Poema Disumano. Un'opera complessa: poema lineare, poema sonoro, poema grafico e, allo stesso tempo, installazione acustico-visiva. Hanno collaborato alla realizzazione Ugo Pierri, Lorenzo Castellarin, Gianmari Nerli.
Il poema disumano di Luigi Nacci è un'opera complessa: poema lineare, poema sonoro, poema grafico e, allo stesso tempo, installazione acustico-visiva. Hanno collaborato alla realizzazione Ugo Pierri (disegni), Lorenzo Castellarin (musiche e effetti fonici), Gianmari Nerli (progettazione dell'installazione), nonché diverse altre persone coinvolte nella dicitura (tra cui anche il noto poeta statunitense Jack Hirschman).
E' stata allestita per la prima volta presso la Galleria Michelangelo di Roma, nel giugno 2006. La stessa galleria ha pubblicato il catalogo (con CD) per la cura di Gianmaria Nerli (esiste inoltre una versione lineare del poema - leggermente differente - edita da Flavio Ermini nella collana ''Opera prima'' di Cierre Grafica sempre nel giugno 2006).
«Il poema disumano è un’installazione-proiezione acustico-(visiva), che unisce voce, suono, scrittura-lettura, immagini, musica. Nata come poesia, o meglio come fusione della scrittura poetica con l’emanazione del proprio suono (la voce delle proprie parole trasformata e dis-integrata in suono), ha il grande merito di non sacrificare all’interazione le specificità dei suoi diversi linguaggi. La scrittura resta scrittura, il suono resta suono, la musica musica, le immagini immagini. Niente è annullato nell’indistinzione sensoriale, ma al contrario tutto viene montato e fatto significare: alla compattezza dell’amalgama percettivo si sostituiscono l’attrito e l’incontro tra ambiti di senso distinti e multiformi [...] Ecco, l’installazione di Luigi Nacci punta, se non ad abbattere la porta, almeno a ricostruirne i confini, a ridefinire la soglia al di là della quale vivono un soggetto e forse un senso diverso. Quella soglia che prende la consistenza organica di una membrana che vibra, e si scioglie nell’ascolto. E ascoltando, questo è l’ottimismo disumano del poema, lo spettatore dà forma sensibile, volto, consistenza alla nuova antropologia che siamo diventati, ridefinisce il confine, lo spazio, la dimensione della tragedia umana. Ascoltando rimette in moto il percorso dell’arte e della sua possibilità di significare: perché se l’arte significa, significa anche l’uomo» (dalla prefazione di Gianmaria Nerli).
«E a questo punto arriva il poema disumano di Luigi Nacci, e meno male che arriva. Spira aria nuova nelle stanze del poema. Perché di un regolarissimo poema costituito di stanze, ottave, di endecasillabi si tratta. Un poema assolutamente unitario, classicamente unitario, senza stravolgimenti grammaticali o sintattici (espediente che fino ad ora era parso quasi consustanziale alla contemporaneità), rispettoso delle regole di reiterazione fonica di cui i maestri linguisti e semiologi ci hanno insegnato costituirsi lo ‘specifico poetico’, eufonico nel dettato, regolare con quella clausola in quartina, insomma un poema in ottave con tanto di attanti epici. Insomma, la partitura testuale del poema disumano non fa una grinza.
È buona poesia, di ottima fattura, matura nella tenuta linguistica e metrica, un ottimo esordio [...]. Ma Nacci, e qui sta la profonda innovazione, ha curato in maniera assolutamente originale e performativamente geniale, non solo il testo ma anche la “regia” del poema. “Regia”: adesso sappiamo che il testo è una partitura teatrale oltre che poetica [...]. L’autore-regista non interpreta letteralmente il testo dell’autore-poeta, lo riscrive vocalmente trasformandolo in opera di poesia performativa vera e propria, indipendente, anzi in conflagrazione evidente, con il ‘messaggio’ letterario» (dalla postfazione di Rosaria Lo Russo).
Inaugurazione: lunedì 21 aprile ore 18.00
SpazioStudio
Via Lomazzo, 13 (cortile del VecchioFico) 20154 Milano
orari: dalle 17.00 alle 19.00, altri orari su appuntamento, festivi chiuso
Ingresso libero