Fiorile Arte inaugura la stagione espositiva 2001/02 con la mostra La forma del silenzio di Carmela Corsitto, a cura di Valerio Deho'. L'installazione comprende una serie di opere a parete e a terra: in un ordine rigoroso e strutturato sono sospese scatole in plexiglas che contengono reperti, oggetti manipolati e fissati in un'immobilita' visibile, sospesi in un rimando continuo al vuoto circostante. A terra la materia si fa luminosa e vibratile: neon compressi in altrettanti, speculari, contenitori in plexiglas.
Carmela Corsitto
a cura di Valerio Dehò
L'installazione comprende una serie di opere a parete e a terra: in un ordine rigoroso e strutturato sono sospese scatole in plexiglas che contengono reperti, oggetti manipolati e fissati in un'immobilità visibile, sospesi in un rimando continuo al vuoto circostante. A terra la materia si fa luminosa e vibratile: neon compressi in altrettanti, speculari, contenitori in plexiglas.
Carmela Corsitto ha studiato presso l'Accademia di Belle Arte di Agrigento. Il suo iter artistico inizia nei primi anni ' 80 con il figurativo moderno; nel corso degli anni '90 le sue continue ricerche la portano a proiettare la sua crescita artistica nel concettuale. Realizza opere e installazioni che espone con mostre personali in Italia e all'estero. Sue opere si trovano al Museo Etnoantropologico e Pinacoteca d'Arte Moderna e Contemporaneaa "Godronopoli", Godrano (PA), al Museo Diocesiano città di Ariano Irpino (AV), al Centro permanente per l'Arte Contemporanea, Candela (FG), al Museum, Osservatorio per l'Arte Contemporanea di Bagheria (PA), alla Galleria dell'Eros, Piero Montana, Bagheria (PA), alla Pinacoteca Comunale di Novoli (LE) ed in numerose collezioni private.
Vive e lavora a Canicattì.
La forma del silenzio.
Tra le prove più difficili per un artista contemporaneo, vi è quella di dare una rappresentazione a ciò che non è rappresentabile come il vuoto o il silenzio, oppure di dare forma a ciò che invece è tradizionalmente ben rappresentato come il dolore. In questo senso il viaggio artistico di Carmela Corsitto consiste proprio in un attraversamento dei modi di rappresentazione dell'arte, per giungere fino al periodo che attualmente percorre, teso a definire il ruolo e i limiti degli oggetti che non esprimono se stessi, ma le relazioni non convenzionali e libere tra forme, materiali e assenze. I retaggi passati della pittura informale sono transitati verso associazioni più indirette, ma verso connotazioni più stabili e nuove.
Quindi si può dire che la poetica non abbia subito degli slittamenti particolarmente sensibili, mentre le modalità espressive sono maturate verso un linguaggio più aperto e contemporaneo. Questo consiste in una forma madre che è il cubo ( o parallelepipedo) chiuso da pareti di plexiglas: una scatola che contiene frammenti oggetti, manipolazioni, forme riconoscibili o indefinite. Comunque si tratta di una scatola, intesa come serbatoio, come memoria aperta alla sguardo. Aprirsi equivale a comunicare, ma vuol dire anche accedere ad una trasparenza di pensiero in cui ogni evoluzione tende verso l'apertura. Del resto la trasparenza diventa un presupposto del vuoto, cioè, in questo caso del creare una serie di relazioni non fissate tra gli oggetti assemblati all'interno del contenitore. Non vi è ricerca di colore, ma l'equivalenza vuoto-dolore si estrinseca in un rapporto tra naturalità e geometrie oggettuali, in uno stridente contrasto tra i materiali, colti sempre nel loro apparire, e la sensazione di chiusura di uno spazio consegnato al silenzio.
Molto importante diventa il gioco delle ombre perché amplifica l'oggetto in una relazione con il nulla. La proiezione aumenta il senso della profondità , sorregge la distanza tra l'osservatore o l'oggetto, mentre nello stesso tempo forza lo spazio chiuso della scatola. La trasparenza è data, non è illusionistica, pertanto ogni attraversamento deve fare i conti con uno spazio inviolabile, dato per inavvicinabile, permeabile soltanto allo sguardo.
Carmela Corsitto crea così dei paradossi inquietanti. L'installazione con la luce dei neon anch'essa inscatolata e posta sullo stesso piano oggettuale degli altri reperti, diventa una stanza di materia vibratile. La luce entra a fare parte dell'opera con tutta la sua freddezza, con la sua forza dissuasiva. Crea un bagliore stabilizzato che illumina una scena di silenzio. L'evocazione è tutta per l'assenza, che infatti appare in tutta la sua evidenza. Lo stesso oggetto-simbolo del cucchiaio perde ogni banale familiarità per diventare qualcosa che appartiene alla memoria collettiva. E la memoria va ad una straordinaria un'installazione di Wolf Vostell dedicata all'olocausto e ai campi di sterminio, realizzata principalmente con un impressionante accumulo di posate. Il dolore come eccesso si pone sullo stesso piano del dolore come mancanza. La distanza è anche questo: stare ad ascoltare il silenzio, guardare il vuoto senza ricordi e senza speranze.
Valerio Dehò
Orario: dal mercoledì al sabato ore 16-19
Fiorile Arte
via Nosadella 37/d, Bologna
tel. 051331676