Santa Sofia ad Istanbul. L'esposizione ripercorre le complesse vicende storiche della basilica bizantina, "madre di tutte le chiese dell'Oriente cristiano", ne descrive gli straordinari apparati decorativi, specie i grandi frammenti musivi superstiti; ma soprattutto cerca di evocare la suggestione che il monumento provoca.
Santa Sofia ad Istanbul
Al Meeting del 2003 fu la volta della fortunata esposizione dedicata alla
Cappella Sistina, mostra che venne successivamente riproposta al Palazzo
del Commissario di Savona, in occasione del Cinquecentenario di papa
Giulio II Della Rovere, che nella città ligure era nato. Quest'anno, dal
19 agosto all'11 novembre, ad essere indagato sarà un monumento unico nel
suo genere, sunto di epoche storiche, di vicende di popoli, di culture e
di religioni diverse: Santa Sofia, la basilica imperiale dell'antica
Costantinopoli, l'odierna Istanbul.
L'esposizione, così com'è nella cifra di queste affascinanti proposte
culturali del Meeting, ricrea, all'interno della suggestiva ambientazione
di Castel Sismondo a Rimini, l'atmosfera dell'antico tempio, trasformato
in moschea dopo la caduta di Costantinopoli in mano ottomana (1453) e ora
in museo nazionale. Ripercorre le complesse vicende storiche della
basilica bizantina, "madre di tutte le chiese dell'Oriente cristiano", ne
descrive gli straordinari apparati decorativi, specie i grandi frammenti
musivi superstiti; ma soprattutto cerca di evocare la straordinaria
suggestione che il monumento provoca di colpo anche al visitatore più
distratto, tanto grande è la bellezza misteriosa di questo multiforme
"spazio della Sapienza", eloquente agli occhi e al cuore seppure muto dei
canti e dei suoni dell'antica liturgia bizantina.
A dar voce allo splendore della solenne liturgia, celebrata per secoli
dentro la chiesa che vide l'incoronazione degli imperatori romani fino
alla caduta dell'Impero d'Oriente, sta una raffinata selezione di
magnifici oggetti di culto di fattura costantinopolitana, prodotti nelle
celebri officine del palazzo imperiale di Bisanzio, riuniti a Rimini
grazie alla collaborazione di molte istituzioni, dai Musei Vaticani al
Tesoro della Basilica di San Marco a Venezia; per dare modo al visitatore
di ammirare la qualità assoluta di oreficerie, smalti, avori, mosaici e
cristalli che le famiglie imperiale succedutesi sul trono d'Oriente
commissionarono nei secoli ai più celebri artigiani del tempo.
I volti superstiti dei meravigliosi mosaici che un tempo rivestivano il
tempio bizantino, le antiche croci cui si sovrappongono le decorazioni
islamiche, l'incredibile profondità degli spazi, rivivono a Rimini grazie
ad una campagna fotografica due volte unica: per essere la più recente
realizzata e perché frutto del lavoro non di un consueto fotografo d'arte,
ma di Franco Pagetti. Abbandonato il glamour della moda nel 1994, Pagetti
si è dedicato ai reportages di guerra in Europa, Africa, Asia, Medio
Oriente, pubblicati sui più grandi quotidiani e riviste internazionali.
Oggi documenta, in esclusiva per la rivista Time, la vita quotidiana e
l'ordinaria violenza dell'Iraq cui si è dedicato fin dall'inizio del
conflitto.
Come Pagetti ha catturato i volti e gli spazi di Santa Sofia,
restituendoci l'anima viva dell'antico tempio, così le immagini girate da
Massimo Coconi Santoni, operatore dalla lunga esperienza televisiva,
colgono il volto odierno di Istanbul, i colori del Bosforo, lo stupore di
chi visita oggi Santa Sofia e intuisce da ciò che è rimasto lo splendore
abbagliante descritto nelle testimonianze di chi ebbe la fortuna di vedere
la basilica nella sua integrità.
Opera degli architetti Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto, Santa Sofia
venne da subito considerata dai bizantini stessi come frutto di un
intervento divino: la sua novità deriva dalla combinazione di due
tipologie architettoniche, una a pianta centrale, l'altra a pianta
basilicale, magistralmente fuse tra di loro dando origine ad un edificio
vastissimo, di 70 metri per 75 per lato. Sovrasta l'edificio una cupola
grandiosa, di 31 metri di diametro, supportata da quattro archi massicci.
All'esterno della costruzione, piuttosto articolato e pesante, corrisponde
un interno grandioso, di straordinaria, unica armonia. È quindi facile
comprendere l'orgoglio di Giustiniano stesso che pare esclamasse, entrando
nella chiesa: "Gloria a Dio che mi ha fatto degno di questo! O Salomone,
ti ho superato!".
Marmi policromi vennero utilizzati a profusione, a ricoprire l'intera
struttura, fin sopra le gallerie. Dalle parti superiori della chiesa e
dalla cupola dalle tante finestre scendeva la luce, ad accendere d'oro i
mosaici che ornavano la basilica e di cui sono giunti a noi solo alcuni
esemplari che si possono ammirare nelle navate laterali e nel nartece.
Oggi, la basilica bizantina - madre delle grandi chiese dell'Oriente
cristiano, cui si ispirarono architetti d'ogni dove, fino alla grande Rus
- è diventata museo, dopo essere stata trasformata in moschea, a partire
dalla caduta di Bisanzio in mano ottomana e sino al 1934.
Le vicissitudini di cui è stata muta testimone ne fanno un documento
culturale unico nella storia del mondo antico e paradigma di grande
significato nel crocevia culturale di oggi. Diventato moschea nel 1453,
l'edificio venne ricoperto da pesanti strati di intonaco, per nasconderne
la decorazione musiva ovviamente ispirata all'Antico e al Nuovo
Testamento, oltre che ricca di mosaici raffiguranti membri delle varie
famiglie imperiali succedutesi sul trono di Costantinopoli, per lo più
ritratti ai fianchi delle immagini di Cristo e della Vergine. Nonostante
ciò la sua bellezza architettonica - integralmente apprezzabile ancora
oggi - conquistò letteralmente gli occhi e in certo qual modo il cuore
dell'architetto del sultano Solimano il Magnifico, Mimar Sinan. Questi,
per tutta la sua vita, cercò di riprodurre nelle moschee di Istanbul
l'architettura di Santa Sofia, tanto da consegnare la nostra basilica alla
storia anche con la definizione di "Madre di tutte le moschee".
Con la riduzione della moschea a museo nazionale, nel 1935 ebbero inizio
indagini stratigrafiche per verificare quanto si celasse al di sotto degli
strati di intonaco. Ci si accorse allora dell'ampiezza della distruzione
avvenuta: degli antichi mosaici è rimasto molto poco. Ma quanto
pervenutoci - come il volto del Cristo Benedicente riemerso dal buio dei
secoli - mantiene intatta tutta la sua bellezza e il suo splendore. Così è
avvenuto, ad esempio, anche per l'immagine della Vergine con il Bambino
che, nella penombra della chiesa, appare improvvisamente nell'abside,
quasi fluttuante nel cielo d'oro del mosaico. Tanto è maestoso e splendido
quel poco dell'insieme che è si è ritrovato, da lasciare intuire la
grandezza e la maestosità della primitiva bellezza dell'edificio sacro; e
stupisce e commuove il fatto che nulla abbia potuto ultimamente
distruggere siffatto miracolo.
Mostra promossa ed organizzata dal Meeting per l'amicizia fra i popoli di
Rimini, a cura di Alessandra Buzzetti, Marina Ricci, Riccardo Piol.
Con la consulenza scientifica di Fabrizio Bisconti, Marina Falla
Castelfranchi. Coordinamento di Giovanni Gentili.
Catalogo: Silvana Editoriale.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 0541.783100 meeting@meetingrimini.org
Ufficio Stampa
Studio ESSECI - Sergio Campagnolo
tel. 049.663499 info@studioesseci.net
Vernice: sabato 18 agosto 2007, ore 11 - 16 (visita guidata per la Stampa:
ore 11)
Castel Sismondo - Rimini
Orario: 9-19, dal 19 al 25 agosto 9-23. Chiuso lunedi'
Ingresso: 5 euro biglietto intero, 3 euro biglietto ridotto