Tikkun. In totale 72 lavori distribuiti su due spazi espositivi, dislocati nello scenario del Ghetto veneziano. L'artista espone disegni, oli, acrilici, modellini, installazioni e due video (realizzati in collaborazione con Monica Mazzoleni). A cura di Francesca Brandes.
a cura di Francesca Brandes
Tikkùn, ossia “Restaurazione”. È questo il titolo che il bergamasco Giovanni Bonaldi ha scelto per la sua duplice esposizione veneziana, nelle due sedi di Scalamata Gallery e Françoise Calcagno Art Studio. Tikkùn, secondo la tradizione cabbalistica che fa capo ad Isaac Luria, è la fase in cui all’essere umano spetta di ricostituire il mondo, che si è frantumato e disperso dopo la Shevirah ha-kelim, la cosiddetta “rottura dei vasi”: una catastrofe, avvenuta per disarmonia tra gli elementi – in particolar modo il maschile ed il femminile – che fa espandere in modo caotico la luce e l’energia della Creazione. In questa crisi, si generano potenze demoniache, nelle scintille più dure e più nere precipitate in basso, e mescolate ai cocci, o “gusci” dei vasi spezzati: in ebraico, Kelippòt.
Nulla resta simile a prima, tutto è da qualche altra parte: è l’esilio di Dio, della sua unità. Bonaldi, non nuovo a studi e sperimentazioni d’ambito filosofico interconfessionale (ha esposto, fra l’altro alla Rocca Sforzesca di Soncino, nel 2003, per la IV Giornata Europea della Cultura Ebraica, così come al Museo Ebraico di Bologna e di Casale Monferrato), recupera nel proprio lavoro la concezione luriana e la struttura delle Sephiroth (le emanazioni del soffio creatore divino, organizzate secondo un preciso schema), per elaborare – in Tikkùn – un tentativo di ricostruzione che restituisca alle cose, ai volti, ai paesaggi dignità e coerenza, armonia. L’artista opera con disegni, oli, acrilici, modellini, installazioni e due video (realizzati in collaborazione con Monica Mazzoleni): in totale 72 lavori distribuiti su due spazi espositivi, dislocati (e non è certo una scelta casuale) nell’affascinante scenario del Ghetto veneziano.
L’arte di Bonaldi, pur restando nell’ambito di una solida valenza concettuale – con rimandi al readymade duchampiano nelle installazioni – lascia spazio anche ad un disegno d’impronta antica, curato e nitido nei particolari, così come all’esplosione cromatica di oli ed acrilici di sicuro impatto visivo. Simbolo cardine della sua ricerca raffinata, si evidenzia via via la lettera lamed dell’alfabeto ebraico (corrisponde suppergiù alla “elle”), analizzata nei suoi aspetti estetici e contenutistici: da qui prende il via il personalissimo Tikkùn presentato a Venezia. Un progetto assieme rigoroso ed emotivamente pregnante sul significato dell’impegno umano e sul valore etico dell’azione. Giovanni Bonaldi è nato a Serina (Bergamo) il 17 aprile 1965, diplomato nel 1987 al corso di Pittura presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano (NABA), è stato invitato da Gianni Colombo direttore della NABA, ad affiancarlo in qualità di assistente nel corso complementare di Strutturazione dello spazio. Espone in strutture pubbliche e private. Vive e lavora a Serina, Bergamo. L’evento, curato da Francesca Brandes, è corredato da un ricco catalogo per i tipi di Silvana Editoriale, con testi della stessa Brandes, di Rav Elia Richetti, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Venezia, di David Pavoncello e di Elio Carmi.
Calcagno Art Studio
Campo Del Ghetto 291
Orario: da lunedì a giovedì 14.30-18.30, venerdì e domenica 10.00-12.30, altri orari su appuntamento
Ingresso libero
ScalaMata Gallery
Ghetto Vecchio 12 - Venezia