Jacopo Bellini
Benedetto Bembo
Taddeo Crivelli
Giorgio d'Alemagna
Simone d'Alemagna
Baldassarre d'Este
Leonello d'Este
Bono da Ferrara
Vicino da Ferrara
Michele da Firenze
Petrecino da Firenze
Sperandio da Mantova
Amadio da Milano
Matteo de' Pasti
Ercole de' Roberti
Franco dei Russi
Francesco del Cossa
Marco dell'Avogaro
Rubinetto di Francia
Paolo di Luca
Domenico di Paris
Antonio di Salvi
Guglielmo Giraldi
Jacopo Lixignolo
Maestro dei Gesuati
Maestro dei Tarocchi serie E
Maestro dei Tarocchi Sola-Busca
Antonio Marescotti
Jacopo Filippo Medici
Miniatore del Breviario
Michele Pannonio
Pisanello
Nicolo' Pizolo
Cosme' Tura
Rogier Van der Weyden
Bartolomeo Vivarini
L'arte a Ferrara nell'eta' di Borso d'Este. In mostra oltre 150 opere di diversa tecnica, come dipinti, sculture, miniature, disegni, medaglie, oreficerie e tessuti provenienti dalle piu' prestigiose istituzioni pubbliche e private di tutto il mondo. L'evento intende rilanciare gli studi e l'interesse per la storia della cultura figurativa ferrarese, rimettendo in discussione i campi di competenza e le divisioni tradizionali tra i vari settori tecnici della produzione artistica. La scelta di questo tema e di questo taglio espositivo e' stata suggerita anche dalla conclusione del decennale restauro degli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, unica testimonianza superstite della irripetibile stagione borsiana, uno dei cicli decorativi piu' importanti del Rinascimento.
L'arte a Ferrara nell'eta' di Borso d'Este
Le cronache antiche e gli osservatori contemporanei hanno trasmesso di Borso d’Este, signore di Ferrara dal 1450 al 1471, l’immagine di un uomo vanitoso, preoccupato più della propria apparenza che delle arti e della cultura. «Non si mostrò mai in pubblico senza essere adorno di gioielli», scrive di lui papa Pio II Piccolomini, e tale giudizio sembra confermato dai cerimoniali ossessivi, dal fasto della vita cortese, dalle spese esorbitanti di cui i documenti amministrativi serbano precisa memoria. Oggi sappiamo, al contrario, che i vent’anni del governo di Borso hanno avuto un ruolo centrale nel campo della cultura figurativa: il linguaggio ricercato ed eccentrico che ha reso celebre l’arte ferrarese del Quattrocento, nasce proprio in questo periodo come espressione caratteristica ed esclusiva del signore e dalla sua corte. La mostra Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L’arte a Ferrara nell’età di Borso d’Este, organizzata da Ferrara Arte, con la collaborazione della Pinacoteca Nazionale, dei Musei Civici d’Arte Antica e delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, ripercorre la ricchezza di questa parabola figurativa riunendo oltre 150 opere di diversa tecnica, come dipinti, sculture, miniature, disegni, medaglie, oreficerie e tessuti provenienti dalle più prestigiose istituzioni pubbliche e private di tutto il mondo.
Dal 23 settembre 2007 al 6 gennaio 2008, a Palazzo dei Diamanti e a Palazzo Schifanoia, è offerta al pubblico l’irripetibile occasione di ammirare, eccezionalmente nel loro contesto originario, gli straordinari capolavori realizzati per una delle capitali del Rinascimento. Dopo la rassegna organizzata dal Museo Poldi Pezzoli nel 1991 ( Le Muse e il principe. Arte di corte nel Rinascimento padano) centrata sui rapporti tra la cultura umanistica e la pittura al tempo di Leonello d’Este, e quella a spettro più ampio e di carattere generale di Bruxelles e Ferrara nel 2003-04 ( Gli Este a Ferrara. Una corte nel Rinascimento), questa esposizione intende rilanciare gli studi e l’interesse per la storia della cultura figurativa ferrarese, rimettendo in discussione i campi di competenza e le divisioni tradizionali tra i vari settori tecnici della produzione artistica. La scelta di questo tema e di questo taglio espositivo è stata suggerita anche dalla conclusione del decennale restauro degli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, unica testimonianza superstite della irripetibile stagione borsiana, uno dei cicli decorativi più importanti del Rinascimento. La cura scientifica della mostra e del catalogo è affidata a Mauro Natale, già commissario della mostra milanese del 1991, affiancato da un comitato scientifico di prestigio internazionale.
La mostra prende avvio dagli anni esaltanti del breve ma fecondo dominio di Leonello d’Este (1441-1450), appassionato interprete della cultura umanistica. Alle medaglie e ai disegni di Pisanello, ai dipinti di Jacopo Bellini e di Bono da Ferrara, ai fogli del Breviariodi Leonello, alle sculture di Michele da Firenze è affidato il compito di rievocare la varietà tecnica e formale, la ricerca attorno all’antico, il gusto per le pietre preziose che caratterizzò la Ferrara di questi anni. Segue l’affermazione di quella che Roberto Longhi e la storiografia moderna hanno definito “Officina ferrarese”, che prende forma in alcune imprese monumentali volute dal principe negli anni 1455-1465, come la celebre Bibbia di Borso e lo Studiolo di Belfiore. Questi anni registrano il passaggio dalle forme eleganti ed evasive del gotico internazionale ad un nuovo gusto che trova la sua ragion d’essere nella sovrabbondanza dell’ornamento, nelle cromie preziose e nella marcata espressività. Un ruolo centrale e di guida spetta ai miniatori, tra cui domina Taddeo Crivelli, i quali elaborano un linguaggio ornamentale che fonde il gusto per la decorazione e l’espressività tardogotica con le forme geometriche e luminose del Rinascimento. Analoga commistione formale caratterizza la pittura, dominata a queste date dai lucidi cromatismi di Rogier van der Weyden, dall’eleganza esile di Angelo Maccagnino, cui ben presto si affiancano l’eccentricità espressiva di Cosmè Tura e di Michele Pannonio, del quale si ricostruisce per la prima volta l’intero percorso artistico. Il fulcro della mostra è costituito dalla consacrazione di questo codice espressivo ad opera di Cosmè Tura e Francesco del Cossa.
L’età di Borso si nutre, infatti, dell’antagonismo tra il primo, poliedrico artista di corte, ed il secondo, instancabile sperimentatore. Muovendosi tra Mantegna e la pittura fiamminga, Tura inventa un linguaggio fantasioso e, al contempo, prezioso e popolare, decorativo ed espressivo, imponendo la propria cifra stilistica nei campi tecnici più svariati, dagli affreschi alle barde da cavallo, dalle monumentali pale d’altare alle soavi Madonne dipinte in punta di pennello. Di contro, Cossa compie un itinerario ben distinto, che si risolve in una scrittura più asciutta, morbida e plastica, felicemente cromatica, naturalistica e potentemente prospettica. Nelle sue Madonne, nei suoi santi possenti, nei penetranti ritratti, egli avvia un dialogo aperto con la scultura contemporanea e con la luminosa pittura fiorentina di Domenico Veneziano, Andrea del Castagno e Alessio Baldovinetti. Questa ricerca formale culmina con l’esplosione attorno al 1470 di «una nuova pazzia nell’arte ferrarese» (Longhi): la decorazione del Salone dei Mesi a Palazzo Schifanoia, uno dei cicli decorativi più importanti del Rinascimento. Qui, nell’ultima impresa collettiva voluta dal Duca, fa irruzione sulla scena la terza grande personalità di questa stagione, Ercole de’ Roberti, mentre Francesco del Cossa elabora un’abbagliante traduzione visiva della cultura di corte e delle ambizioni politiche di Borso che costituisce il vertice espressivo della pittura ferrarese. La mostra si conclude proprio nel salone affrescato dell’antica delizia estense, cui un restauro durato quasi dieci anni ha restituito piena leggibilità.
Inaugurazione 22 settembre 2007
Sedi:
Palazzo dei Diamanti
Corso Ercole I D'Este 21- Ferrara
orario: 9-19
e
Palazzo Schifanoia
Via Scandiana, 23 - Ferrara
orario:10-20
Ingresso: intero 10 euro, ridotto 8 euro