L'invasione degli ultra-colori, o gli infiniti mondi possibili. In mostra una ventina di opere, datate dalla seconda meta' degli anni '40 al 1990: un percorso attraverso tutta la parabola creativa dell'artista, dalla figurazione stilizzante all'astrazione informale, alle invenzioni segnico-cromatiche degli anni '70, al sontuoso luminismo dei Cangianti.
Giovedì 17 aprile 2008 verrà inaugurata presso la Galleria Marchetti la mostra Giulio Turcato. L’invasione degli ultra-colori, o gli infiniti mondi possibili (catalogo a cura di Silvia Pegoraro), realizzata in collaborazione con L’Archivio Giulio Turcato di Roma. Verranno presentate una ventina di opere, datate dalla seconda metà degli anni ’40 al 1990: un percorso attraverso tutta la parabola creativa dell’artista, dalla figurazione stilizzante del Rio veneziano (anni ’40) all’astrazione “informale” di Composizione (1958-59), dalla giocosa cosmologia di Meridiano (1967) e dello splendido Desertico del ’74, alle invenzioni segnico-cromatiche degli Itinerari e dei Fantasmi (fine anni ’60-inizio anni ’70), al sontuoso e sensuale luminismo dei Cangianti (1981-1990).
Giulio Turcato (1912-1995) viene considerato uno dei più significativi interpreti dell'astrattismo pittorico in ambito internazionale, ma il suo lavoro è assai articolato e complesso, e comprende affascinanti risvolti figurativi e straordinarie sortite nell’ambito della scultura e della scenografia. Partito dalla lezione di Cézanne e Matisse, dei futuristi (soprattutto Giacomo Balla), l'artista mantovano, ma romano d'adozione, ha saputo imporre un proprio linguaggio ritmico e dinamico, facendo della forma-colore la ragione di una ricerca ininterrotta. Turcato è un esploratore straordinario che ha fatto della pittura il codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all'entomologia, dalla fisica all'astronomia: tutto diventa occasione per nuove invenzioni di forme e colori che ridefiniscono l'immaginario umano, individuale e collettivo. Quello che contraddistingue la poetica di Turcato è un “nomadismo interiore” che gli ha permesso di affrontare l'astrazione con radicalità e anticonformismo, con determinazione e lirismo, senza mai rinunciare alla sperimentazione.
Così, i Reticoli e gli Arcipelaghi si alternano con Cangianti, dove la luce “lavora” il colore come in una sorta di partitura musicale. "Queste immagini, sensazioni, materiali, memorie, illusioni allucinazioni, forme, itinerari, sono il mio bagaglio aperto alla dogana del prossimo millennio", ha scritto Turcato: un'affermazione che potrebbe essere letta come una dichiarazione di poetica da parte di un artista che ha svolto un compito essenziale nel liberare l'arte dalle convenzioni accademiche, in un percorso originale e solitario.
GIULIO TURCATO (Mantova, 1912 – Roma, 1995) . La sua formazione avviene a Venezia, dove frequenta il Ginnasio e la Scuola d’Arte, poi il Liceo Artistico e la Scuola Libera del Nudo. Comincia ad esporre nel ’32 in mostre collettive. Dal 1937 si sposta a Milano, dove lavora presso lo studio dell’Architetto Muzio, e in questa città nel ’39 tiene la sua prima mostra personale . Nel 1942-43 espone alla Biennale di Venezia. Nel ‘43 si trasferisce definitivamente a Roma, dove entra subito nel vivo delle polemiche artistiche, e partecipa anche alla Resistenza: la sua attività si lega infatti sempre strettamente all’impegno sociale e politico. Nel 1947 fonda il gruppo “Forma 1” con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Sanfilippo, firmando il manifesto del “Formalismo”, e nello stesso anno aderisce al “Fronte Nuovo delle Arti”, a cui partecipano anche Vedova, Santomaso, Guttuso, Leoncillo, Corpora, Morlotti, Birolli, Franchina, Fazzini, Pizzinato e Viani. Nel 1950 entra nel “Gruppo degli Otto”, promosso da Lionello Venturi, insieme ad Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Vedova. Nel suo lavoro si evidenzia ben presto la ricerca attenta e profonda sulla natura e la qualità del colore e della luce, e sulla metamorfosi delle forme, insieme all’interesse per le scienze biologiche e fisiche, costante quanto il suo impegno sociale e politico. Gli anni ’50 lo vedono presente in molte mostre in Italia (a Venezia espone sempre, anche con sale anche personali, alla Biennale) e all’estero (Parigi, Germania), così come nei decenni successivi - ’60, ’70, ’80 – continuano le sue prestigiose esposizioni internazionali (New York, Kassel, Londra). Nel 1993 è presente nuovamente, per l’ultima volta, alla Biennale di Venezia, ospitato nella sezione intitolata “Opera Italiana”.
Inaugurazione 17 aprile 2008
Galleria Marchetti
Via Margutta, 32 - Roma
Ingresso libero