Photographs. 50 stampe realizzate negli anni 90 da negativi antichi e in gran parte firmate e datate dal'artista. Esse costituiscono un panorama della societa' egiziana dell'epoca dorata e cosmopolita.
Photographs
Nato a Ceyhan, 43 km ad est di Adana (l’Antiochia classica) in Cilicia, il 20 novembre del 1921 e morto al Cairo il 18 marzo 2002, Van Leo è stato uno dei fotografi più dotati e originali che abbiano operato in Medio Oriente negli anni d‘oro della “dolce vita” del Cairo cosmopolita di Re Faruk e più tardi del fervore rivoluzionario di Nasser.
Nei primi decenni del secolo scorso, la fotografia era appannaggio quasi esclusivo di artisti e professionisti armeni che anche prima del genocidio avevano lasciato la Turchia per trasferirsi in capitali europee e mediterranee, come Parigi, Londra, Alessandria e Beirut, raggiungendo spesso posizioni di ragguardevole fama e successo; è presso uno di loro, Varjabedian, che Van Leo compie la sua formazione aprendo poi un suo studio al Cairo, lo studio Metro, nel 1941.
In quel momento le strade della città traboccano di soldati arrivati da tutti gli angoli dell’Impero di Sua Maestà Britannica e di quelle variopinte “truppe ausiliarie” che sempre si assiepano al seguito degli eserciti e trovano impiego nel loro intrattenimento: teatranti, ballerine, cantanti di terza fila dal talento magari modesto ma sostenuti da una voglia inversamente proporzionale di fare fortuna: è fra costoro che Van Leo trova i suoi primi clienti diventando presto il ritrattista “ufficiale” di questa società colorata e cosmopolita, immortalata in termini assolutamente glamour e ricorrendo a tutti i trucchi appresi dal cinema di Hollywood: luci radenti e drammatiche, conturbanti primi piani, piume, pedane e vestiti da scena. Dallo studio di Van Leo passano culturisti e spogliarelliste, famiglie borghesi e attori famosi (come il giovane Omar Sharif o la cantante Dalila), intellettuali e soubrettes: e di tutti lui offre un’interpretazione ricercata e piena di fascino, creando l’immagine di un mondo variopinto e spumeggiante che oggi non esiste più.
Oggi il fondo Van Leo, i negativi e le stampe originali rimaste nel suo studio, sono conservate e protette dall’Università Americana del Cairo presso la quale, nel 1998, è stata costituita la Fondazione Van Leo. Nel 2000 egli è il primo fotografo in assoluto a ricevere il prestigioso Royal Netherlands Prince Claus Prize e da quel momento numerose mostre sono state dedicate alla sua opera in tutto il mondo.
Nella mostra presso la Galleria Magenta 52 vengono presentate 50 stampe originali realizzate negli anni Novanta da negativi antichi e in gran parte firmate e datate da Van Leo. Esse costituiscono uno straordinario panorama della società egiziana dell’epoca dorata e cosmopolita ma permettono anche di avvicinare una grande personalità artistica rimasta fino ad oggi ancora sconosciuta in Italia. In occasione della mostra verrà presentato il volume “Un fotografo di nome Van Leo” di Martina Corgnati edito da Skira.
La mostra è a cura di Martina Corgnati e Barry Iverson, l’amico personale e instancabile sostenitore di Van Leo, che come fotografo professionista di consumata esperienza, collaboratore e inviato di “Life”, “People”, “New York Times”, ha potuto prendersi cura di uno studio che l’anziano fotografo non aveva più le forze di gestire e stampando, sotto la supervisione del maestro, numerosi negativi che rischiavano di deteriorarsi per sempre. È stato lui inoltre a creare il primo contatto fra Van Leo e l’AUC, ponendo così le necessarie basi della donazione dell’intero archivio Van Leo a questa prestigiosa istituzione in modo da garantire la sua integrità e conservazione nel tempo.
Inaugurazione ore 17
Galleria Magenta 52
via Crocefisso, 2/a - Vimercate (MI)
Orario: martedi - sabato 10-13, 14.30-19.30
Ingresso libero