Antologica. 80 dipinti, molti di grandi dimensioni, ricostruiscono il percorso creativo, dal 1955 ad oggi, di uno dei piu' importanti pittori informali italiani. I dipinti di Ruggeri fondono quotidiani trasalimenti, sguardo e memoria della natura nell'ambiente in cui ha scelto di vivere: il piccolo, isolato borgo di Battagliotti. A cura di Sandro Parmiggiani.
a cura di Sandro Parmiggiani
80 dipinti ricostruiscono il percorso creativo, dal 1955 ad oggi, di uno dei più importanti pittori informali italiani.
Palazzo Magnani di Reggio Emilia propone, dal 16 marzo al 20 aprile, un’antologica dedicata a Piero Ruggeri, un maestro dell’Informale europeo, tra i pochi artisti italiani la cui forza espressiva può reggere il confronto con quella dei grandi protagonisti dell'action painting americana.
Curata da Sandro Parmiggiani, la mostra, organizzata dalla Provincia di Reggio Emilia, in collaborazione con la Fondazione Piero Ruggeri, con il contributo della Fondazione Pietro Manodori di Reggio Emilia, di CCPL, di Montana, di Euromobil, di Interacciai e di Grasselli SpA, presenterà 80 dipinti, molti di grandi dimensioni, che ricostruiscono il suo percorso creativo dal 1955 ad oggi (la mostra si chiude con alcuni dipinti dei primi mesi del 2008). Nonostante i vasti riconoscimenti - le numerose presenze alla Biennale di Venezia, alla Biennale di San Paolo del Brasile; l'appoggio e la stima, fin dall'esordio, di importanti critici e storici dell'arte quali Carlo Volpe, Francesco Arcangeli, Luigi Carluccio, Paolo Fossati, Roberto Tassi, ai quali se ne aggiungeranno nel tempo molti altri -, lo straordinario valore dell'opera di Piero Ruggeri non è ancora stato diffusamente acquisito.
L’iniziativa di Palazzo Magnani si pone proprio l'obiettivo di contribuire a una maggiore e più ampia conoscenza di questo grande artista, tuttora nel pieno del fervore creativo.
L'esposizione permetterà di seguire l'ininterrotto dialogo di Ruggeri con la pittura e la sua tradizione - emblematicamente testimoniato dai dipinti che recano, nel titolo, un esplicito riferimento a Tintoretto, Caravaggio, Rembrandt, Mattia Preti, Goya, Monet, esplorata nella dimensione del segno e del colore, della stesura della materia pittorica e della costante tensione a una forma, risultato di un fare pittorico apparentemente casuale e immediato. I dipinti di Ruggeri fondono sguardo e memoria della natura nell'ambiente in cui ha scelto di vivere, il piccolo, isolato borgo di Battagliotti, ai margini di un bosco, e quotidiani trasalimenti dell'anima; vi si può tuttavia sempre cogliere la vocazione internazionale dell'artista, che da subito aspira a dialogare con le esperienze più alte che negli anni Cinquanta s'andavano svolgendo in Europa e in America, da De Staël a Bacon, da De Kooning a Kline e Guston, da Wols e Dubuffet a Appel e Jorn.
Accompagna la mostra, , un catalogo Skira, con testi del curatore, di Fred Licht, di Marco Vallora e, tutti gli scritti di Roberto Tassi su Ruggeri - omaggio al grande critico e storico dell'arte, scomparso dieci anni fa - oltre a un'ampia antologia critica, che raccoglie testi apparsi sui cataloghi di mostra, sulle riviste e sui quotidiani, ad esclusione quindi delle due fondamentali monografie fino ad ora dedicate a Ruggeri.
Piero Ruggeri è nato il 27 aprile 1930 a Torino. Diplomatosi nel 1956 all'Accademia Albertina di Belle Arti, già nello stesso anno viene invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1955, nel 1957 e nel 1959 partecipa a tre edizioni di una mostra collettiva di grande rilievo, quale fu Francia-Italia, con dipinti che rapidamente s'inoltrano nell'Informale, collocandosi nel cuore più autentico dell'esperienza italiana in quel campo, imperniata sulle attività dei gruppi di artisti di Bologna, Milano e Torino. Sul finire del decennio, assimila le nuove emergenze dell'Espressionismo astratto in opere (L'uomo dal braccio d'oro e Il dottor Carion) in cui la critica subito coglie l'apertura a riferimenti internazionali. Del resto, Ruggeri è pittore "colto", non solo per sensibilità vigile e filtro del dibattito contemporaneo, ma anche per continua rivisitazione critica e per analisi del vocabolario pittorico storico - operazione che mai si è interrotta.
A ricordare questa caratteristica fondante della pittura di Ruggeri, vanno citate le presentazioni di opere quali Il martirio di San Matteo, al Premio Guggenheim di New York nel 1960, e lo Studio da Rembrandt. Nel 1962, Ruggeri fa ritorno alla Biennale di Venezia: nelle opere, i Lavati, che vi presenta, datate dal 1958 allo stesso 1962, la materia pittorica si è diradata, in un qualche modo si è stemperata e sciolta, lasciando il terreno al libero, elegante svolgimento del segno e del gesto, in dipinti di grande formato come La porta, La domanda impossibile, I guardiani della regola, Il maestro e il discepolo. È in questa fase cruciale d'indagine che Ruggeri è protagonista alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1961 e nel 1963, ed è presente alla prima grande "sistemazione" del movimento informale in Italia, curata da Maurizio Calvesi in occasione del VII Premio Modigliani a Livorno. La superficie pittorica dei dipinti realizzati dopo il 1962 mantiene la sua semplicità strutturale e segnica, ma tornano alla ribalta la materia, e i riferimenti alla natura morta e al paesaggio - proprio nello scandaglio delle forme evocate da "momenti" di natura, ben oltre il naturalismo, va ricercata l'autentica, peculiare scelta di Ruggeri. Roberto Tassi individua, nelle opere dell'artista degli anni Settanta, il "groviglio psichico, esistenziale", "la compattezza di un muro e l'articolazione di un labirinto": è la bellissima serie dei Roveti, presenti in mostra con un'intera grande sala loro dedicata - per questa serie Tassi amava ricordare una frase di Franz Kafka, tratta da Confessioni e ricordi: "il roveto è, da tempo immemorabile, l'ostacolo che ci sbarra la via. Bisogna che vada in fiamme se vuoi proseguire".
Nelle tele successive, Trasparenze, Neve e inverno, Fiamme sul paesaggio, la pasta pittorica si struttura, si frantuma in sciabolate iterate e si ricompone, danzando, in ritmi figurali. È, quella di Ruggeri, un'idea "altra" di natura, un modo lacerante di confrontarsi con la fenomenologia del paesaggio, contrapposta alle tendenze concettuali presenti nella Biennale del 1978, dove viene invitato da Luigi Carluccio a testimoniare della sua sofferta dialettica nella sezione Dalla natura all'arte, dall'arte alla natura. Quando, nel 1983, Barilli e Solmi compiono un riepilogo de L'informale in Italia, alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Ruggeri si propone come protagonista assoluto di quella stagione - opere come Omaggio a Charlie Parker e Gli amanti di notte (1957), ivi esposte, ne evidenziano l'originale, coltissima personalità di pittore per cicli e per ritorni all'insegna di nuovi approdi di ricerca. La libertà d'indagine, scevra da tentazioni di allineamento e accettazione, è ben espressa nelle Figure nel paesaggio e nella dialettica tra idillio naturale e violenza delle Tate nel bosco, cicli che Ruggeri realizza prima di dare vita, dal 1985, a dipinti monocromi, dove apparentemente regna la quiete ma dentro cui, in verità, s'agitano sommovimenti, increspature, una febbre che mai si dissolverà.
Si affermano i colori "emblematici" di Ruggeri, quelli per i quali viene immediatamente ricordato: rossi e neri percorsi da aurore boreali, da luminescenze subliminali; bruni e ocra, e bianchi accecanti. Nei primi anni Novanta la ricerca di Ruggeri lo conduce a lacerare la vibrante corazza dei monocromi: affiorano nuove istanze gestuali, che corrispondono a una rarefazione materica, svolta anche in tempere di straordinaria suggestione, mentre riemerge la figura nel paesaggio, uno dei temi costanti in tutta la sua opera. È Crispolti, nella monografia dedicata a Ruggeri, pubblicata a Torino nel 1997, a ritrovare in queste opere una nuova sensibilità per la materia pittorica, ancora più sontuosa, tormentata da gestualità, da improvvisi contrappunti tonali e da trasparenze. Il Ruggeri più attuale, scrive Crispolti, agisce da sempre "umoralmente, visceralmente", eppure, come sempre, "con un controllo intellettuale sempre vigile, che dunque incide sulle modalità stesse della sua espressività pittorica, insinuandovi conflittualmente, drammaticamente, un'istanza di costruzione di un discorso poetico [...], cioè per immagini totalmente di pittura, di pura pittura".
Catalogo Skira
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Inaugurazione: sabato 15 marzo, ore 18.30
Palazzo Magnani
Corso Giuseppe Garibaldi, 29 - Reggio Emilia
Orario: 10-13; 15-19. Lunedì chiuso
Biglietti: 5 Euro intero; 4 Euro ridotto; 2 Euro studenti