La nascita di un nuovo mondo. Attraverso alcuni passi principali: i primi scontri tra Romani e Germani, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno, il sacco di Roma di Alarico, quello di Genserico, il passaggio di Attila, la conversione di Clodoveo, la mostra ripercorre i secoli della conflittuale coesisteza, quindi dell'integrazione culturale dei popoli barbari nel tessuto preesistente di matrice romana e raccoglie molti tesori archeologici. Inaugurazione solo su invito.
a cura di Jean-Jacques Aillagon
«Conquistatori ed altri nomadi … »
François Pinault, Presidente di Palazzo Grassi
« Roma e i Barbari »: malgrado la sua sobrietà, il titolo di questa mostra, l’ultima legata alla guida di Jean-
Jacques Aillagon, è estremamente suggestivo. Resuscita il fantasma di una civiltà, la nostra, incendiata all’alba
dell’era cristiana da orde di cavalieri provenienti da steppe asiatiche o da altre terre ancora inesplorate.
Rievoca i nomadi irsuti che travolsero i confini dell’Impero. Ricorda, nel nostro inconscio, la legge in frantumi,
gli uomini massacrati o resi schiavi, le donne abusate, i bambini strappati ai loro genitori, i gioielli e le opere
di cultura pigiate e ammucchiate nei pesanti carri degli invasori, prima di essere trasportati verso gli accampamenti
fumanti, piantati lontani dalle città. Nell’immaginario collettivo, il tempo dei barbari resta dunque
quello legato ad una violenza senza limiti.
Ma questi sono degli stereotipi. Tanto per i contemporanei di Clodoveo, che per noi, lontani discendenti dei
Goti, dei Sassoni o dei Longobardi, le invasioni barbariche non si riassumono, fortunatamente, solo in una
improvvisa calata selvaggia, di cui i “popoli civilizzati” sarebbero stati le vittime. Esse furono precedute, a
Costantinopoli come sui territori più lontani dell’Impero, nelle pianure del Reno, la valle padana o l’estuario
del Danubio, dal sordo infrangersi delle tradizioni che si rivelarono permeabili tra loro, dallo sfiorarsi di due
mondi che avevano imparato a conoscersi prima di affrontarsi, da scambi, da unioni tra stirpi, trattazioni,
mutamenti e persino conversioni a questa nuova fede che seminava in tutta Europa le sue prime chiese. Si
tratta infatti di una metamorfosi, il cui principale vettore è stato, ancora una volta, l’arte.
Questo periodo complesso, segnato dall’incontro tra civiltà, dall’apertura, dalla mescolanza di culti e tradizioni,
dalla diffusione delle conoscenze, dall’arricchimento reciproco e la diversità culturale, testimonia la
forza senza tempo e universale dell’arte che trae origine nella notte dei tempi, prolungandosi nelle creazioni
più contemporanee.
Dall’installazione dell’artista indiano Subodh Gupta, “Very Hungry God”, che i Veneziani ormai conoscono, per
averla osservata, in tutte le sue saldature, alle porte di Palazzo Grassi, alle opere di Pascale-Marthine Tayou,
a quelle dell’artista italiano Rudolf Stingel, ai manga dell’artista giapponese Takashi Murakami, solo per citarne
alcuni, gli artisti ci dimostrano fino a che punto l’essenza dell’arte sia universale.
Da sempre, Venezia ha saputo accoglierli. Una tradizione che sarà conservata sia a Palazzo Grassi che nel
futuro museo di Punta della Dogana. Non era infatti proprio verso le coste di Venezia e le sue isole, controllate
da Bisanzio, che gli abitanti dell’Impero Romano cercarono rifugio per vivere in pace quando, a partire dal VI
secolo, la conquista longobarda, lunga, crudele, incerta, li mise a dura prova?
François Pinault
Presentazione di “Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo”
a cura di Jean-Jacques Aillagon, curatore della mostra
L’espansione in Europa, Africa e Asia, ha fatto sì che l’Impero Romano entrasse necessariamente in contatto
con altri popoli, sia portavoce di antichi imperi e grandi civiltà, come gli Egizi e i Persiani, sia designati come
“barbari”. I Romani riprendevano così, per indicare i popoli con abitudini, costumi, lingue e culture distanti
dalle proprie, l’espressione coniata dai Greci per designare coloro di cui non comprendevano la lingua e che
non erano organizzati in aggregati urbani e imperi territorialmente stabili.
Il rapporto di Roma con i Barbari era spesso caratterizzato dall’approccio tipico del dominatore con il sottomesso,
come ricorda gran parte dell’iconografia imperiale romana. Spesso però questi Barbari infliggevano a
Roma pesanti sconfitte, obbligandola a indietreggiare, si pensi per esempio alla disfatta di Teutoburgo, nel 9
dopo Cristo, che vede le legioni di Varo annientate dai Germani.
Nel corso di più secoli, questo confronto ha significato per l’Impero la necessità di essere costantemente
all’erta, come testimonia la campagna di Marco Aurelio, morto nel 180 sul “limes” della Pannonia. Ha tuttavia
permesso un’osmosi molto feconda fra il mondo romano e i mondi “barbari”, creando nell’Impero un modello
di civiltà aperta, alla fine accogliente nei confronti delle diversità di credo e di usanze. A partire dalla fine del
III secolo, buona parte dell’esercito romano appare “barbarizzata”, sia dal punto di vista degli equipaggiamenti,
sia per quanto concerne l’inquadramento e la composizione delle truppe. La carriera di vari oriundi
Barbari si rivela rapida e brillante, tanto più che alcuni di loro accedono addirittura alle funzioni supreme del
consolato, come Stilicone (359-408) e Aspar (400-471).
La cristianizzazione dell’Impero, a partire da Costantino, e quella concomitante dei popoli barbari introducono
un nuovo elemento di fusione fra la tradizione romana e le culture dei popoli esterni all’Impero, nonostante
la discrepanza fra il cattolicesimo niceno dell’Impero e l’arianesimo di vari capi barbari.
Questi popoli, provenienti dall’Europa del Nord (Germani, Celti delle Isole) e dall’Europa dell’Est (Sarmati,
Alani e Goti) o ancora dai confini con l’Asia (Unni, Avari) apportano nuovi valori, nuove usanze e nuovi costumi,
che si scontrano talvolta in maniera deleteria con quelli dell’Impero, motivo per cui si parla di “invasioni barbariche”,
ma si adeguano in parte alle caratteristiche della civiltà romana, influenzandola a loro volta. Questo
movimento si fa però sempre più logorante per l’Impero romano d’Occidente, nonostante i successivi tentativi
di riorganizzazione, come l’instaurazione della tetrarchia, con Diocleziano, o l’apertura ad associazioni di
potere con i capi barbari da parte dell’Impero. La sintesi fra la cultura romana e il potere barbaro si attesta
in virtù di varie esperienze, dalla corte ostrogota a Ravenna a quella dei Visigoti a Tolosa, o ancora quella dei
romano-vandali a Cartagine.
A partire dal 476, l’Impero Romano d’Occidente cessa di esistere. Solo Costantinopoli resta capitale dell’Impero
romano d’ Occidente. Il V secolo segna l’inizio del progressivo insediamento in Europa occidentale dei
primi regni barbari (Visigoti, Burgundi, Svevi, Franchi...), mentre i Vandali si stabiliscono nell’Africa del Nord, a
Cartagine, costituendo una potenza marittima romano-barbara in grado di controllare per molti anni il traffico
del Mediterraneo centrale. Questi regni modificano e rimodellano profondamente la carta dell’Europa,
conferendole buona parte delle attuali caratteristiche umane, culturali e politiche.
Attraverso l’incontro dell’aristocrazia romana e della nobiltà militare germanica, alcuni di questi regni hanno
consentito un continuum culturale significativo con il mondo antico (basti pensare all’attività di intellettuali
perfettamente “romano-barbarici” come Cassiodoro, Gregorio di Tours, Beda il Venerabile, Paolo Diacono).
Sono stati la cornice di esperienze politiche originali. Citiamo per esempio il regno ostrogoto di Teodorico in
Italia , il regno dei Visigoti in Spagna e ancora, dalla fine del VI secolo, quello dei Longobardi in Italia. In una
simile prospettiva, la storia del regno dei Franchi è tanto più significativa se si pensa che, dopo la conversione
di Clodoveo al cattolicesimo, questo regno ha saputo sfruttare i rapporti con l’Impero romano d’Oriente per
dominare l’Europa occidentale.
Con la caduta del regno merovingio, quando Carlomagno ristabilisce la dignità imperiale in occidente (800),
l’Europa rivive il sogno di Roma. È tuttavia divisa fra l’Impero romano d’Oriente, il nuovo Impero Romano d’Occidente
e i regni arabo-andalusi, che costituiscono ormai un nuovo elemento della storia politica e culturale
europea. In Occidente, si afferma il ruolo del papato e la cristianizzazione attribuisce a questo spazio umano
la maggior parte delle caratteristiche intellettuali e politiche con cui sarà etichettato nel millennio a seguire.
Nuovi “barbari” bussano tuttavia alle porte dell’Europa, i Vichinghi nell’Europa dell’Ovest, i Magiari e gli Slavi nell’Europa dell’Est. Intorno all’anno 1000, questi fenomeni migratori si interrompono, conferendo all’Europa
un volto umano che resterà ampiamente stabile per circa un millennio.
La mostra “Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo” rievoca questa lunga storia, così decisiva per
l’identità del continente europeo, che troppo spesso celebra radici greche, romane ed ebraico-cristiane, dimenticando
le proprie origini barbare, peraltro così potenti e determinanti. La mostra si concentra sui fenomeni
che toccano più direttamente i territori dell’Europa occidentale, senza però dimenticare i processi
che, partendo dall’Oriente, hanno interessato anche l’Occidente. Ricordiamo che, fino all’avvento del mondo
arabo-musulmano, il Mediterraneo ha rappresentato uno spazio aperto di traffico costante, da Est a Ovest,
per la circolazione di uomini, merci e idee.
Questa mostra, che ripercorre circa un millennio di storia europea, invita anche a riflettere sulla situazione
attuale dell’Europa, spazio politico e culturale che ha dominato il mondo, o ha tentato di dominarlo, e che oggi
si confronta con l’esigenza di imparare a convivere con un numero sempre più consistente di donne e uomini
provenienti da altre parti del mondo. È pur vero che l’Europa impone a questa umanità il proprio stile di vita
e di pensiero, ma è altrettanto vero che sono proprio queste persone ad arricchire o a stimolare l’evoluzione
degli usi e dei costumi dei paesi che le accolgono. Questo confronto è oggetto talvolta di desiderio, talvolta di
rifiuto. Comunque sia, è una delle basi sulle quali si sta costruendo la nuova Europa.
Questa mostra abbraccia dunque un ampio periodo, della durata di mille anni, così come un vasto territorio,
comprendente quasi tutto il continente europeo. Si distingue così da numerose e spesso appassionanti
esposizioni, che si erano prefisse come oggetto dei punti geografici o cronologici più specifici rispetto a questo
periodo storico, come la mostra Longobardi del Prof. Brogiolo a Torino, l’esposizione Hispania Gothorum
San Ildefonso y el reino visigodo de Toledo, presentata a Toledo all’inizio del 2007, quella di Konstantin der
Grosse, presentata quest’anno a Treviri, o ancora la mostra Attila und die Hunnen a Spira, etc.
La mostra Roma e i Barbari, la nascita di un nuovo mondo, si caratterizza anche per la propria ambizione non
solo di permettere al pubblico di approfondire la storia di un periodo meno noto rispetto ad altri, ma anche
di dare una chiave di riflessione sul significato profondo di questa storia così determinante per la nascita
dell’identità del continente europeo, così da permettere di comprendere meglio certe situazioni politiche,
economiche e umane, con le quali si confronta l’Europa contemporanea.
Questa così vasta esposizione, che raccoglie oltre 2000 oggetti ed è la più grande mai realizzata in Europa sul
tema, è stata resa possibile grazie alla competenza di un eccezionale comitato scientifico internazionale; una
efficiente collaborazione tra tre grandi istituzioni: Palazzo Grassi a Venezia, l’Ecole française de Rome, e la
Kunst-und Ausstellungshalle di Bonn; la disponibilità di circa 200 prestatori provenienti da 23 paesi d’Europa,
dagli Stati Uniti e dall’Africa, per quanto riguarda i prestiti tunisini relativi al regno vandalo di Cartagine. Molti
degli oggetti esposti sono considerati, dai paesi dove sono conservati, come dei tesori nazionali; è il caso per
esempio del tesoro di Beja in Portogallo, del reliquiario esagonale di Conques, o del tesoro di Childerico, conservato
alla Biblioteca Nazionale Francese a Parigi, dell’evangeliario di Notger in Belgio, del ritratto presunto
di Amalasunta conservato al Museo del Bargello a Firenze.
Numerosi sono gli oggetti presentati, che lasciano
per la prima volta il proprio paese d’origine, come ad esempio il cofanetto di Teodorico, che per la prima volta
dopo 1400 anni lascerà l’abbazia di Saint-Maurice in Svizzera per essere presentato a Venezia. Alcuni di questi
reperti sono frutto di scoperte recenti e vengono mostrati oggi al pubblico per la prima volta nel contesto di una
mostra internazionale, come ad esempio il piede monumentale in bronzo di Clermont-Ferrand o il tesoro della
tomba della dama di Grez-Doiceau di Namur, o ancora la lancia da parata di Cutry (Moselle, Francia). Notevole
è anche la presenza in mostra degli “Scettri del Palatino” (Roma), recentemente ritrovati. Accanto agli oggetti
archeologici, è da segnalare che la mostra raccoglie rarissimi documenti manoscritti, tra i quali il Book of Mulling,
gli evangeliari di Saint-Vaast e di Marmoutier, nonché il manoscritto un vangelo secondo San Giovanni in
miniatura copiato in Italia tra il V ed il VI secolo, che costituisce un importante anello della catena nella storia
della trasmissione di questo testo.
Di fronte all’abbondanza di materiale storico presentato in mostra, una dozzina
di dipinti del XIX secolo offriranno al visitatore un punto di vista romantico sugli episodi della storia della
relazione tra Roma e i Barbari. Fra questi quadri, sono da segnalare Honorius di Jean-Paul Laurens (Chrysler
Museum , Norfolk), Vercingétorix se rendant à César di Henri-Paul Motte (Musée Crozatier di Puy-en-Velay) e la
Battaglia di Aquileia di Alfredo Tominz ( Museo Rivoltella, Trieste).
A tutti i prestatori, così come a tutti gli autori del catalogo, tengo a sottolineare la mia gratitudine.
Jean-Jacques Aillagon
Palazzo Grassi
campo San Samuele, 3231 - Venezia
Orari d’apertura: Aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle 19; Chiusura della biglietteria alle ore 18
Ingresso: Intero: 15 euro; Ridotto 1: 10 euro (gruppi di adulti – minimo 15 persone; residenti nel Comune di Venezia); Ridotto 2: 6 euro (giovani da 6 fino a 18 anni; studenti fino a 25 anni); Gratuito (bambini fino a 6 anni accompagnati; un accompagnatore per ogni gruppo di 15 persone)