Epifanie matematiche. I suoi quadri "sono apparizioni, squarci nel velo di Maya dell'esistenza. Sono numeri che si manifestano, ragnatele di senso, quadrature del cerchio, architetture di angosce e di vertigini." (E.Agudio)
A cura di Elena Agudio
Pi greco, 3,14, lambda, Eugualeemmecidue, giminiugualeottopigrecotimini.
L’ordine che sta dietro le cose, se c’è un ordine intrinseco prestabilito e superiore, lo si può scrivere in qualsiasi modo, lo si può descrivere matematicamente, lo si può rappresentare. Lo si può perfino suonare, come ha fatto Bach nelle canne d’organo o Cage sul pianoforte. Quest’ordine non può che rimanere invariato nelle sue leggi.
Nella contemporanea liquefazione di ogni certezza e di ogni presunzione ideologica è la scienza a darci delle travi a cui appenderci per non venire travolti dal fiume in piena del nonsenso. Le risposte alle domande più insolubili, le chiavi per aprire le vertigini dell’immensamente grande e dell’immensamente piccolo diventano sempre più numerose. E numerali.
Sono i numeri numi? I numeri nomi e nomoi delle cose di natura? Sembra sempre più probabile l’esistenza di una teoria del tutto, la possibilità di trascrizione della realtà in una sola formula matematica. L’eccitante teoria delle stringhe costituirebbe la risoluzione dell’anelato matrimonio tra meccanica quantistica e relatività generale, conviventi e separati in casa da quasi un secolo. E la comunità scientifica parrebbe sempre più pronta a dichiarare che il nostro universo non è solo descrivibile in termini matematici ma è nella sua intrinseca essenza matematico. Fatto di numeri e di calcoli. Di ordine infinito. Dio non avrebbe giocato a dadi. Semmai a scacchi, come spiega Friedrich Dürrenmatt.
E a scacchi gioca anche Paolo. Nella vita e con la pittura, alla ricerca di una strategia per accerchiare il senso del tutto, per incastrare le sue visioni al muro di una razionalità superiore e costruire un sistema formale vincente. Una ricerca che non può esaurirsi mai, viste le innumerevoli varianti di schema e le infinite pieghe dell’universo.
Le sue tele sono apparizioni, squarci nel velo di Maya dell’esistenza. Epifanie cosmiche delle formule matematiche che stanno dietro, che giacciono sotto, che si nascondono dentro i fenomeni. Sono numeri che si manifestano sul dorso di altre tele dipinte nella tela, sono ragnatele di senso, quadrature del cerchio, architetture di angosce e di vertigini. Tutte sperimentano l’attrazione della gravità, il magnetismo di ciò che è grave a questo mondo, il fascino ammaliante del pensiero pesante, la caduta libera tra le braccia della forza di gravità, amica stretta di Newton e di Einstein.
Il linguaggio visivo di Paolo Ottar Belli – il suo tendere all’infinito lo fa “ottare”, lottare per la bellezza dell’8 – sembra parlare per paradossi, per ossimori, per enigmi di lettura non immediata. La pittura per lui è solo un mezzo, lontano da ogni ricerca di virtuosismo fine a se stesso; è lo schema e lo schermo per un gioco serio. L’artista non può abbandonarsi all’estetismo della pennellata e alla magia del colore, perché sublime è già l’ordine ulteriore che vuole evocare. Orizzonte degli eventi di questo universo. Oltre c’è il collasso gravitazionale, la morte del tempo e dello spazio, l’inconoscibilità fenomenica e noumenica.
La stringatezza di poche lettere e numeri uniti da un uguale inevitabile sottintende una complessità che vuole varcare i confini dell’aritmetica. Con l’evocazione. Perché ciò che è vero non coincide affatto con ciò che è dimostrabile. Se è vero, come disse Wittengstein, che il linguaggio non può catturare tutto quello che vi è nel mondo, e se è presumibile, come dimostrò Kurt Gödel, che la matematica non potrà mai essere tanto potente da esprimere la nozione ordinaria di verità…allora forse l’arte che sceglie il linguaggio della matematica potrebbe essere quel ponte poetico che per un attimo, intuitivamente, ci connette e ci innalza all’ulteriorità. Il cosmo è l’universo, ma anche il singolo è cosmo nella cultura greca, perché nient’altro questa parola significa che ordine, in Verità.
LA LAMBADA DELLE LAMBDA
Testo di Jean Blanchaert
Se vi lascerete trascinare dai pi greco e dalle lambda di Paolo Bottarelli vi ritroverete su un ottovolante infinito, un otto elevato alla n, che vi farà avvicinare alla percezione, alla comprensione del nostro universo, salvo lasciarvi fuggire quando la paura di vedere come stanno realmente le cose sarà troppo grande. Tuffatevi in quel buco nero, finirete in un universo parallelo senza Sant’Agostini né Maradona, dove si gioca una sorta di tennis le cui regole prevedono che la palla rimbalzi tre volte. Lasciatevi trasportare da Paolo Bottarelli nel suo serio e coraggioso viaggio verso la verità. Non so se ci arriverete, ma sarà come lanciarsi senza paracadute da un aeroplano cadendo su un immenso strato di gommapiuma. Non morirete, perché gli oli su tela di questo giovane pittore veneziano, nato e cresciuto a Salò, sono veri ma erano un gioco. Bottarelli è stato il vostro illusionista.
Coordinate mostra:
Ufficio stampa:
Irma Bianchi Comunicazione
tel +39 02 89404694 - +39 02 89400732 fax +39 02 8356467
http://www.irmabianchi.it - info@irmabianchi.it
Inaugurazione: Venerdì 1 febbraio 2008, dalle 18.30
Ex oratorio della Confraternita della Passione presso la Basilica di Sant’Ambrogio
Piazza S. Ambrogio - Milano
tutti i giorni, dalle 10 alle 12, dalle 14.30 alle 19.
Ingresso gratuito