Galleria Sant'Angelo e Villa Schneider
Biella

Ray Gindroz
dal 27/5/2008 al 28/6/2008
WEB
Segnalato da

Massimo Premoli



approfondimenti

Ray Gindroz



 
calendario eventi  :: 




27/5/2008

Ray Gindroz

Galleria Sant'Angelo e Villa Schneider, Biella

Portici, Cortili e Balconi di Biella - disegni e litografie. La mostra propone, nelle due sedi espositive, i disegni che l'architetto statunitense ha realizzato negli ultimi due anni durante i suoi soggiorni a Biella.


comunicato stampa

La mostra propone, nelle due sedi espositive, i disegni che l’architetto statunitense Ray Gindroz ha realizzato negli ultimi due anni durante i suoi soggiorni a Biella. Tema dei disegni sono Portici, Cortili e Balconi della Città di Biella. Parte dei disegni è stata utilizzata per la realizzazione di un piccolo volume avente lo stesso titolo della mostra. Il volume entra a far parte della collana Pages from a Sketchbook, collana che annualmente propone i lavori dell’architetto Gindroz e i cui ultimi titoli sono: Un code pour le Louvre – 2004, Urbino, Palazzo come Città, Città come Palazzo – 2005, Passages de Paris – 2006, Palm Beach, The American – Mediterranean World of Addison Mizner – 2007.

L’utopia architettonica di Ray Gindroz
Ci sono architetti, antichi e moderni, per i quali il disegno rappresenta la vera concezione, anzi l’unica autentica ed essenziale realizzazione. Non alludo alle sopravvalutate “prove ed escogitazioni”, poniamo, del Sant’Elia che valgono soltanto nella loro superficie scenografica, nel gioco epidermico di parvenze dilatate, quanto a quegli artisti, per fare due esempi congruenti Leon Battista Alberti e Le Corbusier, nei quali l’edificare non è un momento così essenziale del processo creativo, ma è piuttosto un’applicazione, una trasposizione distanziata, un materializzamento che non richiede come necessario e indispensabile l’intervento personale: come avvenne per il Tempio Malatestiano, che l’Alberti mai controllò in fase di costruzione perché forse mai andò a Rimini.

Ma ci sono altri architetti, poniamo il Brunelleschi e Wright, per i quali il processo artistico non si esaurisce spesso che con la fine della vera e propria costruzione, e per i quali un disegno, o anche una suite di schizzi, può anche rappresentare un ciclo di documenti, di passaggi a tutt’altro che equivalenti o a perfetto riscontro con l’opera così come è stata condotta o compiuta. C’è il caso anche di Ray Gindroz che, con i suoi numerosi disegni a china, ha fermato graficamente un’immagine architettonica esclusivamente sugli esempi di lavoro del passato, in primis di quelli classici. …

Non si deve dubitare che Gindroz perviene a toccare il suo momento magico attraverso il mezzo grafico, l’elaborazione cioè di un ductus lineare che certo è un patrimonio comune di molti artisti, ma che in lui non cade alla diretta sollecitazione illustrativa della “veduta”. Affrontando la superficie bianca del foglio, egli sembra bruciare le scorie di un impressionismo che talvolta deve pur cedere alla necessità di rappresentare, e sfiora la felicità pura di un’invenzione che spazia, indipendente, ad esprimere il suo mondo di luci abbaglianti e di ombre d’argento, disteso in nuances e onde ritmiche ordinate verso l’orizzonte, e nello stesso tempo emergente verso di noi con una presenza che partecipa di una misura metamorfica, puro simbolo di bellezza formale – con le sue Pages from a sketchbook l’artista statunitense – a differenza di Joseph Paxton e di Victor Horta e, più lontano, di Etienne-Louis Boullée – non imbocca il guado del pensiero visionario; la sua “utopia architettonica” affonda le radici nella speranza di un cambiamento che può essere propria dell’attitudine progettuale, ovvero delle provocazioni di proposte laceranti e solide per un imago urbis, che salda una ragnatela suggestiva di esemplarità evocative, steso tra il liberty e il neoclassicismo di Parigi e il sigillo rinascimentale di Urbino e Pienza.

Il segreto della linea di Gindroz, morbida come un filo di seta (Les jardins du Palaie Royal) e immediata e incorreggibile come il disegno Zen (Passage du Grand Carf), sta nella sua duplice origine romantica e classica: la dialettica che si forma da questo nascimento classico, che è individuo dal suo stesso proporsi, la intersecazione spaziale romantica, si pone alla radice stessa della fenomenologia dell’immagine. In altri termini, il disegno non è la traduzione di un’immagine, ma l’immagine nasce proprio all’intersezione di queste due spazialità divergenti: isotopa quella classica, discontinua quella romantica. La linea si trova sollecitata in direzioni del tutto opposte, e da queste sollecitazioni contrarie germoglia dunque l’immagine. …
Floriano De Santi

Galleria Sant'Angelo
Corso del Piazzo, 18 tel 015 20101
Orario: mart-dom 15.30-19

Villa Schneider
Piazza Lamarmora, 6 tel 015 3506618
Biella

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