Il segno, il colore, le immagini nella luce. Le opere dell'artista appartengono alla cultura visiva del 900 e, in particolare, ad una stagione scandita dalla naturale predisposizione per il disegno. In mostra schizzi di scenografie, appunti di paesaggio, strutture architettoniche, che stabiliscono un determinante rapporto con lo spazio e con la luce.
A poco più di ventisei anni dalla scomparsa, questa postuma dedicata a Massimo
Quaglino concorre a delineare i momenti di una pittura dalle tradizionali cadenze figurative,
dall'incisivo fluire del segno che fissa una figura o un paesaggio astigiano, dalla
fresca dimensione narrativa.
La sua avventura artistica (e proprio di un'avventura si deve parlare scorrendo l'ampio
percorso biografico) appartiene alla cultura visiva del Novecento e, in particolare,
a una stagione scandita dalla naturale predisposizione
per il disegno, «alimentato - ha suggerito Stefania
Bison nel catalogo della mostra a Refrancore del
giugno 2000 - anche dalla conoscenza dei disegnatori
Giuseppe Porcheddu e Valerio Jahier».
Introdotto da Golia nel mondo dei giornali umoristici
come «Numero», Quaglino ha collaborato
alla rivista militare «La Tricea» e quella per
ragazzi «Cuor d'Oro», diretta da Francesca e
Onorato Castellino, e a il «Il Pasquino»,
mentre ha realizzato illustrazioni per la
«SEI», «Paravia» e «Viglongo», per la
pubblicità FIAT, per «La Stampa» che
ha pubblicato il reportage sulla sua
naviazione sul Po, insieme ai pittori
Bertinaria, Boccalatte, Petrella, Vellan
e al giornalista Ernesto Quadrone.
Una linea, quindi, che definisce le
immagini de «I Promessi Sposi» e
dell'«Orlando Furioso», della vita
dell'ingegner Bonadé Bottino in «Il pittore
e l'ingegnere», edito da Daniela
Piazza.
Negli anni 1937-1940, ha
soggiornato in più occasioni in Africa
decorando locali pubblici della Libia e
l'abside Cappella del Villaggio Giordani,
in prossimità di Tripoli.
E proprio una serie di pagine di grafica
sono state selezionate per questo appuntamento:
studi di nudo femminile a carboncino
e figure di contadini, vedute di
una Torino ripresa dalla Gran Madre e i
viali del Valentino.
E la sala macchine della nave «Aurora»,
il Castello e il ponte a Toledo, la Spagna
dell'Arena di Madrid e dei Picador, costituiscono
altettanti punti di riferimento
dell'attività di Quaglino e di quel suo rappresentare
una battaglia di Lanzichenecchi
o le scene mitologiche.
Volutamente il discorso si è aperto con
le opere grafiche perchè la sorprendente
libertà espressiva dell'artista di
Refrancore gli permette di guidare la
mano in una gestualità istintiva, immediata,
rapida.
E sono schizzi di scenografie, appunti
di paesaggio, strutture architettoniche,
che stabiliscono un determinante rapporto
con lo spazio e dallo spazio trae
le suggestioni della luce e di limpide
atmosfere.
E sono le atmosfere che emergono da un
dipingere che ha il fascino delle maschere
del carnevale e dei vasi con fiori secchi,
delle strade di paese e delle vedute
di Bardonecchia, delle nature morte con
oggetti quotidiani e di una marina.
Docente di Decorazione all'Accademia
Albertina di Belle Arti (dove gli è stata
allestita una retrospettiva nel 2000, promossa
dalla Regione Piemonte), invitato
alle Biennali di Venezia, presente nel
volume di Ernesto Caballo per ricordare
il poeta Guido Gozzano, Quaglino ha
eseguito decorazioni ad affresco, insieme
a Stroppa, Rosso, Bertinaria e Da
Milano, per il Teatro Nuovo di Torino.
E', il suo, un universo di armoniosi colori,
di pennellate freschissime, di ben calibrate
composizioni, che rientra in una
misurata scelta espressiva: da un interno
di abitazione del 1927 a una «Natura
morta» del 1965, dal rigore di «San
Gimignano» del 1928 e della «Porta
d'Assisi» del 1927 a «Veneziana» del
1970, sino a volti e nudi di donna risolti
con sottile emozione, a un verismo mai
scontato ma sempre percorso da una
sensibile vena di poesia.
Angelo Mistrangelo
Galleria Accademia
Via Accademia Albertina, 3 Torino
Orario: 10 - 12,30; 16 - 19,30 (lunedi e festivi chiuso)
ingresso libero