Pizia Arte
Teramo
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Lucia Leuci
dal 2/12/2001 al 31/12/2001
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Segnalato da

Patrizia e Manuela Cucinella


approfondimenti

Lucia Leuci
Antonella Marino



 
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2/12/2001

Lucia Leuci

Pizia Arte, Teramo

Scrive Antonella Marino: "Nella folta pattuglia di "bad girls", di giovani artiste ironiche e incazzate che lavorano a ridefinire i contorni della soggettivita' femminile, Lucia Leuci si distingue per la particolarissima miscela di sfrontatezza infantile e aggressivita' nascosta, che percorre la sua ricerca su un duplice registro fotografico, visivamente contrastante. (...)


comunicato stampa

A cura di Patrizia e Manuela Cucinella

Mostra personale della giovane artista emergente pugliese Lucia Leuci.
Scrive Antonella Marino: "Nella folta pattuglia di "bad girls", di giovani artiste ironiche e incazzate che lavorano a ridefinire i contorni della soggettività femminile, Lucia Leuci si distingue per la particolarissima miscela di sfrontatezza infantile e aggressività nascosta, che percorre la sua ricerca su un duplice registro fotografico, visivamente contrastante.

Da un lato, abbiamo sequenze "seriose" di autoscatti in dissolvenza, esibizioni del proprio corpo sui tempi lunghi di un movimento frenetico e nevrotico, che sottrae la fisicità carnale e cancella i volti. Uno scandaglio quasi ossessivo, in cui la fotografia diviene un modo per riappropriarsi dello sguardo su se stessa, e comunicare un disagio e un'irrequietezza certamente personali, ma anche tipici di un malessere e di una condizione generazionale e di genere (la serie, non a caso, s'intitola "Histeria", con palesi riferimenti psicoanalitici ad una malattia per molto tempo considerata peculiare delle donne).

Dall'altro scorre in parallelo una vena più ludica, agrodolce, che attinge anche all'immaginario mediatico. La Leuci costruisce dei veri e propri set artigianali e artificiali, edulcorati da patine cromatiche neopop, caramellose e sentimentali, fortemente allusive all'universo dell'infanzia. Come una bimba che gioca a far la donna, si traveste con perle e guanti da cucina, coccola il suo orsacchiotto o mette in scena, come alter-ego, delle bambole ed altri giocattoli. Una regressione al passato, per paura di crescere? Forse, anche se il gioco si fa duro e si tinge, letteralmente, di particolari inquietanti. L'orsacchiotto è infatti trafitto da un coltello; la bambola, con passamontagna da rapina, è riversa in un lago di sangue sul selciato; il camioncino giallo giace tra simboliche uova rotte… Il glamour patinato dei colori, la levigatezza delle superfici digitali (senza però post-interventi), la familiarità leziosa delle immagini, contrastano dunque con la conflittualità, sia pur seducente, dei contenuti.

Tuttavia, in entrambi casi, il discorso di fondo è lo stesso. Allude infatti in maniera complementare ad una difficoltà di comunicazione, ad un disagio nella relazione, metaforicamente violenta, con l'altro sesso, che fanno pendant con la volontà di fuoriuscire da un ruolo femminile spesso imposto o passivamente introiettato. Sempre in bilico tra un' esigenza di intimità condivisa e il desiderio di sottrarsi, la nostra determinata ventiquattrenne offre così il suo peculiare contributo a quella "rivoluzione silenziosa" che per molte artiste della sua generazione (e per una preziosa avanguardia che le ha precedute) fa della pratica artistica uno strumento per ripensare il mondo a partire dal proprio vissuto, ed un processo di ridefinizione della propria, precaria, identità: in cui l'esperienza privata assurge, però, a più ampia dimensione esistenziale.

Pizia Arte
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