Deposizione. "... Non e' tanto importante creare immagini, sembra volere dire l'autore, quanto interrogarsi sulle modalita' con cui il nostro occhio vede la realta' che ci circonda, sugli infiniti punti di vista con cui la nostra coscienza entra in relazione col mondo. In questa ricerca, Franco Vimercati e' dunque molto vicino alle indagini di Cezanne - e' sufficiente ricordare i paesaggi rappresentanti la Montagne Sainte Victoire, o ancora alle ricerche compiute da Morandi o da Albers o ancora alle osservazioni fenomenologiche di Husserl o di Merleau-Ponty..." (Andrea Dall'Asta).
Deposizione
A cura di Elio Grazioli
Franco Vimercati: artista straordinario, certamente tra i più importanti dell'arte italiana del secondo dopoguerra, la cui esistenza è indissolubilmente legata alla rappresentazione di pochi oggetti della vita quotidiana, mediante l'obiettivo fotografico. Ricerca, dunque, apparentemente semplice, se considerata solo dal punto di vista del soggetto rappresentato. Le immagini di un ferro da stiro, di un barattolo, di un vasetto di camelie, di una bottiglia, sono tuttavia all'origine di una profonda elaborazione di pensiero che s'interroga incessantemente sul senso della visione, sulle ragioni del gesto fotografico. Immagini che costituiscono il risultato di una ricerca compiuta per più di venti anni.
Non è tanto importante creare immagini, sembra volere dire l'autore, quanto interrogarsi sulle modalità con cui il nostro occhio vede la realtà che ci circonda, sugli infiniti punti di vista con cui la nostra coscienza entra in relazione col mondo. In questa ricerca, Franco Vimercati è dunque molto vicino alle indagini di Cezanne - è sufficiente ricordare i paesaggi rappresentanti la Montagne Sainte Victoire, o ancora alle ricerche compiute da Morandi o da Albers o ancora alle osservazioni fenomenologiche di Husserl o di Merleau-Ponty.
Gli oggetti, immersi in una calma pacata e sospesa, sono contemplati, toccati, ripresi e registrati in posizioni apparentemente uguali e sempre leggermente diverse. Le immagini sono poi stampate in bianco e nero secondo una tecnica magistrale, con singolare rigore. Non è certo l'inventario di un archivista. Si tratta piuttosto dell'apparizione di forme pure che si stagliano perfettamente su un fondo nero, quasi fossero squarci luminosi, emanazioni di luce che improvvisamente emergono da un'oscurità senza tempo. L'oggetto, sempre identico e sempre diverso, è fotografato, ripetuto infinite volte, come se vivesse e mutasse col variare della nostra percezione. Iterazione. Come in una teoria bizantina di santi, in cui il significato della singola immagine lascia il posto al ritmo che si crea dalla ripetizione, dando origine a una cadenza, a un'armonia. Interiorizzata, la comprensione del significato dell'immagine lascia posto al sentire, come se attraverso questa eterna ripetizione di forme, sentissimo un battito ritmato senza fine, il ritmo di una danza celeste, il respiro stesso del cosmo. Pulsare intimo e segreto. Meraviglioso incanto del ritmo.
Ma ritorniamo ai singoli oggetti. Pochi giorni prima della sua morte improvvisa, Franco mi disse che avrebbe desiderato inserire nella sua mostra al San Fedele una Deposizione. Proposta apparsa insolita, singolare. Quale il senso di questa inserzione? Come poterlo giustificare, se l'artista non mostrò mai di aderire a un credo specifico? Forse, troviamo una ragione, pensando al fatto che il corpo di Cristo deposto dalla croce non è semplicemente un oggetto morto, un semplice cadavere, ma è in attesa della resurrezione. Il corpo è deposto al nostro sguardo perché ci interroghiamo sulle ragioni più profonde dell'esistere. Corpo senza vita, ma che paradossalmente si rivolge al futuro. Corpo che interpella la nostra visione, in quanto oggetto d'interrogazione di senso, in quanto abitato da un mistero. Corpo dunque inafferrabile, che sfugge e si sottrae a un discorso definitivo e conclusivo sul mondo che abitiamo.
Come nelle opere di Vimercati. Dagli abissi di un fondo nero omogeneo, attraversando il silenzio espressivo del mondo, comuni oggetti della nostra vita sono come deposti alla nostra visione, quasi ci interpellassero e ci interrogassero sulla natura del loro essere, al di là della banalità della loro funzione. Cosa vuole dire "guardare", "osservare", se non attraversare la superficie delle cose e chiedere loro di comunicarci la profondità del loro segreto, della loro origine? Quale il senso della nostra visione, se non riconoscere che la percezione è già elaborazione, strutturazione dei possibili, perché l'oggetto acceda a una dimensione simbolica e diventi celebrazione della vita del mondo e delle cose? Contemplare significa allora sfondare i limiti spaziali e temporali, per disporsi all'attesa dell'incontro col segreto inscritto nel cuore del mondo.
Questo è probabilmente il senso che anima e accompagna il percorso dell'indagine fotografica di Franco Vimercati: l'enigma del vedere al contatto della realtà , un viaggio attraverso lo spessore del visibile, un'analisi sulla profondità della visione. Nella forza e nell'intensità di questa ricerca risiede probabilmente il carattere "sacro" della sua opera.
La mostra del grande fotografo, concepita come piccolo omaggio al grande fotografo, è costituita da una ventina di opere gentilmente prestate da una collezione privata milanese.
Andrea Dall'Asta S. I.
Conferenze relative alla mostra - in galleria:
6 febbraio, ore 18,15
conferenza con Gigliola Foschi, Elio Grazioli, Mario Cresci
Laboratorio bambini dagli 8 ai 11 anni:
12-19-26 gennaio, ore 10.30 (su prenotazione)
corso di fotogarfia II
con Maurizio Montagna e Rasmo Vicari
San Fedele Arte
via hoepli 3a-b
20121 Milano
tel 02 86352233
fax 02 86352236