Velan - Centro d'Arte Contemporanea (sede1)
Torino
via Modena, 52
011 280406 FAX 011 280406
WEB
Pietro Finelli
dal 9/4/2008 al 8/5/2008
martedi-venerdi 16 - 19

Segnalato da

VELAN centro d'arte contemporanea



approfondimenti

Pietro Finelli
Alan Jones



 
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9/4/2008

Pietro Finelli

Velan - Centro d'Arte Contemporanea (sede1), Torino

Calpestare. Una mostra basata su un gioco ad incastro e rimandi visivi fra le opere e la loro rappresentazione nello spazio. Ad accrescerne la polisemia semantica l'artista ha posto in un angolo della galleria un diffusore che trasmette la voce di James Joyce che legge brani dal suo Ulysses.


comunicato stampa

A cura di Alan Jones

La galleria Velan è lieta di presentare Calpestare, personale di Pietro Finelli. Il lavoro rigoroso che sostiene le immagini di Finelli resiste sia alla minaccia narrativa che finisce per trasformare il tempo delle opere in cose cristallizzate, sia alla proliferazione illimitata in cui alla fine tutto tende a distruggere la differenza tra ciò che chiamiamo arte e il mondo delle semplici cose.

“Ho pensato al titolo della mostra, mentre uscivo dalla porta scorrevole della metropolitana. Quasi una piccola illuminazione, scaturita da un gesto inconsapevole quale quello d’essermi impigliato in alcuni fogli di giornale, abbandonati sul pavimento del convoglio. Più precisamente mi sono divincolato dai fogli lasciati a terra, calpestandoli per tenerli a bada di modo che non m’intralciassero l’uscita. Questa parola, calpestare, mi ha fatto pensare al calpestio dei piedi sulla terra o quello dei passi sulle vie delle città, un calpestare per muoversi alla scoperta di nuovi luoghi, nuove storie, nuovi stati mentali”.

Il calpestare produce il calpestio, rumore prodotto dal passaggio di molte persone. E’ un processo che si dipana dal singolo (artista) a tanti (artisti, storia dell’arte). E’ come se Finelli volesse «calpestare» come atto di violenza, per poter andare oltre. Quest’ oltre non avviene mai in maniera indolore, perché si produce attraverso un atto di violenza. Si potrebbe affermare che la conoscenza affinché sia un oltre, un oltrepassare, dimori anche in un atto di distruzione. Non è detto che quest’atto di violenza si compie solo su gli altri, può avvenire anche su di sé, su colui che calpésta per andare oltre. Può essere anche una violenza «dolce» che si esplica sul corpo dei linguaggi.

Il calpestare riconduce anche a calcare. Calcare le orme dei maestri che si sono scelti, per seguirne l’esempio. Oppure calcare la mano, quale segno d’intransigenza, di rigore. Oppure ancora calcare i bordi di un disegno, passando una punta sui contorni in modo che questi s’imprimano su un foglio sottostante tramite un foglio di carta da ricalco.

In Finelli la scelta di un titolo o una frase presenta sempre aspetti complementari e non è casuale. Come nel lavoro Agesilaus Santander, un olio e gesso su tela presente in mostra, che è il riferimento al nome magico di Benjamin, legame inscindibile di energie vitali angeliche e demoniche. Guido Cavalcanti e i segni è la seconda opera presente in mostra. Per continuare su questo binario polisemico, così fondante nell’opera di Finelli, osserviamo la «composizione» di quest’opera. Una linea geometrica di colore nero tracciata sulla parete, sembra la sezione di una casa con le sue scale e solai. Al suo interno ci sono 5 quadri di eguale dimensione. Quattro di questi quadri si presentano come «astratti». Il quinto è di tipo «figurale».Ci rendiamo conto di come queste categorie sono insufficienti ad indicare un lavoro come quello di Finelli, in cui la compresenza d’entrambi i registri, mina la definizione degli stessi concetti che lo designano. Anche il segno nero tracciato sulla parete, perde i contorni figurali di rimando ad un’immagine per noi familiare, trasformandosi in un telos che attraversa le tele stesse per comprimerle ed esaltarle. Diventando, alla fine, segno fra i segni.

Le altre due opere in mostra, Factory with shelds, e, Light in the night, sviluppano e confermano l’impianto concettuale delle altre opere, con un gioco ad incastro e rimandi visivi, fra le opere in sé e la loro rappresentazione nello spazio della galleria.

Ad accrescere la polisemia semantica di questa mostra, Finelli ha posto in un angolo della galleria un diffusore che ci trasmette la voce di James Joyce che legge brani dal suo Ulysses (Eolian Episode) registrato a Parigi nel 1924, e di Finnegans Wake (Anna Livia Plurabelle) registrato a Cambridge nel 1929. E’ una voce proveniente dal fondo dello “stream-of-the-subconscious”, che Joyce stesso conia, in opposizione a quanti già allora parlavano di “stream-of-the-consciousness”. Per ricordarci come le classificazioni nel caso di alcuni artisti e di Finelli in particolare, non riescono a spiegare il significato e la complessità dell’opera.

Inaugurazione 10 aprile ore 19

Velan Centro D'Arte Contemporanea
Via Modena 52, Torino
Orario: da martedi a venerdi 16 - 19, sabato e lunedi su appuntamento
Ingresso libero

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