Objects. Prima personale italiana di un giovane scultore inglese. Una 500 e un frigorifero Fiat, una chitarra, una moka, una cucina, una Vespa, una macchina da scrivere... tutti rigorosamente in cartone, tutti a grandezza reale, tutti muniti di dettagli che tracciano il passo della funzionalità attraverso la quale quotidianamente incontriamo e usiamo questi oggetti. I lavori di Chris Gilmour azionano sorpresa e stupore, perché sottendono un percorso di conoscenza capace di farci riattraversare la banalità quotidiana con nuova e disattesa consapevolezza.
Objects
A cura di Sabrina Zannier
Prima personale italiana di un giovane scultore inglese.
Una 500 e un frigorifero Fiat, una chitarra, una moka, una cucina, una Vespa,
una macchina da scrivere... tutti rigorosamente in cartone, tutti a grandezza reale,
tutti muniti di dettagli che tracciano il passo della funzionalità attraverso
la quale quotidianamente incontriamo e usiamo questi oggetti.
A ridosso di ciò che può apparire come un processo di mera riproduzione,
i lavori di Chris Gilmour azionano sorpresa e stupore,
perché sottendono un percorso di conoscenza capace di farci riattraversare
la banalità quotidiana con nuova e disattesa consapevolezza.
Il tutto attraverso un'evidente riabilitazione, adesione ed enfatizzazione
della valenza fabbrile che, entro lo studio dell'artista, assume le connotazioni
di una curiosa sperimentazione in atto, ravvisabile addirittura nell'invenzione
di strumenti di misurazione, anch'essi ottenuti da fogli di cartone ondulato,
gli stessi che Chris trasla, con grande disinvoltura, in viti, bulloni,
capelli ispidi per i personaggi che si relazionano con gli oggetti.
Emerge, così, un insolito virtuosismo tecnico che ammicca
a una sorta di processo alchemico per cui materiali disparati - quelli
che connotano l'intrinsecità degli oggetti originali - continuano
ad esistere, a livello sensoriale, entro la pelle del cartone
con la quale sono tutti, a questo punto solo apparentemente, uniformati.
Insomma, guardando la 500 ci pare di percepire la valenza metallica della
carrozzeria, mentre i volti dei personaggi conservano la mollezza
e il calore dell'incarnato, il lavabo della cucina la freddezza
del marmo e delle piastrelle...
Certo, da un lato tale sensazione
è azionata dalla nostra prassi quotidiana, dal frequente utilizzo
degli oggetti rappresentati dai lavori, quindi dalle attese
che abbiamo nei loro confronti. Dall'altro lato, però,
appare evidente la capacità dell'artista di lavorare
il cartone piegandolo alle più disparate rese,
di sfruttarne le sue intrinseche proprietà e, al contempo, di tradirle,
ossia di conferire al materiale l'aspetto di una materia diversa,
vuoi sfilacciandolo vuoi piegandolo e ammorbidendolo o, ancora,
tagliandolo per lasciare a vista la struttura lamellare interna.
E' proprio questo virtuosismo tecnico che, mettendo in luce l'emergenza della manualità ,
annuncia una delle prime caratteristiche del lavoro di Chris Gilmour.
Più volte ho citato la presenza di figure umane, più volte quella di oggetti.
Potremmo allora chiederci in che relazione l'artista pone le une rispetto agli altri.
Si è soliti pensare che le figure, in qualsiasi tipo di figurazione, detengano la centralitÃ
del racconto, a prescindere dal fatto che si tratti di una narrazione esplicita o sottesa.
Nel caso di Gilmour, invece, avviene il contrario. L'opera nasce sempre a ridosso di un oggetto,
elevato quindi a soggetto primo della riflessione creativa.
In questa mostra i "personaggi"
sono l'auto - la 500 Fiat -, il frigorifero, la chitarra, ognuno dei quali calati in una scena,
in una situazione, e una serie di altri piccoli oggetti. Oggetti in ogni caso scelti per il
loro potere evocativo, per la potenzialità di narrazione mnemonica in essi contenuta, ascrivibile
ai miti di una data epoca nonché al design che li ha contraddistinti; oppure alla gestualità e
ai riti del quotidiano o, ancora, a una memoria personale calata nella dimensione di un'intimitÃ
domestica e familiare.
Tutto nasce dall'oggetto, dicevo. Un oggetto che, data la sua valenza evocativa, contiene in sé
già una storia, a volte unanimemente riconosciuta (come nel caso della 500, della Vespa, della
macchina da scrivere Olivetti, per esempio); in altri casi, come in quello della Cucina, più
sottesa, perché legata al privato dell'artista, ma ugualmente densa di potenzialità narrativa
tesa alla collettività trattandosi di un luogo entro il quale chiunque può proiettare la propria
storia. Storie sulle quali l'osservatore si interroga a partire dagli indizi offerti da Chris.
Ecco, rispetto alla narrazione, il lavoro di Gilmour è proprio quello di operare sugli indizi
che, dalla specificità formale dell'oggetto, si dilatano poi in altre direzioni. E qui arriviamo
a quella relazione tra oggetti e figure umane sulla quale mi interrogavo prima. Relazione che
si sviluppa sostanzialmente nel corso di una suddivisione della ricerca artistica in tre
tipologie.
A. Oggetti.
Singoli oggetti, per lo più di piccole dimensioni che, rispetto all'intero lavoro interpretato
all'insegna di quel "modo di disegnare" sopra accennato, possono essere letti come degli
"schizzi", come prime esplorazioni di conoscenza capaci di far scaturire l'anima degli oggetti
ri-costruiti, nonché di azionare la profonda presa di coscienza della nostra quotidianità .
La relazione fra alcuni aspetti formali resi in sintesi e altri restituiti secondo una veridicitÃ
spiazzante, determina il principio dello spostamento semantico, il valore di una
traduzione-interpretazione attraverso la quale la sottigliezza delle differenze acutizza lo
sguardo e la sensibilità nei confronti del mondo e del nostro modo di porci rispetto ad esso.
B. Oggetti vissuti da figure.
Questa è la tipologia entro la quale nascono i lavori più complessi, in cui gli oggetti scelti
sono sempre di grandi dimensioni. In mostra è il caso dell'auto, del frigorifero e della
chitarra. Oggetti accompagnati da figure umane, anch'esse presentate a grandezza reale,
anch'esse ritratte dal vero quali incarnazioni (ovviamente sempre in cartone; quel cartone che
Gilmour trasla in carne, tessuto, plastica, metallo, gomma...) di persone esistenti: l'artista
stesso, amici, conoscenti.
Seppur di primo acchito sia la figura ad attrarre l'attenzione - anche per la curiosa valenza
caricaturale che la contraddistingue - riflettendo sull'intero corpo di lavori, dal ruolo del
protagonista slitta poi in quello dell'indizio. Questi personaggi non fanno altro che
rappresentare la quintessenza della funzionalità dell'oggetto-soggetto dell'opera. Quella
funzionalità disinnescata nella scultura in cartone, ma concettualmente riabilitata dallo
sguardo e dall'attenzione sensoriale azionate dal processo fabbrile dal quale nasce l'opera.
Insomma, le figure non fanno altro che alimentare la potenzialità narrativa sottesa
all'evocazione che abita l'oggetto.
C. Ambienti.
Di veri e proprio ambienti Chris Gilmour ne ha realizzati solo uno: la cucina,
luogo privilegiato di un'intimità domestica votata all'incontro e alla collettività familiare.
Più che in altri lavori, l'aspetto evocativo di Kitchen riguarda la memoria personale
dell'artista, forse proiettata nel presente: sul tavolo ci sono tracce di una colazione a due,
di due presenze appena trascorse o di lì a poco a venire. Anche gli ambienti detengono
una potenzialità narrativa alimentata dall'incontro fra gli oggetti e la quintessenza
della loro funzionalità , ossia i gesti, le posture e, in genere, le presenze umane,
in questo caso alluse in assenza attraverso una specifica collocazione degli oggetti.
Queste tre tipologie di lavoro identificano da parte dell'artista tre modi di leggere,
scoprire e ri-creare gli oggetti. Oggetti che, seppur affiancati da figure umane, seppur
posizionati in modo da definire un vero e proprio ambiente o, ancora, semplicemente giustapposti
in composizioni come si trattasse di mensole domestiche, detengono sempre il primato del
protagonismo.
Primato attraverso il quale passa tutto l'universo creativo di Chris Gilmour,
leggibile come la scena di una quotidianità merceologica in cui il significato e il significante,
il messaggio e il medium, il contenuto e il contenitore, l'oggetto e il packaging sono ormai la
stessa cosa, ingeriti gli uni negli altri secondo il principio di un riciclaggio simbolizzato
nell'utilizzo del solo cartone d'imballo. Simbologia, questa, che porta con sé la metafora di
uno spostamento semantico in cui la facoltà di azionare uno sguardo altro sulle cose e sulla
vita chiama in causa il nuovo orizzonte sociale e culturale plasmato dalla moltiplicazione e
dal meticciaggio comunicazionale.
Sabrina Zannier
settembre 2001
Opening
venerdì 19 ottobre 2001
dalle ore 18.30 in poi
fino al 14 dicembre 2001
Perugi artecontemporanea
via Altinate,66 - Padova