Dove e' l'alto, dove e' il basso? La storia di Claudio Costa affonda le radici nelle esperienze informali degli anni '60, per calcare poi percorsi che attraversano l'arte concettuale, l'arte povera e Fluxus e concentrarsi infine su una ricerca dai presupposti e dalle valenze antropologiche che trova nella paleontologia il luogo di conoscenza e di riflessione sulle origini dell'uomo.
Concluse le mostre con cui ha celebrato i cinquant’anni di attività, chiarendo quale è stata in questi decenni la sua visione e filosofia dell’arte, la Galleria Blu intende ora aggiungere a quelli consueti un nuovo settore di ricerca, puntando l’attenzione su quegli artisti che hanno operato a partire dagli anni’ 60 su un versante dell’arte cui non è stata prestata la dovuta attenzione né dalla critica, né dal mercato.
Noi, come altri galleristi - annuncia Luca Palazzoli - ci assumiamo il compito di riproporli non al grande mercato speculativo, ma a quel mondo della condivisione che, per quanto ci riguarda, ha costituito per cinquant’anni la struttura portante della nostra attività”. Questo progetto, iniziato negli scorsi mesi con la mostra dedicata a Vincenzo Ferrari, si concentra ora sull’opera di Claudio Costa, un artista fuori dagli schemi che alla Galleria Blu era comparso nel 1978 e 1979 in mostre collettive dai significativi titoli “Lo spazio della memoria” e “Rien ne va plus”. Il titolo che abbiamo scelto per questa mostra Dove è l’alto, dove è il basso? deriva da un’opera dell’artista ed è esemplare della problematicità delle opere (ma soprattutto della vita) di Costa. Una domanda che può avere una risposta immediata o una estremamente complessa, dipende dal punto di vista secondo cui la si guarda. Sull’orlo dell’abisso su cui si pone, un artista come questo va a costruirsi una dimensione nuova, ora riesce a banalizzare la complessità ora cerca e ottiene il contrario. Questo è Costa.
La storia di Claudio Costa (1942-1995) affonda le radici nelle esperienze informali degli anni Sessanta, per calcare poi percorsi che attraversano l’arte concettuale, l’arte povera e Fluxus e concentrarsi infine su una ricerca dai presupposti e dalle valenze antropologiche che trova nella paleontologia il luogo di conoscenza e di riflessione sulle origini dell’uomo.
La ricerca che caratterizza l’opera di Claudio Costa inizia sulle spiagge della Liguria, con i materiali e i piccoli reperti che le acque depositano sulla sabbia. Su questi oggetti trovati-ritrovati si crea (per sé e per gli altri) essere umani primitivi, immaginandoli strumenti e oggetti di civiltà lontanissime. Questi reperti vengono classificati con metodo, quando in realtà sono frammenti di oggetti in parte riconoscibili portati dal mare sull’arenile. Costa li ha raccolti, invece, come fossero bottiglie contenenti messaggi, affidate alle correnti marine da antenati ormai estinti da tempo, a cui però dobbiamo la nostra esistenza e nei quali è per noi possibile ritrovarsi come in uno specchio.
La componente esplicita e descrittiva unita a quella misterica dei messaggi indecifrabili contenuti nelle bottiglie è quella che porterà con naturalezza Claudio Costa ad occuparsi di alchimia con puntate verso l’esoterismo. Questa descrizione dell’opera di Costa può essere utile per un primo approccio all’artista, ma è ben lontana dall’esaurire la bellezza artistica dei suoi lavori (quadri, contenitori, esperimenti, eccetera…), da quelli di piccola dimensione ai più significativi e impegnativi.
La mostra, che accoglie una ventina di opere di varia epoca, cerca di dar conto di questo, radunando opere storiche, dal curriculum importante, ma soprattutto opere esplicative del suo pensiero e della profonda ricerca che le connota: fra le altre, meritano di essere ricordate “Nella terra degli aborigeni” (1977) “Pala della coniunctio” (1983 ca.) e “La sedia di Vincent” (1984 ca.).
La particolarità dell’artista non deve far dimenticare l’attenzione che gli è stata riservata dalla critica più attenta. Dopo la prima personale nel 1969 Galleria La Bertesca di Genova, si segnala con importanti presenze in Germania: nel 1971 alla Produzenten Galerie, la galleria di avanguardia di Dieter Hacher a Berlino, nel 1974 alla Ludwig Galerie di Aachefi con una personale e nella mostra "Spurensicherung: Archalogie und Errinerung" ad Aachen, Amburgo e Monaco con importanti lavori. Partecipa nello stesso anno a "Project '74" di Colonia dove espone il Museo dell'Uomo, che poi viene esposto anche a Milano in Palazzo Reale, nell'ambito della mostra "La ricerca dell'identità". Nel 1977 lo troviamo a "Documenta 6" a Kassel e nel 1978 in Spagna dove installa una grande scultura al museo Vostell di Malpartida di Càceres. Nel 1981 è alla Kunsthalle di Zurigo nella mostra "Mithos und Rithual" e nel 1986 alla Biennale di Venezia nella sezione "Arte e alchimia", curata da Arturo Schwarz. Da ricordare, fra le mostre a lui dedicate dopo la morte, l’antologica “L’ordine rovesciato delle cose” presentata nel 2000 al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova.
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Inaugurazione 19 maggio, ore 21
Galleria Blu
via Senato, 18 - Milano
Aperto: nei giorni feriali dalle 10alle 12,30 e dalle 15.30 alle 19.00, sabato solo dalle 15.30 alle 19. Chiuso domenica e festivi.
Ingresso libero