Victor Burgin - Alle otto. Solito posto & Tales from Freud. Il Museo di Fotografia Contemporanea e la Fondazione Bevilacqua La Masa presentano la prima personale in Italia di uno dei maggiori protagonisti dell'Arte Concettuale, affermatosi sul finire degli anni '60. In mostra anche un nuovo video, "Alle otto. Solito posto", che viene proiettato contemporaneamente in entrambe le sedi espositive. Il video, ispirato alla sequenza finale del film "L'eclisse" di Michelangelo Antonioni, combina immagini girate a Venezia, nella zona periferica di San Basilio, con impressioni raccolte durante una visita a Milano, nell'area del Monte Stella. La sala della collezione permanente ospita una mostra di opere Polaroid realizzate da Paolo Gioli fra gli anni '70 e anni '90.
Victor Burgin - Alle otto. Solito posto & Tales from Freud
A cura di Filippo Maggia
La Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo-Milano presentano la prima personale in Italia di Victor Burgin. L’evento costituisce un importante contributo alla conoscenza e alla promozione nel nostro Paese di un protagonista della scena dell’arte internazionale.
Victor Burgin, artista e raffinato teorico dell'immagine, ferma e in movimento, è nato a Sheffield, in Inghilterra, nel 1941. Si impone sulla scena dell’arte internazionale sul finire degli anni '60, come uno dei padri dell'Arte Concettuale, lavorando sia col mezzo fotografico sia con l'immagine in movimento dei suoi film. Il suo lavoro trae ispirazione e influenze da grandi pensatori e filosofi come Karl Marx, Sigmund Freud, Michael Foucalt e Roland Barthes.
Victor Burgin ha sempre portato avanti in modo parallelo la pratica artistica e la riflessione teorica. Anche quando, intorno al 1990, ha affiancato al linguaggio fotografico tradizionale quello digitale del video, ha continuato ad alimentare il dibattito teorico sull’immagine grazie ad una puntuale esplorazione delle nuove tecnologie audiovisive e a una costante e attenta riflessione sull’evoluzione della società mediatica. Nella sua produzione artistica Burgin utilizza elementi provenienti da campi esperienziali differenti: dalla pubblicità al giornalismo, dall’arte alla psicanalisi, dalla moda ai magazine. Ciò conferisce al suo lavoro la forma di una riflessione metalinguistica, in cui immagini e testi si rincorrono e si respingono e in cui il rigore concettuale non offusca mai l’originalità formale.
Il concetto di rappresentazione è uno dei fili conduttori della sua produzione: è attraverso essa che l’individuo costruisce la propria soggettività ed è sempre attraverso essa che l’intera società prende forma e si riproduce. E’ questo il motivo che porta Burgin a sottolineare l’importanza del concetto di “responsabilità dell’artista”.
Il progetto che il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo (Milano) e la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia hanno realizzato vede la produzione ad opera dell’artista di un nuovo video, Alle otto. Solito posto, che viene proiettato contemporaneamente in entrambe le sedi espositive. Il video, ispirato alla sequenza finale del film L’eclisse di Michelangelo Antonioni, combina immagini girate a Venezia, nella zona periferica di San Basilio, con impressioni raccolte durante una visita a Milano, nell’area del Monte Stella.
A Venezia vengono inoltre presentate le due serie di fotografie e testi che fanno parte della videoinstallazione Voyage to Italy: Basilica I (2006) e Basilica II (2006).
A Cinisello Balsamo viene invece esposta la serie di fotografie Tales from Freud, comprendente: In Lyon (1980), In Grenoble (1981), Gradiva (1982), Olympia (1982), Portia (1982).
Funge da catalogo delle due mostre un volume dell’editore Skira, Components of a practice, con opere e scritti di Victor Burgin. Si tratta di un libro del tutto differente dalle precedenti pubblicazioni relative alla produzione di Victor Burgin. Nonostante Burgin sia riconosciuto non solo come artista ma anche come teorico, non è mai stato realizzato un libro in egli cui rivolga l’attenzione critica alla sua stessa produzione artistica. La monografia proposta intende colmare questo vuoto. Negli ultimi anni, Burgin ha tenuto frequenti conferenze sul suo lavoro e sui vari temi dell’arte contemporanea. Tra le istituzioni che lo hanno chiamato ricordiamo Tate Modern, Tate Britain, Harvard University e Centre Georges Pompidou. Il libro raccoglie alcune di queste lectures inedite insieme a estratti di interviste e alla rappresentazione complessiva del lavoro fotografico e video dell’artista. Fra i temi: La Responsabilità dell’Artista, The Uncinematic, The Time of Panorama, The Ghost in the Machine.
Victor Burgin, Alle otto. Solito posto
''I miei lavori fotografici e i video sono risposte ai luoghi, generalmente città, nei quali vengo invitato. Quando lavoro seguo il percorso delle mie associazioni – quello che sorge spontaneamente nella mia mente. Spesso mi rendo conto che trovarmi in un determinato luogo mi può far ricordare un altro, o può farmi pensare ad un libro, a un film, o farmi tornare alla mente un ricordo personale.
Quando sono stato invitato ad elaborare un lavoro che sarebbe stato esposto contemporaneamente a Milano e Venezia, mi sono ricordato del film di Michelangelo Antonioni La notte, indubbiamente perché era stato girato a Milano nel 1960. Ma subito dopo mi sono ritrovato a pensare sempre più al film L’eclisse, che era stato distribuito nel 1962, anche se questo non era stato girato né a Milano né a Venezia, ma a Roma! La storia narrata ne L’Eclisse è facilmente riassumibile: una giovane donna lascia l’uomo anziano con il quale viveva; durante una visita alla Borsa di Roma incontra un giovane broker e si lascia coinvolgere in una relazione. Il film segue lo svolgersi di questa relazione fino al punto in cui si accordano per incontrarsi ancora 'Alle otto. Solito posto'. Queste parole di Piero (Alain Delon) sono le ultime parole del film.
Qui la rappresentazione cinematografica della storia di Vittoria e Piero termina, ma il film non finisce qui. Continua per atri sette minuti, con una sequenza di scatti di un luogo in cui erano soliti incontrarsi Vittoria e Piero. Il luogo visto nelle immagini del mio video è un tipico spiazzo veneziano, ma il luogo descritto nel testo del video è il Monte Stella, a Milano''.
Catalogo Components of a practice, Skira editore
Inaugurazione al pubblico: sabato 10 maggio ore 18
Visite guidate
Museo di Fotografia Contemporanea
tel. 02.66056626
servizioeducativo@museofotografiacontemporanea.org
Visite guidate gratuite ogni prima domenica del mese, ore 15 e 17
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A cura di Roberta Valtorta
La sala della collezione permanente del Museo di Fotografia Contemporanea ospita, a partire dal 10 maggio e fino al 23 novembre 2008, una mostra di opere Polaroid realizzate da Paolo Gioli fra gli anni Settanta e anni Novanta.
Nel momento in cui la mitica Polaroid, un’azienda che grazie all’originalità dei suoi materiali e delle sue macchine ha segnato la storia della fotografia, dopo alterne vicende annuncia la chiusura dei suoi stabilimenti e la cessazione della produzione delle sue pellicole, il Museo offre al pubblico una mostra di opere di un artista fra quelli che, a livello mondiale, con maggiore intensità e più a lungo ha lavorato per anni ad approfondire le possibilità espressive dei materiali inventati da Edwin Land.
Il Museo conserva nelle sue collezioni e in diversi fondi (Milano senza confini, Raccolta antologica, Fondo Paolo Gioli/Vampa) 108 opere di Gioli (Polaroid, Cibachrome, stampe in bianco e nero). Quelle proposte in questa mostra fanno parte del deposito Paolo Vampa, principale collezionista dell’artista e da molti anni sostenitore del suo lavoro.
Paolo Gioli (Rovigo 1942), pittore, filmaker, fotografo, dagli anni Settanta utilizza la fotografia e il cinema in un intenso lavoro di discussione e rivisitazione degli strumenti e dei materiali tecnologici. Le sue opere sono state esposte in sedi pubbliche e private in Italia, Europa, America e sono presenti nelle collezioni dei più importanti musei europei e statunitensi.
La ricerca di grande importanza storica che Gioli porta avanti coniuga l’indagine sugli esiti materici e sulla restituzione della fisicità dell’immagine, tipica delle arti manuali, e l’impiego di raffinati materiali tecnologici e industriali.
La sua opera fotografica costituisce un episodio molto particolare nel panorama italiano e internazionale proprio perché non vi è nessun altro artista che abbia svolto un così profondo lavoro di congiunzione tra i codici della pittura e della grafica e quelli della fotografia.
E’ utile chiarire che non si tratta, da parte di Gioli, di una posizione definibile come neopittorialismo fotografico: non vi è infatti nella sua opera dipendenza alcuna della fotografia dalla pittura, né lavoro di “completamento” della fotografia attraverso interventi pittorici aggiunti. Vi è al contrario una vera e propria compenetrazione delle due discipline espressive, come se la pittura costituisse una radicata memoria, una sorta di elemento genetico che riaffiora e concorre a dare corpo alla fotografia.
In un percorso molto complesso, Gioli ha inventato tecniche che hanno messo a nudo la materia della fotografia, congiungendo la moderna prassi fotografica alle procedure della grafica: in particolare l’impiego di tipi diversi di Polaroid e soprattutto il trasferimento della materia Polaroid su carta da disegno o su altri materiali, primo fra tutti la seta, che pratica fin dagli anni Settanta e che lo ha reso famoso a livello internazionale.
L’insistita indagine sul volto umano e sul corpo, sia femminile che maschile (contrappuntata da ricerche sulla natura morta e talvolta sul paesaggio) ha trovato proprio in questa particolare tecnica un terreno molto fertile che gli ha permesso un lavoro di grande approfondimento sia concettuale che operativo.
Gioli infatti trova l’immagine penetrando proprio nella materia della fotografia e giungendo a plasmarla, rivelandone le molteplici stratificazioni e una sorta di interiorità. Recupera così il valore del gesto, dell’azione, del lavoro delle mani che si unisce a quello dell’occhio e della luce, e dunque dota la fotografia di una durata temporale nuova e profonda. Impiega ripetizioni, sdoppiamenti, lacerazioni, inventa traiettorie, spessori, dilatazioni, tutti momenti di una messa in codice attraverso la quale egli discute costantemente il rapporto fra realtà e apparenza, fisicità e immagine, definitezza delle figure e loro irrimediabile instabilità.
Museo di Fotografia Contemporanea
Villa Ghirlanda, via Frova 10, Cinisello Balsamo-Milano
Orari da martedì a domenica 10-19; giovedì 10-23. Chiuso lunedì
Ingresso libero