Una presenza europea tra le colline del Monferrato. Una mostra che celebra la pittura del '700 piemontese nella cornice suggestiva di alture e vallate simili ai luoghi amati dal pittore. A cura di Silvia Martinotti.
Dopo le idilliache atmosfere dei paesaggi di Cignaroli, continua il percorso artistico intrapreso la scorsa primavera da Marco Datrino, antiquario di fama internazionale, con la seconda delle quattro mostre dedicate alla pittura del settecento piemontese, che vede come protagonista Pier Francesco Guala.
Quando si parla di Guala il pensiero corre subito al grande dipinto “I canonici di Lu” il quadro che lo portò alla ribalta già nel 1911 nella grande “mostra del ritratto italiano” che si tenne a Firenze e che percorreva il prestigioso tragitto del ritratto italiano dal Caravaggio al Tiepolo .
I canonici si ritraggono nel silenzio immobile della loro terra dove li risveglieranno i perentori richiami del grande studioso Vittorio Viale e non una sola volta, se l’esperienza del 1937 a Torino si ripeterà nel 1963 ancora a Torino con la grande mostra del Barocco Piemontese.
Nell’intervallo tra questi due importanti eventi, un altro innamorato e valente studioso, critico e scrittore, Giovanni Testori, strapperà il Guala dalle brume fascinose ma silenti della sua terra per farlo protagonista, questa volta assoluto, di una “sua” mostra, quella organizzata nel 1954 a Ivrea presso il centro culturale Olivetti, poi trasferita a Milano al castello Sforzesco, infinei a Torino a Palazzo Carignano.
Dunque nel Canavese la prima grande “personale” dell’artista, accompagnata da un catalogo d’alto valore critico e da un comitato d’onore di illustri personaggi, prevalentemente anche grandi “amatori”.
Marco Datrino che è riuscito a portare a Torre Canavese i “Tesori del Cremlino”, facendo confluire nel piccolo paese oltre 350.000 visitatori, e nel 2003 realizzò insieme al comune di Chivasso una grande mostra dedicata all'arte figurativa sovietica, che portò a Torre nientemeno che l’ex presidente Michail Gorbaciov, volge nuovamente lo sguardo alla pittura italiana.
“In un contesto come quello attuale – afferma Datrino – inserire un programma di mostre dedicate alla riscoperta del nostro patrimonio artistico, non è solo una sfida esaltante, ma significa anche voler riaffermare quei valori culturali che altrimenti andrebbero dimenticati.”
In effetti al giorno d’oggi vi è grande attenzione da parte dei media all’arte moderna, mentre poco spazio è dedicato a quella del passato; e quel poco è riservato prevalentemente alle grandi esposizioni di artisti celebri.
“Queste mostre vogliono essere non solo un omaggio ad artisti di grande qualità – conclude Datrino – ma anche fungere da stimolo, soprattutto per i giovani, affinché possano conoscere ed apprezzare lo straordinario patrimonio offerto dalla cultura del passato”
Una grande mostra, curata da Silvia Martinotti, nella cornice suggestiva di alture e vallate così simili alle “sue” colline, torna “il Monferrino” a far sentire la sua voce, a rivendicare il suo meritato spazio, a ritrovare e accrescere i suoi ammiratori, quelli che, al di là del silenzio, hanno continuato ostinatamente a cercarlo, a studiarlo, a sostenerlo.
“Parlare oggi di Pietro Fancesco Guala - spiega la curatrice -, non sorprende più, anzi suscita curiosità, interesse e attenzione. Eppure la crescita della sua fama è stata, conquistata grazie alla costanza dei suoi cultori, dei critici più attenti e più avveduti e di quei collezionisti che ubbidivano più che a un interesse di mercato ad una istanza interiore di gusto, di fiducia, di intima convinzione.
Tra questi ultimi – prosegue la Martinotti - figurava un antiquario di Trino vercellese, Carlo Datrino, che si era formato questa predilezione proprio sull’osservazione e lo studio delle pitture di Guala che ornavano alcune chiese di Trino stesso e dei paesi del circondario. Su di lui influiva anche una convinzione sopravvissuta che il pittore fosse proprio originario di quella città, fatto che doveva sollecitare l’antiquario a cercare testimonianze più profonde di un artista conterraneo.”
Ora è stato proprio il figlio di tanto padre, Marco Datrino, a promuovere con l’entusiasmo che gli è caratteristica riconosciuta e peculiare, una mostra dedicata a questo pittore, accanto alle altre che vogliono celebrare la pittura piemontese del ‘700, in una sede, il castello di Torre Canavese, che di questa iniziativa è degna cornice .
Inaugurazione il 19 aprile alle ore 16,30
Galleria d'arte Datrino
Via Balbo 34, Torre Canavese (TO)
Orari dal martedì al venerdì 14,30 18,30
sabato,domenica, festivi 10,00 12,30 14,30 18,30 (per scuole, o gruppi aperture fuori orario su appuntamento)
ingresso libero