L'artista ha lavorato intorno al concetto di scrittura di luce, collegandosi alle sperimentazioni fotografiche delle avanguardie e coniugandole poi con le esperienze della grafica d'autore, per riflettere sulle possibilita' di costruire un'immagine astratta della realta'.
La mostra, è il terzo appuntamento di Disorientarsi a più voci, ciclo tematico di approfondimento, ideato dai critici Ivana D’Agostino e Loredana Rea.
Nell’arco di tempo compreso tra febbraio e giugno sei artisti – Teresa Mancini, Luisa Colella, Angela Corti, Fernando Rea, Marzia Corteggiani e Franca Marini – differenti per formazione, scelte operative, metodologie espressive e progettualità di lavoro, si confrontano sulla complessa molteplicità delle prassi creative, sulla necessità di attraversare territori diversi per poter trovare stimoli e motivazioni teoriche alle molteplicità linguistiche e metodologiche che rappresentano il tessuto vitale della contemporaneità.
L’intento critico è quello di tracciare una linea che tagli trasversalmente gli assunti, i percorsi e gli obiettivi che si vanno elaborando nei multiformi ambiti delle esperienze legate alla sperimentazione. Il collante è la frantumazione del linguaggio, che meglio riesce a materializzare le differenze, le singolarità, le inevitabili diversità di riflettere sul presente.
Teresa Mancini ha articolato questa sua personale intorno al concetto di scrittura di luce, collegandosi strettamente alle sperimentazioni fotografiche delle avanguardie e coniugandole poi con le esperienze della grafica d’autore, nell’intenzione di riflettere sulle possibilità di costruire un’immagine astratta della realtà, in cui ritrovare però l’essenza di questo nostro tempo.
La fotografia, esclusivo strumento d’espressione, è infatti considerata un’arma a doppio taglio: se la messa a fuoco permette di insinuarsi insidiosamente nella realtà è vero anche che essa tende sempre a decontestualizzarla, per schivare il pericolo di quel naturalismo insito nel meccanismo mimetico della fotografia stessa e accentuare il divario tra l’immagine e il dato da cui essa deriva. L’operazione attivata è un processo di significazione, dal momento che la realtà fotografata si trasforma in segni che richiamano un differente codice linguistico, inteso non come mezzo per arrivare alla sparizione del mondo fenomenico, alla dimenticanza della sua consistenza, dei suoi contorni, dei suoi riflessi, quanto piuttosto come strumento privilegiato per rapportarsi alla sua complessità.
Nascono così le immagini proposte per Studio Arte Fuori Centro, disorientanti eppure così indissolubilmente legate alla realtà quotidiana di una città, attanagliata dal traffico e trasfigurata dalle esposizioni luminose. Le luci psichedeliche e il movimento senza sosta si trasformano in traiettorie luminose, in misteriose scritture iridescenti che evocano immagini enigmatiche nella loro artificialità, eppure strettamente intersecate alla quotidianità e ai suoi accadimenti.
Inaugurazione Martedì 11 marzo 2008, alle ore 18
Studio Arte Fuori Centro
via Ercole Bombelli, 22 Roma
dal martedì al venerdì dalle 17 alle 20
ingresso libero