Simona Uberto utilizza il bianco delle pareti come superficie accogliente per un mondo plausibile. Dai muri spuntano piccole sagome che si stagliano come costellazioni di un giorno normale tra giorni normali. Nathalie Du Pasquier ha reinventato il concetto di natura morta con una felice combinazione tra tecniche pittoriche e forme tridimensionali.
Simona Uberto utilizza il bianco delle pareti come superficie accogliente per un mondo plausibile. Dai muri spuntano sagome volumetriche di piccolo formato, corpi del quotidiano che si stagliano come costellazioni prosaiche di un giorno normale tra giorni normali. Il bianco ricrea adesso un esperanto urbanistico, l'archetipo di uno spazio abitabile dove la vita scorre nella sua umana fluidità. Sulla base monocroma ecco una massa di sculture installative, veloci racconti di vita essenziale con l'energia dei manufatti preziosi dai toni contemporanei. Tutto è spostamento gravitazionale, cambio della percezione rispetto al canonico rapporto con il suolo e lo spazio aereo. Assistiamo al decentramento percettivo, ricreato con il sensibile uso degli ambienti, protagonisti dell'opera assieme ai rumori di fondo, alle luci diffuse, ai movimenti d'ombra attorno alle opere. La scultura sembra lo specchio fuoriscala delle nostre vite, un'anomalia ottica che scivola lungo le dinamiche sensoriali di chi guarda. E ci ricorda come l'arte abbia bisogno di sottili spostamenti rispetto alla tradizione, minimi cambi di marcia con cui rendere ancora possibile lo sguardo in avanti.
L'artista è nata a Savona nel 1965. Vive e lavora a Milano
Nathalie du Pasquier arriva da un'avventura nel design col gruppo Memphis, il più innovativo e artistico tra i movimenti che hanno fatto dell'oggetto una possibile forma di scultura funzionale. Fin da subito l'artista ha dimostrato una vena per lo sconfinamento ancora più netto, dirigendosi verso la pittura ma senza dimenticare la sua origine creativa. E' così che ha reinventato il concetto di natura morta con una felice combinazione tra tecniche pittoriche e forme tridimensionali. I suoi progetti installativi mescolano i quadri con diversi volumi monocromi, fedeli al principio che nulla deve replicare la logomania del feticismo contemporaneo. Cubi, coni, piramidi, strutture più complesse, diversi archetipi che vivono assieme alle opere dipinte, evocando nature cerebrali che sconfinano oltre il quadro, verso gli ambienti a cui appartengono e da cui provengono. Le stesse pitture sospendono l'atmosfera in un gioco metafisico tra interno ed esterno, tra l'invenzione compositiva e il legame con oggetti domestici, architetture, monumenti, vasi… Quadri che raccontano gli oggetti del quotidiano, ingrandendoli quando serve, componendoli con incastri plausibili, ribaltandoli con la sensibile perizia di un gesto minimo ma definitivo.
L'artista è nata a Bordeaux nel 1957. Vive e lavora a Milano
Inaugurazione 12 gennaio 2007
Romberg Arte Contemporanea
Piazza de' Ricci, 126 - Roma
Orario: da martedì a sabato 14-20
Ingresso libero