La mostra ripercorre la vicenda umana e artistica delle principali primedonne del melodramma, dal primo 800, il tempo di Maria Malibran, fino all'immediato secondo dopoguerra, quando la struggente parabola di Maria Callas sembra sancire simbolicamente la fine di un'epoca. I costumi, i gioielli, le fotografie e i documenti delle artiste accompagnati dai brani di cui furono interpreti.
Curata da Luigi Allegri e Vittoria Crespi Morbio - rispettivamente docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo presso l’Università di Parma e conservatrice dell’archivio di scenografia del Teatro alla Scala di Milano -, la mostra ripercorre la vicenda umana e artistica delle principali dive del melodramma, dal primo Ottocento, ovvero dal tempo di Maria Malibran, fino all’immediato secondo dopoguerra, quando la struggente parabola di Maria Callas sembra sancire simbolicamente la fine di un’epoca, ponendosi quasi come il canto del cigno di un divismo operistico ormai calante e definitivamente ridimensionato.
Le più celebri Primedonne del teatro d’opera otto-novecentesco sono le protagoniste della rassegna. Cantanti soavi e allo stesso tempo potenti, ora dolci, ora aggressive, seppero essere contemporaneamente artiste straordinarie, donne indicibilmente fascinose e soprattutto – quasi per miracolosa sintesi tra la vita e l’arte – autentiche dive, autentici miti.
Primedonne celeberrime e idolatrate, che non solo hanno segnato la storia della lirica, ma hanno dato un’impronta alla moda, al gusto, all’immagine femminile di intere epoche.
Accanto alla dote principale, la straordinaria vocalità, è stata decisiva la costruzione a tavolino di una personalità e di un racconto, entrambi frutto di una oculata politica di scelte mitizzanti.
La mostra rende omaggio alle grandi artiste e cerca di scoprire i meccanismi attraverso i quali è andato costruendosi nel corso dei decenni il divismo femminile nel campo della lirica.
Il viaggio attraverso i costumi, i gioielli, le fotografie e i documenti delle Primedonne (costantemente accompagnati dai brani di cui furono mirabili interpreti) è lo spunto per approfondire un nodo critico di grande importanza e talora sottovalutato: la questione dell’opera lirica come macchina produttrice di divismo.
La rassegna propone due chiavi di lettura. Da un lato si concentra sulla dimensione storica, la cui conoscenza è da divulgare quanto più possibile perché spesso confinata nei ristretti ambiti degli specialisti e dei melomani. Dall’altro focalizza il fenomeno del divismo operistico, i cui caratteri sono utili anche per decodificare quei sistemi di segni che stanno alla base di ogni forma divistica, comprese quelle odierne.
Le dive
Giuditta Pasta (1797-1865) ispira Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini: le eroine di Anna Bolena, Norma, Sonnambula e Beatrice di Tenda sono modellate sullo stampo della sua celebre voce.
Maria Malibran (1808-1836) viene scoperta da Lorenzo Da Ponte, già librettista di Mozart e intraprendente impresario. Adolescente, è acclamata dal pubblico americano in uno dei primi tour dell’epoca. Giovanissima, muore a seguito di una caduta da cavallo: ha ventotto anni e i funerali saranno solenni.
Adelina Patti (1843-1919) consola Abramo Lincoln che, colpito dal lutto per la morte del figlio, l’ascolta cantare, si commuove e le chiede un bis.
Nellie Melba (1861-1931) suscita scandalo per l’affaire amoroso con Filippo duca d’Orléans. Il suo volto viene stampato sul biglietti da cento dollari australiani; la sua voce è impressa nella prima trasmissione radiofonica di Guglielmo Marconi (1920), e il suo nome s’accompagna al “toast Melba” e alla “pesca Melba” del celeberrimo chef George Auguste Escoffier.
Rosina Storchio (1874-1945) interpreta per Puccini la prima Butterfly (1904): alla Scala la veste le si gonfia e il pubblico sussurra: “Madame Butterfly è incinta... di Toscanini”.
Geraldine Farrar (1882-1967), diva del Metropolitan di New York, avvenente attrice che lavorò anche nel cinema, è l’altra celebre infelice compagna del direttore parmense.
Mary Garden (1874-1967), diva di teatro e cinema, è definita “la Sarah Bernhardt dell’opera”.
Lina Cavalieri (1875-1944), ex fioraia e piegatrice di giornali, ha un portamento da regina: Gabriele D’Annunzio le dedica una copia del romanzo Il piacere (1899), definendola “la massima testimonianza di Venere in Terra”. Farà scalpore il bacio appassionato al quale s’abbandona Enrico Caruso al termine del duetto d’amore di Fedora di Giordano: da allora in America verrà chiamata the Kissing Primadonna.
Maria Jeritza (1887-1982) entra all’Opera di Vienna per volontà dell’Imperatore Francesco Giuseppe; ne diventerà la stella indiscussa.
Tra le dive della prima metà del Novecento si contano i nomi di Rosa Ponselle (1897-1981), Claudia Muzio (1889-1936), Toti Dal Monte (1893-1948), le bresciane Bianca Scacciati Poli (1894-1948) e Giuseppina Cobelli (1898-1948), Mafalda Favero (1903-1981), Margherita Carosio (1908-205), Gina Cigna (1900-2001), Renata Tebaldi (1922-2004).
La mostra si chiude con un omaggio a Maria Callas (1923-1977). L’ultima grande diva si spegneva trent’anni fa a Parigi, circondata da un’aura di mito.
L’allestimento
Elemento determinante della mostra è l’allestimento. Curato da Domenico Franchi, scenografo bresciano attivo al Teatro alla Scala e nei maggiori teatri d’opera europei e docente di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia, con la collaborazione degli studenti della Scuola di Scenografia, l’allestimento moltiplica la suggestione dei materiali presentati e aggiunge senso all’esposizione, suggerendo una serie di sottili sensazioni che sfuggono a qualunque tentativo di descrizione verbale.
Una sorta di galleria dei ricordi che contribuisce a trasmettere e visualizzare l’inevitabile distanza che ci separa ormai dal mondo fatato delle dive.
I pezzi esposti sono presentati al visitatore incastonati tra una serie di filtri impalpabili costituiti da veli leggerissimi, utilizzati per la capacità tipicamente teatrale di separare l’oggetto dalla sua concretezza materica, per mostrarlo piuttosto come segno di un’atmosfera, di un gusto e di un’epoca.
Attraverso spettacolari fondali scenografici il visitatore può viaggiare nel tempo, muovendosi tra le atmosfere neoclassiche del primo Ottocento e quelle romantiche dei decenni successivi, passando tra il medioevo gotico e l’Egitto di Aida, assaporando le suggestioni liberty-déco di inizio Novecento e la potenza visiva degli allestimenti del secondo dopoguerra.
Determinante la dimensione sonora. Curata dal regista Ignacio García - considerato l’enfant prodige del teatro lirico spagnolo e docente di Regia presso l’Accademia SantaGiulia di Brescia - la sonorizzazione alterna celebri brani di grande potenza drammatica, scelti prevalentemente tra le incisioni originali delle dive, e suggestioni più delicate ma non meno decisive, costituite da fusioni e sovrapposizioni di applausi, prove d’orchestra, brani strumentali e assoli vocali che si udranno in leggero sottofondo.
La particolarità acustica soddisfa due esigenze. Da un lato, quella di sintetizzare con pochi brani esemplari la personalità artistica di una Primadonna, la magia di un particolare teatro, i diversi contesti storici e culturali in cui le varie dive vissero ed operarono; dall’altro, quello di facilitare la visione della mostra, proponendo ritmi e chiavi di lettura diversi di sala in sala, consentendo al visitatore una sorta di osmotica penetrazione nell’atmosfera della rassegna, suggerendo interpretazioni o creando una sorta di leggero spaesamento che intende far riflettere e trasmettere sensazioni.
Il percorso
Nella prima sala, che introduce l’intera mostra, è ricreata l’atmosfera di spasmodica attesa che circonda la prima di una stagione lirica. Come all’interno di un piccolo foyer di teatro, eleganti affiches ispirati a modelli ottocenteschi della Scala e una delicata confusione di applausi, sommesso brusio e accordi di prova intonati dai vari strumenti si pone l’obiettivo di calare immediatamente lo spettatore nell’affascinante clima del teatro d’opera. In seguito, si entra nel vivo della rievocazione delle grandi dive, seguendo la scansione cronologica della loro comparsa sulle scene.
Le testimonianze relative alle grandi Primedonne del XIX secolo – Maria Malibran e Giuditta Pasta, Adelina Patti e Nellie Melba – sono accompagnate nella seconda sala da eleganti atmosfere neoclassiche, la cui resa è affidata a fondali scenografici sobri e lineari. Accanto alle stampe d’epoca (elegantissime quelle che ritraggono Maria Malibran, donna di straordinaria bellezza) sono qui esposti i raffinati gioielli di scena delle dive, disposti in maniera apparentemente casuale, come fossero appena stati lasciati su un ripiano del camerino in attesa di essere indossati.
Le dive del primo Novecento sono incorniciate da suggestioni romantiche con scenografie più scopertamente pittoriche, di sapore malinconico e sublime. Una mastodontica architettura egizia accompagna nel clima dell’Aida, altri due grandiosi fondali conducono rispettivamente in un esotico paesaggio indiano e in un caotico studio d’artista.
Cromie seppia, ispirate a quelle carte leggermente virate che hanno segnato gli albori della fotografia, accompagnano le eleganti immagini di Eugenia Burzio e di Rosina Storchio, di Geraldine Farrar e di Mary Garden, di Maria Jeritza e di Rosa Ponselle, così come quelle più maliziose e provocanti della splendida Lina Cavalieri, grande musa ispiratrice di Giovanni Boldini.
I preziosi abiti e gioielli di scena di Claudia Muzio, Toti dal Monte, Mafalda Favero e delle bresciane Giuseppina Cobelli e Bianca Scacciati trovano spazio in una ambientazione art déco segnata da particolarissimi tagli di luce che penetrano la suggestiva oscurità tipica del teatro.
Nelle salette che precedono il piano nobile del Palazzo sono esposti tre sontuosi costumi indossati da Margherita Carosio e Gina Cigna - un vaporoso abito di tulle blu punteggiato da camelie per la Traviata, l’elaborata tunica di sapore orientale di Turandot, il raffinato modello impreziosito da gemme e completato da un copricapo piumato per Il Gallo d’oro - esaltati da una suggestiva illuminazione dal basso che rimanda alle classiche “luci della ribalta”.
Il piano nobile del Palazzo è dedicato a Maria Callas e Renata Tebaidi, le due grandi protagoniste del melodramma postbellico, le cui opposte personalità sono sottolineate attraverso l’allestimento.
Renata Tebaldi gode di un’ambientazione rarefatta di straordinaria eleganza, creata con il preciso intento di tradurre visivamente quella particolare raffinatezza che la critica musicale le ha riconosciuto. Oltre ai costumi, una ricca galleria fotografica documenta i momenti salienti della sua carriera.
Maria Callas è ricordata con una scenografia altamente spettacolare, tesa ad evidenziare l’impareggiabile impatto emotivo con cui la divina per eccellenza seppe sempre colpire il proprio pubblico. Dieci splendidi costumi delle sue più grandi interpretazioni, da Turandot a Traviata, a Lucia di Lammermoor sono abbinati alle parure di collane, orecchini e preziosi diademi.
Ultima grande diva dell’opera lirica, la diva tra le dive è colei che più ha pagato la pressione imposta dai nuovi media ormai saliti alla ribalta: media che l’hanno consacrata mito intramontabile, ma anche mortificata sotto molti punti di vista.
Il percorso si conclude ai primi anni della sua carriera, quegli anni in cui la sua fama era ancora veicolata dalla grande vocalità e dalla straordinaria presenza scenica, ben più che da quel “mondo fuori dal palcoscenico” che ne fece un personaggio, e al cui implacabile urto non seppe resistere.
Le iniziative collaterali
Speciali visite guidate, approfondimenti e laboratori sono dedicati agli studenti delle scuole elementari e medie per far scoprire ai giovanissimi le principali caratteristiche dell’espressività teatrale a livello interpretativo, gestuale e vocale, con particolare attenzione per tecniche e atteggiamenti capaci di aiutare una diva a coltivare il proprio mito.
In programma inediti racconti drammatizzati: “dietro le quinte” si incontrano personaggi d’altri tempi vissuti a contatto delle dive e le raccontano tra finzione e realtà.
Incontri a tema e di approfondimento sui molteplici aspetti del divismo con studiosi ed esperti completano l’evento in scena a Palazzo Martinengo.
Palazzo Martinengo - Via Musei 30 - 25121 Brescia
Orario di apertura
da martedì a domenica, 9-12 / 15-19
lunedì chiuso
Ingresso 5 €
Ridotto 3 €
Visite guidate gratuite tutti i giorni ore 17:30
prenotazioni tel. 030.2807934
Laboratori teatrali per le scuole
1. A scuola di teatro
2. Dietro le quinte