Museo delle Arti di Catanzaro - MARCA
Catanzaro
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WEB
Il Nuovo Museo
dal 28/3/2008 al 29/10/2008

Segnalato da

Enrica Steffenini




 
calendario eventi  :: 




28/3/2008

Il Nuovo Museo

Museo delle Arti di Catanzaro - MARCA, Catanzaro

Inaugura il primo Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Catanzaro e della Calabria. Per l'occasione apre una mostra dedicata a Mimmo Rotella con grandi opere su lamiera realizzate tra il 1980 e il 2004, a cura di Alberto Fiz. L'esposizione "Archeologia del presente", invece, e' a cura del direttore artistico del museo Sergio Risaliti. Paola De Pietri presenta 15 scatti con ritratti e paesaggi di Catanzaro e dintorni, Flavio Favelli due installazioni site-specific, Davide Rivalta propone diverse sculture che raffigurano animali presenti nelle tele dei paesaggisti ottocenteschi della Pinacoteca del museo.


comunicato stampa

Il 29 marzo inaugura il primo Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Catanzaro e della Calabria: il MARCA. Un progetto grande e ambizioso, voluto dalla Provincia di Catanzaro, uno di quei rari casi in Italia in cui si unisce l'intervento conservativo di un vasto patrimonio d'arte del passato con l'esigenza di apertura al contemporaneo, grazie ad esposizioni temporanee in successione.
Il nuovo museo si colloca nel cuore storico della città e occupa gli spazi di un antico palazzo recuperato e restaurato ad hoc, edificio che ospitava, sino a qualche decennio fa, un istituto per sordomuti e una tipografia.
Il palazzo si sviluppa su tre piani ed è dotato di un ampio cortile e una terrazza che si affaccia sulla città.
MARCA è un polo museale multifunzionale sviluppato su tre piani, che ambisce a confermarsi come "un museo vivo e attivo" dove possono convivere momenti artistici diversi dall'arte antica al linguaggio contemporaneo, espresso in tutte le sue forme.
Al pianterreno è stata allestita la Pinacoteca e Gipsoteca della Provincia con circa 120 opere tra dipinti e sculture, una collezione permanente che va dal XVI al XX secolo: dalla splendida tavola di Antonello de Saliba, a Battistello Caracciolo, Mattia Preti, Salvator Rosa e Andrea Sacchi. Sono inoltre conservate ed esposte un numero assai ricco di opere di Andrea Cefalì, oltre a gessi e marmi di Francesco Irace. L'esposizione delle opere è stata resa possibile grazie ad un lungo e prezioso intervento di restauro compiuto su quasi tutte le opere e reso possibile grazie alla collaborazione con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria.
Al primo piano si trova la collezione Rotella, il più celebre degli artisti catanzaresi, e in concomitanza si inaugura una mostra, a cura di Alberto Fiz, che per la prima volta presenta in uno spazio pubblico italiano le sue grandi opere su lamiera, realizzate tra il 1980 e il 2004.
Il seminterrato ospita il centro polivalente di cultura contemporanea che, in occasione dell'inaugurazione, del Marca presenta il progetto Archeologia del presente, a cura del direttore artistico del museo, Sergio Risaliti. Gli artisti invitati in questa occasione sono Paola De Pietri, Flavio Favelli e Davide Rivalta. L'intento è quello di legare il linguaggio contemporaneo al territorio e alla sua storia: Paola De Pietri, fotografa, presenta 15 scatti inediti: ritratti e paesaggi di Catanzaro e dintorni (o provincia); Flavio Favelli, autore del bar del Mambo, oltre ad aver progettato il bar del museo, situato sul piano, esibisce due installazioni site-specific; Davide Rivalta espone diverse sculture in gesso, bronzo e resina, in parte inedite, che raffigurano una capra, un asino, un'aquila, un tacchino. Gli stessi animali compaiono, trasfigurati, anche nelle tele dei paesaggisti ottocenteschi della Pinacoteca e Gipsoteca, quasi a stabilire un dialogo, un collegamento tra le opere dello stesso museo, anche se di epoche diverse, oltre che con il paesaggio locale.
Il seminterrato verrà anche utilizzato per ospitare mostre temporanee e eventi culturali di altro genere, in collaborazione con istituzioni locali, come L'Accademia di Belle Arti di Catanzaro.
Biglietteria e bookshop sono previsti al pianterreno; un altro spazio che potrà contenere installazioni e ospitare manifestazioni è il cortile interno.
Per la definizione del percorso museologico e per la razionalizzazione degli spazi che l'edificio presenta la Provincia di Catanzaro si è avvalsa dell'intervento di Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo.

L'inaugurazione sarà accompagnata dalla pubblicazione da parte di Electa di tre volumi volti ad illustrare i tre piani del museo: Pinacoteca/Gipsoteca e centro polivalente a cura di Sergio Risaliti; primo piano con mostra di Rotella a cura di Alberto Fiz.
L'operazione MARCA rappresenta un'altra scommessa importante per la Provincia di Catanzaro, che già con successo conduce l'ormai accreditata manifestazione estiva Intersezioni al Parco Archeologico di Scolacium che coniuga e fa dialogare l'arte contemporanea con la cultura stratificata del luogo e con il paesaggio naturale del parco.

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Dal 29 marzo al 28 settembre 2008

Archeologia del presente
Paola De Pietri, Flavio Favelli, Davide Rivalta

A cura di Sergio Risaliti

Una collezione agisce come medium cognitivo ed emozionale e libera informazioni di varia natura e modelli linguistici o culturali utili allo spettatore nella vita di ogni giorno. E poi l’esperienza dell’arte fungerà per lui da stimolo per meglio interpretare la distanza o la vicinanza con il passato: evidenziando poi con messaggi perturbatori, e per questo salutari, la perdita o scomparsa di valori, significati, simboli, la mutazione di stili di vita e comportamenti sociali, la trasformazione (a volte drammatica) di luoghi e tratti del paesaggio urbano o di quello naturale. In questo senso deve essere letto e interpretato il primo progetto interno alla programmazione di MARCA, qui inteso e fatto funzionare sia come museo e collezione sia come centro di produzione di arte contemporanea. Con Archeologia del presente – è questo il titolo del progetto realizzato per l’inaugurazione di MARCA – si è voluto creare un dialogo e un corto circuito tra l’arte attuale, la sensibilità presente e la ricerca di oggi, con quanto di permanente e storicamente consolidato si trova esposto nel museo stesso. Si badi bene che i progetti di Paola De Pietri, Flavio Favelli, Davide Rivalta sono tutti interventi site specific: ovvero opere pensate, progettate ed eseguite sul posto, per questo contesto. Tutto nasce immaginando una geometria di riferimenti e suggestioni fluida e decentrata che comprende l’interno del museo (le collezioni e i servizi, le opere della Pinacoteca e Gipsoteca e le funzioni a servizio del pubblico – in specifico il nuovo bar-spazio ristoro) ma anche l’esterno, la città e il territorio complesso della provincia, un contesto demo-etnoantropologico che si estende tra la costa e le catene montuose dell’Appennino calabrese.

Flavio Favelli è uno scultore che costruisce o ricostruisce luoghi pubblici: nel senso però che restituisce alle persone luoghi che prima di essere nella realtà sono incubati nelle pieghe della memoria. Partendo da qui, da questo mondo virtuale del rimosso, a poca distanza dall’oblio, egli ritrova (come Proust) qualcosa del nostro passato: un universo familiare e condiviso che comunque ci appartiene ancora, nella doppia dimensione di memoria e di desiderio, tra il feticcio e il reperto. Egli ha la forza di voltarsi indietro, non per un desiderio di nostalgia anacronistica nei confronti di una tradizione passata. Come scrive Benjamin il suo desiderio (magari malinconico) è quello di ricomporre l’infranto, cioè i pezzi frammentari della nostra storia, una storia che è fatta non solo di memorie e di affetti, ma anche di cose, di oggetti, di architetture e di design.

Anche Davide Rivalta si azzarda a entrare in un territorio che solo apparentemente può apparire anacronistico. E pur evidenziando formalmente e con la scelta programmatica del genere e del soggetto un suo legame con la tradizione e il linguaggio classico dell’arte – uno è il figurativo e l’agreste, nell’altro caso si tratta di animali e nature morte, ovvero paesaggi arcadici e landscape naturalistici –, la sua opera è del tutto figlia della nostra epoca. Quella di Rivalta è infatti un’opera che incorpora il linguaggio plastico moderno di Fontana e quello dell’Arte povera, così come il gesto informale e quello performativo; ma poi di questo nostro tempo senza centralità assume il progetto centrifugo tipico di molti artisti che attraverso l’arte vogliono conoscere il mondo di fuori e con esso l’altro, il diverso, sfidando categorie e ideologie, il progresso e la tecnologia, l’idea di evoluzione meccanicistica e consumistica. Rivalta cerca gli animali ma in definitiva cerca il loro ambiente, e la scultura vive soprattutto dal momento in cui – almeno dal punto di vista dell’arte – è restituito allo spettatore qualcosa di originario e fondativo. Un’esperienza che qui è quella della natura (vista dalla parte dell’altro). Ancora una volta la natura, dunque, ma come desiderio di un diverso umanesimo. Un umanesimo uscito dall’orbita del moderno e del postmoderno. Rivalta restituisce a tutti noi un mondo quasi perduto in cui la relazione tra soggetto e oggetto è possibile a partire dal ribaltamento delle logiche di interpretazione e della prospettiva con cui ci impossessiamo del mondo. Siamo noi gli altri, i diversi: siamo noi a essere guardati. Quasi intrusi o marziani nella natura. E questa stessa sensazione ci accompagna anche nel mondo delle opere, nell’universo dell’arte. Sono le forme, le materie, le decisioni formali che ci interrogano.

Anche Paola De Pietri cerca l’altro e il diverso: prima di tutto cerca un tempo diverso. Per lei fotografare significa darsi la possibilità di rallentare il battito del tempo, il fluire delle visioni, l’impressione della realtà stessa. Questo rallentamento apre inedite esperienze: lascia varchi all’altro, all’inatteso. È ancora l’epifania, cioè il manifestarsi di un diverso tempo dell’esserci. Un esserci che sembra connotarsi immediatamente di un’aura speciale, come direbbe Walter Benjamin. Osservando il mondo con questo tempo (la famosa durata di cui parlano sia Merleau-Ponty sia Roland Barthes) è come se le cose potessero ancora situarsi in una magica e sorprendente distanza, un’insopprimibile distanza che le rende anche icone. E come icone, le cose di Paola De Pietri, appaiono ritratte con ferma attenzione per il dettaglio e la veridicità, eppure si sostanziano di una indimenticabile ma significativa figuratività metafisica. Sono forme del figurale piuttosto che riproduzioni figurative. Allora le cose, i paesaggi o le persone che abbiamo di fronte sono più vere del vero, sono esattamente dove ha inizio e corso la loro autenticità, la loro fondazione ontologica. Nominarle significa vederle e incontrarle non nel nostro universo di controllo ma in una zona franca, spostata piuttosto verso l’al di là che di qua, laddove è il fondamento originario, quel loro essere nonostante noi. In uno spazio ma ancor più in un tempo che è quello originale del loro venire al mondo. Anche Paola De Pietri, allora, parte dall’arte per andare verso il mondo, per restituire, attraverso la bellezza e la verità, un’occasione di conoscenza precedente o estraniante. Il nome delle cose, questo è il progetto di Paola De Pietri è un omaggio a questa terra e anche un lavoro sui fondamenti del linguaggio visivo, anzi sul linguaggio stesso in un’estensione concettuale e formale che abbraccia le osservazioni logico-metafisiche di Wittgenstein, quelle fenomenologiche di Merleau-Ponty, e quelle socio-politiche di Michel Foucault.

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Dal 29 marzo al 30 ottobre 2008

Mimmo Rotella
Lamiere

A cura di Alberto Fiz

L’inaugurazione del MARCA, il Museo delle Arti Catanzaro, coincide con un omaggio al più celebre degli artisti catanzaresi, Mimmo Rotella scomparso nel 2006 all’età di 88 anni.
Per la prima volta, in uno spazio pubblico italiano, viene presentata una mostra esclusivamente dedicata alle opere su lamiera.

L’esposizione, curata da Alberto Fiz, organizzata in collaborazione con la Fondazione Mimmo Rotella, propone una serie di grandi opere realizzate tra il 1980 e il 2004.
Il maestro del décollage, attraverso questa serie di lavori, ha avuto la capacità di rinnovare radicalmente il suo linguaggio.

Come ha scritto Fiz nel catalogo edito da Electa “l’artista, giunto all’età di settant’anni, rimette indietro le lancette dell’orologio ed è nuovamente pronto a stupirsi, come se quei fogli di metallo sottili su cui sono attaccati i manifesti non fossero altro che gli appunti di un diario segreto ancora tutto da scoprire”.
Non c’è più lo slancio ideologico degli esordi, ma la medesima volontà d’interpretare i crepitii della materia, le lacerazioni anonime della strada, i trascinamenti segnici, le impronte stratificate e contingenti. Tutto questo in perfetta sintonia con quanto aveva affermato Rotella nel 1957: “Non potrei sopportare di essere schiavo di un’arte prevedibile e scontata. La mia ricerca si affida non all’estetica, ma all’imprevisto, agli stessi umori della materia. E’ come una tromba, un tamburo, un sassofono che suonino da soli. Io sostengo la tromba, il tamburo, il sassofono”.

In tal senso, le opere su lamiera rappresentano un ciclo a se stante dove il supporto entra direttamente in causa partecipando al rinnovamento linguistico. A Catanzaro, dove Rotella era nato nel 1918, sono esposte alcune opere fondamentali come Senza titolo del 1981, un blank, ovvero una copertura monocroma di sei metri di lunghezza o La lezione di anatomia del 1987 dove i messaggi della strada caratterizzano una composizione fortemente trasgressiva ponendo Rotella in diretta relazione con Robert Ruaschenberg e Jean-Michel Basquiat.

Ma al Marca non mancano nemmeno gli omaggi ai maestri del futurismo come dimostra Formula 1 del 1988 o a Giorgio De Chirico con un manichino visto di spalle catapultato dalle Piazze metafisiche al contesto urbano. L’universo rotelliano, poliedrico e multidirezionale, spazia da San Sebastiano alle immagini del circo, da Elton John allo spettacolo sul ghiaccio Holiday on Ice.
Rotella non si limita a strappare i manifesti dai muri, come faceva negli anni cinquanta, ma s’impadronisce fisicamente e psicologicamente del contesto urbano, inteso esso stesso come spazio su cui interagire con il proprio gesto.
Insieme ai manifesti, si appropria delle scritte sui muri, di ogni forma di segnale o d’impronta più o meno casuale estendendo la dimensione spaziale ben oltre il décollage tradizionale in base ad una costruzione dove le traccia della pittura e quelle del manifesto stampato creano una parcellizzazione degli elementi compositivi. In questo senso, appare emblematica un’opera come Virus del 1987 dove l’artista si rifà esplicitamente ad un messaggio dei writers scritto con rabbia sui muri.
Insomma, nell’ambito di un’estetica globale, l’artista concepisce la sua operazione in termini di architettura ambientale.

Che si tratti di una nuova virata nel percorso, lo sottolineava con chiarezza nel 1987 Pierre Restany, il teorico del Nuoveau Réalisme il movimento a cui Rotella partecipa come unico artista italiano: “Dopo tante versioni dello strappo e tante interpretazioni della fenomenologia lacerante, Mimmo Rotella ci propone oggi un nuovo concetto operativo di intervento fisico sul manifesto strappato. Sulle lamiere metalliche destinate all’affissione pubblicitaria in città e ricoperti di frammenti di carta - avanzi della memoria dei messaggi tipografici anteriori - l’intervento grafico di Rotella segna il marchio vitale del discorso urbano. I graffiti rotelliani si presentano come una calligrafia mimetica del discorso anonimo della città”.
Le lamiere, insomma, rappresentano il mezzo più idoneo per riconquistare nuovi spazi in una fase di profondi cambiamenti. Gli anni ottanta segnano il ritorno alla pittura intesa come recupero di un’identità storica soggettiva dove il segno, nella sua persistenza, decreta l’annullamento del tempo storico in base ad un orizzontalità linguistica. “Nel caso di Rotella”, afferma Alberto Fiz, “le lamiere rappresentano il luogo dove i manifesti squarciati convivono con le interferenze di una pittura sovraesposta e rapsodica, apparentemente casuale e anonima, nata dal desiderio di mimetizzarsi con le infinite stratificazioni del metallo che assorbe, nelle pieghe, ogni forma di tracciato”.
Sovrapitture e décollage raggiungono la loro sintesi espressiva compiuta nel contesto dialettico delle lamiere dove i differenti elementi creano un ritmo sincopato, obliquo e provocatorio. Sono scoppi imprevisti della materia, segnali devianti in un contesto disarticolato dove lettere e parole sono incise sulla superficie indelebile. La lamiera, del resto, nella sua discontinuità e nel suo ritmo accidentato, appare come il ricettacolo di ogni forma di scrittura, di ogni intreccio multisensoriale. Nell’ultimo capitolo di quell’immenso romanzo sulla strada iniziato nel 1953, Rotella ipotizza il deragliamento finale del segno sfidando con le sue lamiere la società globalizzata.

Il museo MARCA dedicherà a Rotella uno spazio permanente a cura di Alberto Fiz dove si svilupperà un programma di mostre e d’iniziative culturali destinate a valorizzare e ad approfondire l’indagine dell’artista calabrese.


Immagine: Flavio Favelli

Ufficio Stampa
Studio ESSECI, Sergio Campagnolo, Padova tel. 049.663499 info@studioesseci.net

Ufficio Stampa ELECTA, Enrica Steffenini, tel. 02 21563433 elestamp@mondadori.it

Conferenza stampa: Sabato 29 marzo ore 16.30
Inaugurazione ore 19,30
Seguirà cocktail

Museo delle Arti Catanzaro - MARCA
Via Alessandro Turco Catanzaro

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Alberto Biasi
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