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29/11/2007

Riparte 07

Ripa Hotel, Roma

Presentazione di Achille Bonito Oliva

Gli anni novanta sono un periodo di emergenza anche per l'arte, specialmente per quel "sistema dell'arte" organizzato secondo una sequenza comprendente, critico, gallerista e mercante, collezionista, museo, pubblico, mass-media.

A distanza di oltre vent'anni credo di dover rivedere questa mia teoria sul sistema dell'arte ("Domus", Milano 1972), sviluppatasi indubbiamente in maniera trionfante in tutti gli anni ottanta creando una sorta di "Superarte": un plusvalore dell'opera conseguente alla sua presentazione, circolazione e celebrazione sociale. La crisi degli anni novanta ha creato un inceppo che ci permette di rivedere il meccanismo di produzione artistica.

Si può constatare come sia in atto un tentativo di concentrazione del sistema dell'arte su tre probabili anelli: artisti, critico e museo. Forse entra in crisi la posizione del gallerista e del mercante, soggetti protagonisti di un circuito privato internazionale così vasto e capillare da condizionare la produzione e degustazione dell'arte.

Ora la crisi economica ha messo in discussione anche un anello forte degli anni ottanta: il collezionismo che spesso ha operato sull'accumulo quantitativo di lavoro di singoli artisti o di interi movimenti, incidendo sull'esito e il valore economico. Così il collezionista era diventato in qualche modo una figura all'incrocio tra il "dealer" privato e l'"opinion maker", tra mercante e imprenditore. Questa metà degli anni novanta è dura, portatrice di una crisi che investe la preziosa catena del sistema dell'arte e ci permette di intravedere un ulteriore scenario ridotto e concentrato, teso verso la penalizzazione delle gallerie private, collezionismo e delle riviste d'arte.

A mio avviso, come si intravede già in qualche caso in America e nel nord dell'Europa, si sta sviluppando un modello aggressivo di museo internazionale all'incrocio tra pubblico e privato, capace di assorbire alcuni compiti prima sanamente attribuiti ad altri soggetti del sistema dell'arte.

Indubbiamente un museo contemporaneo svolge un compito particolare, tra celebrazione dell'arte già conosciuta e presentazione di fenomeni sperimentali che incidono sulla trasformazione del gusto sociale. La macchina museografica ha dei costi altissimi.

Uno dei tentativi di ammortamento dei costi è stato l'introduzione del "merchandising" negli spazi museografici, dai gadgets più semplici fino alla riproduzione delle opere su tessuti e oggetti d'ogni genere. Questo supporto economico e tamponamento ormai non sono più sufficienti. Ecco il pericoloso scenario che io intravedo: la trasformazione del museo in "azienda pubblica del bello". Nasce inevitabilmente una nuova tipologia di critico-direttore-imprenditore, capace di intravedere il nuovo e di imporlo a livello internazionale. Da qui il bisogno di questa nuova azienda di "incettare" grandi quantità di opere dello stesso artista ad un prezzo modico magari comprendente anche, come scambio, uina grande mostra di prestigio nel proprio spazio, e successiva distribuzione nei musei periferici o in collezioni private. Sostanzialmente il nuovo museo non può essere garantito solo dai versamenti annuali dei propri trust amatori. Ma deve necessariamente sviluppare una propria economia in attivo, capace di assorbire costi legati alla gestione dello spazio in espansione fisica e geografica. Il nuovo direttore all'incrocio tra estrema competenza teorica e capacità di gestione museografica, può anche successivamente distribuire, vendendo o facendo dei leasing (a succursali, musei-clienti e collezionisti privati) opere non soltanto di artisti noti a livello internazionale, ma anche di giovani scoperte di cui si sia acquisita in anticipo una certa quantità di lavori.

In tal modo, sotto la spinta dinamica del direttore-imprenditore il museo si trasforma da platonico ospizio del bello a società per azioni estetiche a responsabilità illimitata, con il monopolio di calmiere del valore economico dell'opera, rafforzato dall'"aura" di deposito pubblico, anche per questo, garante dell'oggettività dell'arte.

È evidente la penalizzazione delle gallerie in quanto spazi privati direttamente collegati all'iniziativa individuale che non può risentire anche dell'attuale crisi economica.

Tutto ciò mette in pericolo la libertà di espressione ed il pluralismo del gusto sociale che perde la molteplicità delle fonti di formazione, finora garantita da diversificato dinamismo delle gallerie private.

L'iniziativa "RIPARTE", nella sua selezionata concentrazione internazionale di spazio e tempo, evidenziata dall'eccentricità della sede (una camera di un albergo-residence per ogni galleria) fonda uno scenario intenso e felicemente precario. A dimostrazione che non soltanto l'arte, anche i giovani galleristi amano il nomadismo e fluidità di spazio, soggetti in transito e non stanziali, a testimonianza che l'arte "RIPARTE".
L'arte "RIPARTE" se esistono solidarietà del molteplice e libertà di intenti rivolte verso il pubblico collezionista o anche indiretto e istantaneo.

Ufficio stampa:
Studio Orsini
Via del Sudario 43 - 00186 Roma Tel. 06 6872000 - 06 68301719 flaminiaorsini@studio-orsini.it

Inaugurazione Venerdì 30 Novembre alle ore 18.00

Ripa Hotel
via degli Orti di Trastevere, 1 - Roma
Sabato 1 & Domenica 2 Dicembre dalle 15.00 alle 22.00

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