Ivan Bono
Peppe Palermo
Antonio Larsimont
Paola Grosso
Luisa Delle Vedove
Bruno Bruno
Carolina Lio
La collettiva e' una sorta di macro-installazione - composta da pittura e scultura - sul tema della notte come involucro di silenzio e buio dove emergono, a volte ingigantiti, i nostri conflitti, dolori e dubbi.
a cura di Carolina Lio
La mostra è una sorta di macro-installazione sul tema della notte come involucro di silenzio e buio dove emergono, a
volte ingigantiti, i nostri conflitti, dolori e dubbi. Come titolo abbiamo utilizzato un verso di Federico Garcìa Lorca,
chiaramente tratto da una poesia sentimentale, ed abbiamo scelto quindi il tema dell'amore per rappresentare una
dimensione umana fragile, vulnerabile, un tallone d'Achille esposto in modo ingenuo e innocente alla mano del boia. La
ferita, il dolore, la delusione cieca e totale, sono rappresentati dalle macchie rosso scuro, diciamo pure rosso sangue,
che Ivan Bono riversa nervosamente sulle sue tele astratte, unendole a striature nere, barriere di vuoto vertiginoso
dove a volte sembra di cadere quando ci si sente di aver perso tutto. E si resta soli.
In quella solitudine che Peppe
Palermo rappresenta con un omino giallo perso in un'intera tela di un cielo scuro e in sculture dove lo stesso
personaggio osserva, scivola o si ripiega sopra strutture di ferro intricate, intrecciate, labirintiche da affrontare anche
se apparentemente non c'è via d'uscita. Ovviamente molte volte il labirinto o, peggio, il vicolo cieco è solo una nostra
stessa costruzione, un'immagine mentale, un' "ebbrezza della debolezza", come la definiva Milan Kundera. Il dolore ci
porta a volerne provare altro e la solitudine può diventare un circolo vizioso. E' questo il senso dell'opera di Antonio
Larsimont, una scultura dedicata in senso lato alla follia, dove una figura umana seduta sopra il globo lascia il resto
dell'umanità abbandonata e schiacciata al di sotto. Arreso alla propria mancanza di forza, abbattuto, e senza neanche
la voglia di rialzarsi, l'essere umano è metaforicamente nudo.
E sono difatti dei nudi le opere che Paola Grosso
espone, femminili e maschili, lascivamente abbandonati al sottile e forse insano piacere del soffrire per qualcuno, una
specie di droga dal sapore amaro, ma da cui è difficile staccarsi. Una soluzione, una via di scampo, è quella del sonno
e della dimensione onirica, dove la situazione più complessa e difficile può sembrare naturale e facilmente
sormontabile. Ce la descrive Luisa Delle Vedove in una micro-storia sotto forma di trittico. Nella prima opera
troviamo un blu fitto, dove una pupilla di luce quasi si perde. Nella seconda, delle figure umane ondeggiano disperse,
caotiche e confuse in una quarta dimensione di colori acidi. E, infine, nella terza opera, c'è una ricongiunzione di due
silhouette su sfondo chiaro, aperto. Ma fuori dal sogno, nella vita reale, alla fine della notte, quale sarà la decisione
finale? Arrendersi alla debolezza o ricercare, anche se controvoglia, con fatica e senza troppa convinzione, una forza
interiore che pure sappiamo di avere, ripiegata in qualche tasca della nostra esistenza?
Ognuno può scegliere il proprio
del doppio finale proposto da Bruno Bruno, in due tele di paesaggi notturni. La prima rappresenta una serata chiara
dove troneggia una luna enorme a forma di palloncino, simbolo di un'infantilità ritrovata, della voglia di ripartire da
zero. La seconda è l'immagine di un faro irretito da un'enorme ragnatela e colpito dai fulmini. Uscendo dalla galleria lo
spettatore può scegliere in quale dei due scenari saltare dentro, un pò alla Mary Poppins, decidendo di credere in
un'umanità che può rialzarsi o dandola vinta al senso di sconfitta che a volte ci benda.
Inaugurazione 19 aprile 2008
Galleria Trevisi Accademie
via Inferiore 35/A - Treviso (TV)
Ingresso libero