Triennale di Milano
Milano
viale Alemagna, 6
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Flavio Costantini
dal 29/5/2000 al 30/7/2000
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Triennale



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Flavio Costantini



 
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29/5/2000

Flavio Costantini

Triennale di Milano, Milano

Flavio Costantini nasce a Roma nel 1926. Sembra che come primo quadro abbia dipinto una sogliola: ma tutto finisce lì. In seguito non è certo attratto dalla natura morta del Caravaggio o dalla merenda di Bonnard. La sua occhiata sul mondo è secca e rapida come una rivoltellata: decoratore di fatti visionario e raffinato, perfetto ricostruttore di ambienti e dettagli che fanno da cornice alle azioni dell’anarchia in Europa, ce li restituisce in pittura ai confini della paranoia ossessiva. Preciso come un costruttore navale, come Eiffel immaginoso e monumentale, bravo a disegnare intercapedini e architetture meccaniche o murarie, i suoi bulloni di sostegno o i lampioni floreali sembrano già contenere pacchi di detonatori, pugnali e bombe a mano.


comunicato stampa

Flavio Costantini nasce a Roma nel 1926. Sembra che come primo quadro abbia dipinto una sogliola: ma tutto finisce lì. In seguito non è certo attratto dalla natura morta del Caravaggio o dalla merenda di Bonnard. La sua occhiata sul mondo è secca e rapida come una rivoltellata: decoratore di fatti visionario e raffinato, perfetto ricostruttore di ambienti e dettagli che fanno da cornice alle azioni dell’anarchia in Europa, ce li restituisce in pittura ai confini della paranoia ossessiva. Preciso come un costruttore navale, come Eiffel immaginoso e monumentale, bravo a disegnare intercapedini e architetture meccaniche o murarie, i suoi bulloni di sostegno o i lampioni floreali sembrano già contenere pacchi di detonatori, pugnali e bombe a mano.

A proposito: le mani dei suoi protagonisti, sempre sproporzionatamente rilevanti hanno, al posto delle vene regolamentari, fili di ferro, anzi tondini di ferro, logiche armi per chi tutto ha fatto e farà con le mani. L’afflitta umanità esaltata che, per amor dell’ideale, non esita ad affrontare la morte, ha queste mani smisurate sempre aggrappate come zappe o tenaglie allo sportello di una carrozza reale in corsa, o nell’anticamera di un alberghetto reso glaciale dal tipo di funereo drappeggio prediletto dall’artista. Tappezzerie o mani di vernice da scannatoio, ambienti nei quali il sangue fa parte dell’arredo. Un buon getto d’acqua e tutto tornerà livido e agghiacciante come prima del delitto.

Per quanto tragico possa sembrare il racconto delle sue gesta, voglio ricopiare, in suo omaggio, un frammento di Marcel Proust da Albertine scomparsa: "A partire da una data età, i nostri ricordi sono tanto incrociati gli uni con gli altri che la cosa cui si pensa, il libro che si legge, non hanno quasi più importanza. Abbiamo messo ovunque qualcosa di noi, tutto è fecondo, tutto è pericoloso ed è possibile compiere scoperte altrettanto preziose nei pensieri di Pascal come nel foglietto pubblicitario di una saponetta".

Flavio vive a Rapallo in un edificio esternamente anonimo. Ma dentro casa, abbandonato il comodo salotto borghese, si arriva ad un posto di blocco di due o tre metri quadri interamente occupato da micidiali collezioni di riviste illustrate francesi e italiane dell’inizio del secolo. L’unico per il quale senta e provi un brivido minimo e massimo. Lì dentro c’è il letto e lo studio. Le sue prigioni sono a pochi metri dalla riva del mare, a un passo dalla gente che sta in vacanza e prende il sole e corre sui gommoni nel golfo dei poeti, tra Rapallo e Portofino, mentre Costantini, immerso in una temperatura da ibernato, vive la sua vita ignorato e ignorante se sia bello o brutto avere rapporti con l’umanità. Tappato tra quei muri che stanno tra la biblioteca di un vecchio carcere e la piccola tipografia sotterranea di un gruppetto anarchico in esilio, deglutisce, con il caffè del mattino, la ricostruzione dei delitti e dei loro moventi. "Pugnale, o mio pugnale, hai fatto una gran mossa, hai messo un presidente in una fossa; pugnali come te ce ne vorria una schiera, in testa all’anarchia e alla bandiera".

Come un subacqueo intuisce la preda poco distante, egli fulmina con il suo regolo calcolatore la fetta di mondo che lo riguarda; come un drogato fiuta, fra le migliaia di valige che partono e arrivano in un aeroporto, il pacchetto giusto. Egli non sa che decine di telecamere hanno già inquadrato le sue mosse e, di lì a poco, qualcuno piomberà su di lui per arrestarlo e toglierlo di mezzo. Questo capitano di lungo corso che non ha mai nuotato perché non sa nuotare, che vive estate e inverno ricoperto di maglie e sciarponi di lana, che non risponde al telefono perché i viventi lo disturbano con i loro rumori molesti e modesti, è l’innamorato e mai rassegnato costruttore e progettista di ambienti e situazioni assolutamente prese dalla storia.

Come nel famoso quadro di Catilina e Cicerone uno di fronte all’altro al Senato di Roma il pittore aveva fissato nella nostra memoria di studenti le bianche toghe, lo sdegno, le accuse tra i due grandi personaggi, così il ridotto di un teatro, l’interno di un ristorante, il balcone di una stazione ferroviaria, il lettino di contenzione sul quale giace Cafiero, sono le uniche drammatiche visioni, gli unici poemi di un mondo che chiameremo poetico perché Costantini lo ha inventato. Il quadro di Ravachol in galera, uno dei più belli di questa nuova raccolta, è già un classico del suo modo di raccontarci la prospettiva della cognizione del dolore. Costantini è riuscito a far volare il suo dolcissimo spirito dentro e fuori della prigione, come se a lui soltanto fosse permesso entrare e uscire con tutti i documenti che gli mancavano. Adesso che li ha trovati li tiene ben stretti fra le dita.

Giorgio Soavi

A cura di Arturo Schwarz

Con Fausto Rocchi e Cristina Taverna Allestimento di Sergio Noberini

Catalogo Electa
Con il contributo di Benasedo Spa

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Rosanna Bianchi Piccoli
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