Viafarini diventa un A4, un semplice e puro foglio bianco su cui l'artista, nell'arco di due mesi di residenza, ha materializzato una composizione attraverso suono, pittura, scultura, installazione e performance.
Adjective Look. Performance + mostra
a cura di Milovan Farronato
Un incessante rimbalzo, un ossessivo rintocco riecheggia in tutto lo
spazio. Si tratta del ritmico e costante rumore di una pallina da ping
pong che rimbalza. Come un ticchettio scandisce il tempo; come altri
suoni pretende una risposta, fosse anche solo il dialogo muto della sua
ripetizione. Certamente ha scandito il flusso di coscienza dell'artista
che ha generato mille possibili narrazioni e nessuna in particolare, e
ora palleggia lo sguardo dell'osservatore tra i segni dispersi in
mostra.
Viafarini è diventata un A4, un semplice e puro foglio bianco su cui Hyunjhin
Baik, nell'arco di due mesi di residenza, ha materializzato una
composizione attraverso suono, pittura, scultura, installazione e
performance. O forse è questa sedimentazione di tracce ed espressioni
tra il ponderato e l'imponderabile, tra il serio e il faceto; che è
diventata lirica (ricordiamo che Baik è anche musicista underground,
compositore professionista nonché poeta; ha collaborato con il
danzatore e coreografo coreano Eun-Mi Ahn, con la leggendaria
danzatrice-coreografa tedesca Pina Bausch e con diversi registi, tra
cui Chan-Uk Park, Sang-Soo Hong e Ki-Duk Kim):
Un aspetto senza alcun aggettivo / con ogni aggettivo
L'ho letto, perché avevo sentito dire
che era un testo grandioso.
Invece era mediocre.
Infatti, non l'ho neanche letto fino alla fine.
Il tutto per un'immagine che avevo visto tanto tempo fa.
Forse per questo
ho continuato ad avere pensieri banali.
Quindi non potevo leggerlo bene.
In molti mi chiedevano continuamente la mia opinione.
Così rispondevo, è così così.
Comunque adesso, lo sai.
Non è vero.
La mia risposta era assolutamente non ponderata.
Me ne vergogno.
A questo punto, mi sorge questo pensiero:
se ci fosse stato un minimo rapporto con
l'immagine che avevo visto, molto probabilmente,
suppongo, sarei almeno riuscito a leggerlo
fino alla fine.
Cosa l'artista non è riuscito a leggere? Si tratta di un testo reale o
fittizio? Esiste un filo conduttore? Quattro tavoli da ping pong
inutilizzati trasmettono un suono fantasma. Un logo formato da quattro
forme romboidali cola sul muro e si rincorre nei disegni e nelle
pitture. Due sono i colori di questa bandiera liquefatta: rosso e verde
come un semaforo che arresta o invita a procedere (elemento ripreso
anche dal titolo di una serie di disegni He saw a traffic signal).
È un sì e un no, un avanti e un indietro, un vivi e un muori. Impone la
logica binaria su cui si struttura la mostra. Il sottofondo, così come
i tavoli, lasciano supporre che abbia avuto luogo una competizione che
tuttavia non ha prodotto un vincitore le racchette sono solo da
difesa, ma ha causato una tragedia. Alcune palline si sono
metamorfizzate in ricci dorati e altri motivi lasciano presumere che
uno dei due contendenti si sia suicidato, mentre l'altro verosimilmente
ha deciso di dedicato all'arte venatoria: una carabina, la testa di
cervo in trofeo, la scultura fittizia di un altro fucile in legno. E
infine un quadro che ritrae il volto di un uomo ferino anch'esso
esposto in trofeo.
Il tutto accade di fronte a due enormi tele (Dusk e Dawn)
che ritraggono un pubblico di volti, un'audience che ammicca,
occhieggia, appare indifferente, talvolta sbeffeggia la sua platea. In
questo scenario anche Hyunjhin Baik sarà ready made di se
stesso durante le giornate dell'inaugurazione. In posa statuaria,
innalzato su uno dei tavoli da gioco, con in mano una delle racchette
della competizione, canta ininterrottamente come un juke-box, mentre,
in questa mostra schizofrenica una testa d'aglio fecondata e
impiccata al muro cerca disperatamente di congiungersi a una cipolla
intenta a radicarsi in una bottiglia d'acqua.
Come nelle strutture complesse delle sequenze del regista Sang-Soo
Hong, anche qui si ha la sensazione di perdersi nel flusso degli
innumerevoli rimandi e significati simulati. Anche Hyunjhin Baik
attua uno slittamento del significato che comunemente attribuiamo alle
cose, alla normalità, in un processo critico e analitico di
osservazione del mondo: è un appello all' ascolto e al superamento
delle apparenze. Lo spettatore è guidato verso una situazione
d'incertezza intellettuale, una messa in discussione delle categorie
mentali. Non è facile distinguere realtà e simulazione, serietà e
ironia. Ma forse, alla fine, come in un film di David Lynch, al di là
delle possibili interpretazioni, si ha sempre il sospetto di essere
stati abilmente ingannati
Inaugurazione: venerdì 21 settembre, ore 19
Performance: venerdì 21 settembre, ore 19-21
La performance sarà ripetuta nei giorni sabato 22 e domenica 23 settembre dalle ore 16
Viafarini
Via C. Farini 35, Milano
Ingresso libero