Il punto di partenza di Claude Closky e' la relazione tra i segni e le cose. Il titolo dell'installazione in mostra, "Yes", rimanda ad una scelta affermativa, un'attitudine partecipativa; ma lo spettatore si trova davanti a 4 cabine elettorali. Piu' volte nel lavoro di Maria Adele Del Vecchio ritorna il riferimento all'anarchia raccontata come esperienza umana, in questo modo si sviluppa lo studio della figura del regicida Gaetano Bresci.
Claude Closky
Yes
Claude Closky (vive e lavora a Parigi), è uno degli artisti più rappresentativi dell’attuale scena dell’arte contemporanea francese e non solo.
La molteplice attività espositiva dell’artista francese e il suo successo a livello internazionale possono essere resi, in maniera parziale e sommaria, da tre esempi: nel 2001 ha partecipato alla Biennale di Venezia, nel 2005 si è aggiudicato il prestigioso premio Marcel Duchamp e, nel 2006, ha esposto con una personale al Centro George Pompidou.
In Italia l’ultima esposizione dell’artista si è tenuta lo scorso anno presso il Museo MADRE di Napoli (“Climb at Your Own Risk”) ma Closky aveva già esposto nel 2001 a Firenze, presso lo spazio BASE, nel 2002 presso la Fondazione Olivetti di Roma e, nello stesso anno, presso la Galleria Nicola Fornello di Torino.
L’attività dell’artista francese si caratterizza come un continuo gioco di decomposizione e sfalsamento dei significati normalmente associati ai diversi linguaggi della comunicazione visiva e non, utilizzando, di volta in volta, i media più diversi (video, fotografia, pittura, collage, internet, installazioni…).
Il punto di partenza dell’artista è la relazione, storicamente e culturalmente definita, tra i segni e le cose. Il titolo stesso dell’installazione realizzata per la mostra di Prato rimanda, per la codificazione culturale dei tre segni che compongono la parola “Yes”, ad una scelta affermativa, un’attitudine partecipativa; attitudine che si traduce in azione all’interno della mostra, dove lo spettatore si trova davanti una struttura, posta al centro dello spazio della galleria, composta da 4 cabine elettorali, ognuna dotata di postazione di voto telematica. Le persone sono perciò chiamate, come spesso accade nelle installazioni di Closky, ad interagire con l’opera, esprimendo il proprio “voto”.
L’installazione (dalla struttura volutamente ridotta ai minimi termini) è dunque una “macchina per votare” nella quale, però, vengono a mancare due requisiti fondamentali: il significato linguistico-culturale dei diversi “candidati” (che sono mere ripetizioni di fonemi); e la segretezza della scelta (che, ad ogni votazione, viene invece rivelata da una voce computerizzata diffusa da autoparlanti in tutto lo spazio circostante). L’intercapedine linguistica nella quale si colloca questa operazione di Closky è dunque proprio quella legata all’espressione di un voto ridotto ad una scelta casuale che apre ad una interrogazione più profonda sul significato politico culturale e storico di un “YES” tutt’altro che semplice.
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Maria Adele Del Vecchio
No End Is Limited
a cura di Stefania Palumbo
La ricerca di Maria Adele Del Vecchio si sviluppa in una dimensione poetico concettuale che ritrova all'interno del vissuto individuale gli elementi dello sconfinamento fra l'esperienza e l'opera. La tensione verso la definizione sempre maggiore della propria individualità come assunto politico che prende la forma di una scultura o di un’installazione, così come l’esigenza di raccontare, attraverso la storia di sé, le proprie potenzialità, il proprio gusto, il proprio mondo accostano il percorso artistico di Maria Adele all’esperienza anarchica.
L’esperienza anarchica intesa come contrapposizione dell’individuo alla massa, come potere dell’espressione del singolo contrapposto alla debolezza dell’omologazione. Più volte nel lavoro di Maria Adele Del Vecchio ritorna il riferimento all’anarchia e sempre è raccontata come esperienza umana più che come condizione politica, in questo modo si sviluppa infatti anche lo studio presentato in mostra della figura dell’anarchico regicida Gaetano Bresci. Bresci, originario di Prato, uccise il re Umberto I contribuendo, con il suo gesto, al cambiamento profondo della storia del nostro paese. L’impersonificazione che Maria Adele Del Vecchio compie con questa figura assume quindi un valore di intima e imprescindibile valorizzazione storica e dell’individuo: “sono Maria Adele che ama gli spaghetti, sono Gaetano Bresci che ha cambiato la storia”.
L’esigenza di impersonificare figure riconoscibili della nostra cultura, pratica che ricorre più volte nel lavoro di Maria Adele, pare nascere da una sensibile condizione esistenziale di disagio, espressa in molte opere in modi diversi dall’impersonificazione con altri personaggi, alla solitudine dell’artista in mezzo al mare, vestita, d’inverno. Una condizione non subita passivamente, ma analizzata, sviscerata negli infiniti possibili ed impossibili superamenti del dramma. Così sempre sfuggente ed inaccessibile si presenta l’artista allo sguardo esterno, una figura che non si identifica attraverso la propria fisionomia ma che anzi la camuffa per poterne interpretare altre cento. Simulare l’esistenza, atto estremo di un’anarchia del vissuto che non lascia spazio alla semplice omologazione, ma che la caratterizza e la identifica socialmente e culturalmente come nei prototipi di dandy contemporanei che animano lo spazio della galleria poggiando le loro basi su una eterna ricerca di ciò che pare perduto.
Immagine: Claude Closky, Yes
Inaugurazioni: 19 gennaio 2008
Galleria Enrico Fornello
via Paolini, 27 Prato
Orario: mar-sab 10-13 15-20