge una vis erotica di segno negativo, al limite del ferino, che non ha alcun nesso con la pittura di Sughi; non basta quello con Giacometti che sublima la incomunicabilità degli individui nelle sue ombre filiformi sospese nel vuoto perché, in realtà, Sughi le figure le propone nella loro densità…Eppure a me sembra che la novità della ricerca di Sughi stia altrove, stia nella sua attenzione agli oggetti che non sono mai apparati di una scena dove i protagonisti sono altri, ma sono essi stessi protagonisti…Quello che Sughi ha scoperto è quindi l’annullarsi delle figure…anche per questo i ritratti nei quadri di Sughi sono così pochi, perché il ritratto distruggerebbe quel senso della non-identità e in qualche modo dell’orrore dell’essere dei piccoli borghesi che è il tema dominante dei racconti del pittore”.

L’artista
Sughi nasce a Cesena il 5 ottobre 1928. La sua ricerca procede, in modo quasi costante, per cicli tematici che ricordano le sequenze cinematografiche. Prima le cosiddette pitture verdi dedicate al rapporto uomo-natura (1971-1973). Poi La cena (1975-1976) e, all’inizio degli anni ‘80, i venti dipinti e i quindici studi di Immaginazione e memoria della famiglia. Dal 1985 è in corso la serie La sera o della riflessione . Del 2000 è il ciclo Notturno. Studi classici, artisticamente autodidatta, riceve i primi rudimenti dallo zio. La prima mostra è una collettiva a Cesena nel 1946 e quello stesso anno Sughi soggiorna brevemente a Torino dove lavora come illustratore per la Gazzetta del Popolo.

Tra il 1948 e il 1951 si trasferisce a Roma dove frequenta vari artisti, fra cui Marcello Muccini e Renzo Vespignani del Gruppo di Portonaccio, incontri fondamentali sia dal punto di vista umano che artistico. Torna a Cesena nel 1951. Sono gli anni in cui nasce il “realismo esistenziale”. Renato Guttuso lo sostiene ed Antonello Trombadori lo accosta a Edward Hopper. All'inizio degli anni ‘70 Sughi si trasferisce da Cesena città alle non lontane colline di Carpineta e inizia a lavorare al ciclo La cena , evidente metafora della società borghese in cui si ritrova un certo realismo tedesco alla George Grosz e alla Otto Dix, avvolto da atmosfere quasi metafisiche che isolano ogni personaggio congelandolo all'interno della scena.

Ettore Scola sceglie come manifesto del suo film La Terrazza uno dei dipinti della Cena e Mario Monicelli si ispira alle atmosfere e ai colori di Sughi per Un borghese piccolo piccolo . Nel 1978 La cena viene presentata a Mosca alla Galleria del Maneggio.

Nel 1980 Sughi lavora a un nuovo ciclo narrativo, Immaginazione e memoria della famiglia . Con il grande trittico Teatro d’Italia , dipinto tra il 1983 e 1984, l’occhio dell’artista torna a fermarsi sulla società. Teatro d'Italia è infatti una grande allegoria sociale.

Sughi ha partecipato a tutte le più importanti rassegne d’arte contemporanea, dalla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia alla Quadriennale di Roma - di cui è stato anche Presidente - e a varie mostre. Musei italiani e stranieri gli hanno dedicato ampie rassegne antologiche. Il 28 novembre 2005 Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito del prestigioso Premio Vittorio De Sica, omaggio ad un artista che fin dagli esordi ha mostrato per il cinema una sensibilità particolare, fino ad affermare “il cinema mi ha insegnato a dipingere” .

Hanno scritto di lui, tra gli altri: G. Amendola, G. Bassani, F. Bellonzi, R. Bossaglia, F. Caroli, E. Cavalli, L. Cavallo, G. Cavazzini, R. Civello, E. Crispolti, M. De Micheli, A. Del Guercio, F. Ferrarotti, D. Guzzi, P. Levi, R. Lucchese, M. Lunetta, A. Marotta, G. Menato, D. Micacchi, R. Nigro, G. Pellegrini, G. Proietti, G. Raimondi, P. Restany, M. Rosci, G. Santato, S. Sinisgalli, V. Sgarbi, F. Solmi, A. Trombadori, M. Venturoli, R. Zangheri, S. Zavoli.

Catalogo : Skira. Il catalogo, a cura di Arturo Carlo Quintavalle, con introduzione e schede critiche, propone anche una intervista all’artista di Sergio Zavoli, ed è corredato da elenco mostre, bibliografia e una scelta di testi dell’artista.

Per ulteriori informazioni: http://www.albertosughi.com

Ufficio Stampa: Novella Mirri: tel. 06/32652596; cell. 335/6077971; ufficiostampa@novellamirri.it

Conferenza stampa giovedì 19 luglio 2007 alle ore 11.30
Intervengono: il curatore della Mostra Arturo Carlo Quintavalle e l'Artista

Complesso del Vittoriano
Salone delle Mostre Temporanee Via San Pietro in Carcere Roma
Orario: tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 19.30. La mostra chiude alle ore 19.00
Ingresso libero

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