61 62 66 - What Happens in the Tower? 3 artisti appartenenti alla generazione inizio anni'60, si spartiscono i piani e le stanze dell'antica Torre Civica. In mostra opere di pittura e scultura.
A cura di Michela Giacon
Che succede, allora, nella Torre?
Ignorata dai mestrini per decenni, apparenza esterna, chiusa e vuota, di un'identità
cittadina in viadi definizione, vista più che altro come la curiosa appendice
merlata (neogotica?) di un noto negozio d'abbigliamento sorto sul suo avito piede,
ritrova un interno, e con esso, col suo mistero infine svelato, e con un programma
di fruizione culturale attivo, recupera altres la sua piena funzione simbolica di
Torre Civica. Un'antichità tale, quella della Torre, unica superstite tra le torri
delle mura che cingevano Mestre, da renderla un luogo poeticamente situabile quasi
prima della storia, atemporale, e dunque perfetto contenitore multidisciplinare
nelle cui Stanze, come nei versi di un poema cavalleresco, rappresentare l'arte, gli
amori, il teatro della cultura. Tre artisti appartenenti alla generazione fine anni
Cinquanta/primi anni Sessanta se ne spartiscono i piani e le stanze in un
emblematico contributo alla ri-qualificazione di questo spazio come cuore pulsante
d'una città.
Protagonisti del singolare evento sono gli artisti Roberto Cannata (1961), Vito Campanelli (1962) e
Paolo Loschi (1966), che occuperanno le sale espositive della torre civica in una
"three solo exhibitions".
Nella Prima Stanza, al pianterreno, si accampano gli "astratti furori" di Vito
Campanelli. Già molto noto nel panorama mestrino, anche per via delle vivaci,
provocatorie iniziative e battaglie culturali da lui promosse nel territorio negli
ultimi anni, Campanelli sta assurgendo, come artista, a una dimensione europea:
immagini e particolari delle sue opere diventano oggi "prodotto", distribuito in
tutto il mondo attraverso manifesti, quaderni d'arte, notebook e altro. Lo
contraddistingue un istinto pittorico che sa divenire veggente intuizione nella
capacità di muoversi su registri diversi assicurando al contempo l'organicità e la
coerenza proprie a una forte cifra stilistica. Nel ciclo pittorico "Opus II", summa
della sua ricerca negli ultimi quattro anni (dal 2004 al 2007), del quale qui
esposta una significativa selezione, Campanelli opera sul versante dell'astrazione,
ma utilizzando tecniche e modalità informali. Gli esiti di questo situarsi in
slittamento tra controllo - inteso come il sussistere di un'intenzionalità
progettuale - e furore, l'interna eruzione di matrice espressionistica e informale,
non possono che essere altamente originali.
Nella Seconda Stanza - piano intermedio -, a essere protagoniste sono le epifanie
materializzate di Roberto Cannata, creature d'apparizione divenuta dura e
tridimensionale oggettualità tramite un uso sapiente e personale della tecnica
pittorica. Se le avanguardie a cui, per affinità elettiva, possiamo relazionare
l'opera di Campanelli, sono le cosiddette "ultime avanguardie", il territorio
d'elezione di Cannata è invece contiguo al mondo affascinante perchè perduto - ma lo
può far appunto rivivere l'afflato poetico di una pittura ispirata - delle
Avanguardie Storiche. Visivamente colto e ben consapevole della linfa vitale che
viene all'artista dall'esercizio della cultura, Cannata si muove tra significanti
post cubisti e surrealisti, trasmutando gli apporti dei maestri del Novecento nel
materiale inventivo in sommovimento nel proprio crogiuolo alchemico. Ne nascono
poetiche metamorfosi, esseri che inseguono un metaforico riscatto da una coatta
condizione d'alienati, triste asservimento generato dal mondo contemporaneo.
Nella Terza Stanza, all'ultimo piano, ossa desideranti si connettono schioccando;
l'autore Paolo Loschi, tendenzialmente il più elitario dei tre protagonisti di
questa mostra, che qui presenta la serie "B-Bones": macchine segniche de-costruite
intorno ai perni di strutture concettuali forti, con una qualche affinità -
l'ironia, in primis - con le "macchine celibi" duchampiane. Assai diverso il ciclo
pittorico antecedente a "B-Bones" : in "Angel de tierra" (2006) Loschi aveva
presentato una galleria di parvenze angeliche, angeli caduti emulando l' "Angelos
Satanas"; presenze epifaniche affioranti in nervose, sconnesse tracce dalle cromie
dei loro Averni. Le tele della serie "B-Bones" sono da intendersi invece come una
serie di "lastre", di radiografie di una fisiologia dell'anima. In "Angel de tierra"
e in altre opere antecedenti, la ricerca dell'artista si estrinsecava in
significanti dall'aura oscura e luciferina, carichi di tutta la lacerante
inquietudine del contemporaneo, attraversati da brividi erotici e imbevuti di
mercuri perversi. Qui Loschi, che nel frattempo è entrato in un'altra fase del suo
percorso artistico, adotta, anche stilisticamente, una tipologia di mutamento per
mostrare appunto i "frames" di un mutamento interiore netto, risoluto, un nuovo
stato da cui non si torna indietro.
Inaugurazione 12 gennaio ore 11
Torre Civica
Piazza Erminio Ferretto, Mestre
Orario: tutti i giorni 9 - 12.30, 15.30 - 19.30
Ingresso libero