I travestiti. In mostra una serie di scatti che indagano, fuori dai canali ufficiali, il tessuto sociale con lo sguardo curioso ed intenso di una personalita' forte ed affascinante. Genova ed i suoi travestiti emergono con tutta la loro forza, con spietata e graffiante realta'.
A cura di Uliano Lucas
Lisetta Carmi ha avuto un ruolo importante nella fotografia italiana per la maniera insolita, e fuori dai canali ufficiali, di indagare il tessuto sociale con lo sguardo curioso ed intenso di una personalità forte ed affascinante.
Genova ed i suoi travestiti emergono con tutta la loro forza, con spietata e graffiante realtà, negli scatti esposti nella galleria.
Alla fine degli anni 60 nei carruggi della città dove si consumava il contesto quotidiano fatto di gesti riservati, di dialoghi intimi, di attese e di speranze, rivelano inaspettatamente una forte umanità che la Carmi ha saputo carpire così da far diventare unico il suo lavoro.
Lisetta Carmi è nata a Genova il 15 febbraio 1924 dove è vissuta dedicandosi prima allo studio della musica poi alla carriera di concertista che abbandona nel 1960 scegliendo di scendere in piazza con i portuali, colpita dai disordini scoppiati contro la svolta a destra del governo Tambroni. Comincia ad interessarsi alla fotografia e inizia l’attività professionale lavorando per il teatro Duse di Genova. Fa reportage vendendo i propri servizi ai giornali senza dipenderne: documenta la vita dei portuali, il mondo dei travestiti (ai quali dedicherà un volume fondamentale) e la Genova borghese attraverso le sculture del cimitero di Staglieno. Vive a Costernino.
Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascon i fiori (Fabrizio De Andre’)
ESSERI UMANI
I Travestiti svolgono un servizio sociale?
Sono l’espressione enfatizzata ed esasperata di un modo ormai superato (o in via di superamento) di considerare la donna come un bene di consumo?
Sono l’avanguardia paradossale e contraddittoria di un modo nuovo di concepire (o di abolire) i ruoli assegnati all’uomo e alla donna?
O sono tutte queste cose insieme?
Io sono entrata nell’ambiente dei travestiti per caso nel 1965 durante una festa di capodanno: li ho rivisti successivamente nella loro vita quotidiana e ho cominciato a vivere con loro e a fotografarli.
Li ho subito sentiti come esseri umani che vivono e soffrono tutte le contraddizioni della nostra società come minoranza ricercata da una parte e respinta dall’altra.
Non è un caso però se il mio interesse e la mia partecipazione ai loro problemi ha creato fra me e loro una fiducia, un affetto e una comprensione che mi hanno permesso di fare questo lavoro con un rapporto che andava al di là di un normale rapporto fra fotografo e fotografati.
Io stessa in quel tempo ero assillata – forse a livello inconscio – da problemi di identificazione maschile o femminile.
Oggi capisco che non si trattava tanto di accettazione di uno “stato” quanto di rifiuto di un “ruolo”.
E i travestiti (o meglio il mio rapporto coi travestiti) mi hanno aiutato ad accettarmi per quello che sono: una persona che vive senza ruolo. Osservare i travestiti mi ha fatto capire che tutto ciò che è maschile può essere anche femminile, e viceversa. Non esistono comportamenti obbligati, se non in una tradizione autoritaria che ci viene imposta fin dall’infanzia.
Ma chi sono i travestiti?
Perché – al di là di un mezzo per vivere – cercano così disperatamente la condizione femminile?
Che cosa significa per loro il mito della donna? E che cosa è “la donna”? intendo non solo per loro ma anche per i clienti.
Tutte domande a cui è difficile dare una risposta, ma che sono vive e presenti nel nostro tempo e che mettono oggi in crisi il rapporto uomo-donna.
I travestiti si mascherano, è vero; ma lo fanno per necessità. Hanno però il coraggio di fare quello che fanno e di affrontare una realtà spesso drammatica e violenta. Per molti di loro non esiste una alternativa di lavoro: come uomini hanno un aspetto troppo femminile,come donne hanno l’impedimento dello stato anagrafico maschile. Sopportano stati di solitudine incredibile proprio perché da una parte la società li ricerca e dall’altra li isola, li obbliga praticamente a vivere in ghetti (a Genova il loro quartiere è proprio l’antico ghetto degli ebrei), ha paura di riconoscersi in loro. Li usa, li paga, li giudica: ignorando volutamente che sono esseri umani.
Ma io credo che il giudizio che noi diamo degli altri è quasi sempre un giudizio che noi diamo di noi stessi; ciò che negli altri ci spaventa è in noi; e difendiamo noi stessi sempre offendendo quella parte di noi che rifiutiamo.
Mi diceva un travestito, riferendosi alla sua vita privata e non certo al suo lavoro:
“Quando io ho un rapporto d’amore, non mi importa se è con un uomo o con una donna: è un essere umano che in quel momento mi dà se stesso e al quale io do me stesso”. Una difesa dell’omosessualità? No.
Forse è invece un’apertura verso rapporti umani più veri e più liberi e il rifiuto di rapporti standardizzati e violenti.
E non è un caso che proprio lo stesso travestito, che anni fa appariva come una bellissima donna, oggi ha ritrovato la sua parte maschile, attende con gioia un figlio dalla donna che ama, e non fa più il travestito. La sua è stata un’avventura umana, un ritrovarsi da solo con le sue sole forze, in una società che per difendere dei principi non è più capace di vedere gli uomini.(Lisetta Carmi)
Inaugurazione 24 gennaio ore 18.30
One Piece Contemporary Art
Vicolo Orto di Napoli 5, Roma
Orario: dal martedi al sabato 15.30 - 19.30 e su appuntamento
Ingresso libero