Figures: Paesaggi umani. L'artista, pittore di paesaggi umani, dai volti inquieti e dall'esistenza incerta, torna ad esporre con una retrospettiva che ripercorre le principali tappe degli ultimi quindici anni della sua poetica. In mostra cinquanta opere tra tele, legno, carte e dipinti su cartone.
Figures: Paesaggi umani
Dal 29 settembre al 4 novembre 2007, l’Assessorato alla Cultura, Identità e Tradizioni locali del Comune di Lissone è lieto di accogliere, presso gli spazi del Museo d’arte contemporanea, il ritorno in Italia di Francesco Caraccio, pittore e scultore profondamente legato a questa città, che lo ha accolto dagli anni della sua giovinezza artistica fino a quelli della maturità.
L’inaugurazione della mostra, prevista per sabato 29 settembre 2007 alle ore 18.00, si inserisce all’interno del programma di “Una notte al Museo”, progetto realizzato in collaborazione con i musei della Provincia di Milano e delle altre province lombarde per scoprire e promuovere le risorse culturali del territorio.
Dopo una lunga parentesi all’estero, tra collaborazioni in Olanda e Francia, Caraccio, pittore di paesaggi umani, dai volti inquieti e dall’esistenza incerta, torna ad esporre con una retrospettiva che ripercorre le principali tappe degli ultimi quindici anni della sua poetica, dal 1992 ad oggi. In mostra cinquanta opere tra tele, legno, carte e dipinti su cartone. Proprio il cartone entra a far parte della produzione recente di Caraccio quasi con prepotenza, permeato da quella singolare carica vitale che solo il colore, da lui usato così magistralmente, è in grado di sprigionare.
Scrive Martina Corgnati in apertura di catalogo: “(…)Come Jawlensky, anche Caraccio ha trovato nel volto tutto ciò che gli serviva. Ma a questo punto ha dovuto fare uno sforzo, affrontare un lungo e faticoso esercizio per abbandonare per sempre ogni aneddotica, spogliarsi da tutto l’inessenziale, rinunziando perfino alla propria abilità tecnica, alla propria bravura, al proprio talento di ritrattista. A questo punto però gli è stato possibile scavare all’infinito in questa miniera inesauribile che è l’espressione umana, trovandovi variazioni sempre nuove e diverse, definite talvolta appena da due tocchi di matita fra campiture larghe d’acquarello; oppure da un circolo irruente in un tessuto di tratti verticali, nitidi e forti, che si precipitano poi d’improvviso lungo il
precipizio del setto nasale. Linguaggio spoglio e sintetico, che non rinuncia tuttavia alla propria tenace incisività espressiva.
C’è, infatti, qualcosa di mitico in queste teste che soggiogano lo spazio del foglio o della tela, sia quando i loro tratti si addensano in una definizione più precisa sia quando, al contrario, si riducono fino ad una specie di haiku, un verso giapponese libero nello spazio vuoto. È il caso di Sintesi, dai pochissimi segni fulminanti a delineare l’essenziale per apposizione disintegrata di significanti, a monte di qualunque sviluppo sintattico. Considerato sullo sfondo del panorama artistico attuale, tutto questo appare di singolare forza ed originalità.
Francesco Caraccio è indubbiamente un artista che ha percorso una strada propria, autonoma rispetto a tutti i diktat delle aspettative culturali e visive dell’ultimo momento, indipendente dalle mode dell’ultima ora e dai condizionamenti mediatici; non a caso il suo lavoro, che ha ottenuto puntuali, abbondanti e lusinghieri riconoscimenti, prima all’estero (soprattutto fra Francia, Belgio e paesi nordici, dove Caraccio ha soggiornato a lungo) che in Italia, non si lascia inquadrare in raggruppamenti e correnti prodotte ad uso e consumo del sistema dell’arte. Il ritorno alla pittura lo ha sorpreso in una posizione nuovamente attuale, come è accaduto ad altri che nelle fasi precedenti si erano limitati ad andarsene tranquillamente per la propria strada; e l’eclettismo dei nostri giorni ne conferma la sostanziale, aggiornata singolarità, tipica di quegli artisti che, indipendentemente dal linguaggio che hanno adottato e persino dalle epoche in cui hanno operato, si interessano di quella dimensione eternamente ricorrente e inesauribile che potremmo definire “condizione umana” ….”
Cenni biografici
Francesco Caraccio nasce nel 1950 a Maruggio (TA). Dal 1965 al 1972 vive in Francia e in Belgio, dove studia presso l’Accademia di Belle Arti di Bruxelles.
Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e collettive: Bruxelles Gallerie Louise, Roma Il Canovaccio, (dove Caraccio espone con Corneille); Livorno Fortezza Nuova, Bolzano Galleria Civica; Pisa Palazzo Lanfranchi; Parma Galleria Petrarca; Bologna Galleria L’Ariete; Milano Teatro dei Filodrammatici, L’Aquila Museo d’Arte Moderna; Saint Paul de Vence John Murphy Gallery; Parigi Gallerie La Main d’Or, solo per citarne alcune.
Dal 1990 ha inizio per Caraccio una stagione di importanti collaborazioni in tutto il mondo attraverso la Link Kunst Promotie dell’Aja per parte dell’Europa, la Sunada Gallery di Tokyo per il Giappone e la John Murphy Gallery per gli Stati Uniti.
Tra i suoi riconoscimenti: Barcellona 1974, Premio Internazionale “Joan Mirò”; Milano 1976, I° Premio Concorso Nazionale “Regione Lombardia” per due progetti di scultura per edifici scolastici; Taormina 1978, Oscar “Davide di Michelangelo” per la pittura; Montelparo (AP) 1972, Primo premio Monumento ai caduti; Roma 1978, Premio “Scudo D’Oro Dante Alighieri”; Sulmona 1990, Medaglia D’Oro Premio Arte contemporanea.
Museo d'Arte Contemporanea
viale Padania, 6 - Lissone (MI)
Orario: martedì, mercoledì e venerdì 15.00-19.00 giovedì 15.00-23.00 sabato e domenica 10.00-12.00 15.00-19.00
Ingresso libero