Martha Colburn
Factory of Found Clothes (FFC)
Isabella Gherardi
Elisabet Stienstra
Lucia Marcucci
Ketty La Rocca
Marco Bazzini
Paola Bortolotti
Moreno Bucci
Arte e musica sotto il segno delle donne contro. Un tema appassionante, come le artiste che il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ha selezionato per una collettiva in occasione della 71' edizione del Maggio Musicale Fiorentino. Opere di Martha Colburn, Factory of Found Clothes (FFC), Isabella Gherardi, Elisabet Stienstra, Lucia Marcucci e Ketty La Rocca. A cura di Marco Bazzini e Paola Bortolotti.
a cura di Marco Bazzini e Paola Bortolotti
con la collaborazione di Moreno Bucci
Arte e musica sotto il segno delle donne contro. Un tema appassionante, come appassionate sono le artiste che il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, non nuovo a iniziative di questo tipo, ha selezionato per una collettiva allestita presso il Teatro Comunale in occasione della 71ma edizione del Maggio Musicale Fiorentino.
Grazie a questa collaborazione tra il Centro Pecci e il Maggio nei suggestivi spazi del teatro lo spettatore potrà soffermarsi su una serie di opere, tra video, fotografie e installazioni, firmate da artiste italiane e straniere selezionate dalla collezione del Centro per la passione - come scrive Paola Bortolotti, curatore della mostra - che le accomuna alle eroine canore, e quindi per il contributo che ciascuna ha dato e dà anche al contenuto “politico” dell’arte, la quale può sovvertire, e lo ha dimostrato, lo stato delle cose. Sono queste le Obiezioni - e da qui il titolo della collettiva - che, come le storie musicate, (…), gridano o sussurrano la necessità di non sottostare a regole che implicano l’uso della violenza, e provano a “gettare contro” il mondo che invece la persegue, la bellezza, l’intelligenza e l’amore dell’atto creativo.
In mostra opere di: Martha Colburn; Factory of Found Clothes (FFC); Isabella Gherardi; Elisabet Stienstra; Lucia Marcucci e Ketty La Rocca.
Il Centro Pecci è ancora una volta presente in iniziative che coinvolgono enti e istituzioni toscane che operano in altri settori culturali. Presente non solo per il contributo ‘visivo’ al difficile quanto vasto, tema proposto dal Maggio, ma anche in quanto luogo aperto e dinamico: dal 13 giugno fino all’8 luglio, infatti, le sale espositive del CID/Arti visive del Centro ospiteranno a loro volta una mostra con materiali provenienti dalla collezione del Maggio.
OBIEZIONI
Obiezioni è una collettiva di donne artiste, italiane e straniere - e qui è esplicita la scelta di genere - ambientata nei suggestivi spazi del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. La ragione di questa scelta è stata il voler mettere insieme arti visive e musicali in un sodalizio che dia maggior forza ed espressione al tema dell’attuale 71° edizione del Maggio 2008, incentrata su figure di donne dalle forti passioni, pronte a opporsi alle prevaricazioni e alle violenze, agli attentati alla libertà personale. Le artiste sono state selezionate dalla collezione del Centro Pecci per la passione che le accomuna alle eroine canore, e quindi per il contributo che ciascuna ha dato e dà anche al contenuto “politico” dell’arte, la quale può sovvertire, e lo ha dimostrato, lo stato delle cose.
Nel foyer di platea sono allestite le opere fotografiche di Isabella Gherardi, intitolate La brutalità delle cose. L’artista fiorentina usa principalmente il mezzo fotografico, oltre alla pittura e alla installazione. Il suo modo elegante di narrare per immagini anche ciò che non ha più “né pudore né dignità”, ci porta qui a riflettere su un evento comune e banale, l’uccisione di un coniglio, che può alludere a forme di violenza quotidiana o estrema, per condannarla e per commuovere. Accanto alle foto è stata collocata la scultura dell’olandese Elisabet Stienstra, The stone from my heart (La pietra dal mio cuore). Nella sua indagine c’è una grande tensione emotiva che rende surreali le figure plasmate, come questa che ricorda piuttosto la costruzione della Madonna del parto di Piero della Francesca. Nella Caffetteria vengono proiettati i video Cosmetic Emergency della statunitense Martha Colburn e Scarlet Sails delle russe del collettivo Factory of Found Clothes.
La prima ha trasposto il mezzo pittorico su fotogrammi di pellicola, ottenendo un effetto suggestivo di manipolazione di immagini in movimento, seguendo le quali si comprende la sofferenza che il titolo sottintende, quella delle ferite inferte dalla guerra; forse mitigabili esteticamente e superficialmente, come lo sono le rughe attraverso la cosmesi, senza riuscire comunque a sanare le lacerazioni più intime e profonde. Suggestiva e didascalica nel suo sobrio bianco e nero la storia narrata dal video delle postfemministe russe, che fa riferimento all’illusione sul “radioso avvenire”, coltivata nei paesi comunisti, e visivamente si trasforma nel romantico sventolare delle fluttuanti vele scarlatte, sorrette da un gruppo di donne anziane, in attesa su una banchina.
Negli altri foyer sono esposte le immagini di Ketty La Rocca e Lucia Marcucci, appartenenti alla generazione che ha fondato le teorie del femminismo e le ha vissute in prima persona. Tutte e due hanno fatto parte del Gruppo 70 e sono state tra i protagonisti del movimento della Poesia Visiva, iniziato negli anni Sessanta. Le foto e i disegni su carta di La Rocca, che hanno un carattere concettuale e rarefatto, riproducono vedute e monumenti: questi perdono senso e valore estetico per l’abuso insensato di fruitori che ne consumano ottusamente la bellezza senza capirla e senza trarne arricchimento; il lavoro serigrafato Senza titolo del 1970, rielabora un’immagine che commosse il mondo, quella di una donna con i suoi bambini, a cui un folle assassino ha tolto il marito e il padre, il presidente americano John F. Kennedy.
I collage di Marcucci, più espressionisti e colorati, creano rimandi forti tra immagini e testo, come nell’opera Chi ci muore e chi ci guadagna dove appare una madre asiatica - siamo in Vietnam - che porta in braccio un bimbo che gronda sangue. Oppure ironizzano con amarezza su come negli anni Sessanta le donne italiane si trovavano a rischiare il pubblico sdegno se osavano usare i contraccettivi. Ecco come le opere in mostra, come le storie musicate, tentano di obiettare, gridano o sussurrano la necessità di non sottostare a regole che implicano l’uso della violenza, e provano a “gettare contro” il mondo che invece la persegue, la bellezza, l’intelligenza e l’amore dell’atto creativo. Paola Bortolotti
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Foyer, Teatro Comunale di Firenze
apertura in coincidenza con gli spettacoli