Un pittore devoto tra Crivelli e Raffaello. In mostra piu' di 50 opere, di cui 30 pale d'altare. L'esposizione ha una doppia finalita': sottolineare le affinita' che legano Pagani ad altri maestri attivi nella Marca ed attratti dai modelli raffaelleschi; e ricostruire il percorso artistico del maestro piceno.
a cura di Vittorio Sgarbi
Nuova mostra rivelazione nelle Marche con la bella città di Fermo (che ha già nel patrimonio permanente una splendida Natività del Rubens e un’Adorazione dei pastori del Baciccio) che porta all’attenzione del grande pubblico un artista che ha avuto il merito e la capacità di unire le più diverse tendenze artistiche presenti nella Marca cinquecentesca e riconoscere quale di queste avrebbe segnato la pittura rinascimentale. Insomma, un caso di sorprendente modernità e originalità proprio per questa sua capacità di sintesi di diverse culture pittoriche presenti nelle Marche.
Il pittore è Vincenzo Pagani (Monterubbiano, 1490 ca. – 1568) a cui, nell’ambito del FESTIVAL SAGGI PAESAGGI, è dedicata la grande mostra Vincenzo Pagani un pittore devoto tra Crivelli e Raffaello, nel Palazzo dei Priori di Fermo dal 31 maggio al 9 novembre 2008, ideata da Walter Scotucci e Paola Pierangelini. La mostra, sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica, è promossa dal Comitato per le Celebrazioni del V centenario della nascita del pittore e organizzata dal Comune di Fermo, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed in collaborazione con la Regione Marche, la Provincia di Ascoli Piceno, la Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici di Urbino, con l’Arcidiocesi di Fermo, oltre che con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo.
In mostra più di 50 opere, di cui 30 pale d’altare, provenienti da musei italiani e stranieri, scelte da un Comitato Scientifico presieduto da Vittorio Sgarbi e composto da Livia Carloni, Germano Liberati, Liana Lippi, Marina Massa, Benedetta Montevecchi, Stefano Papetti, Paola Pierangelini e Walter Scotucci. Oltre la sede espositiva principale nello splendido Palazzo dei Priori (fine XIII sec.) di Fermo, affascinante anche la sezione espositiva “fuori mostra” con un circuito di opere lungo un itinerario che tocca 12 piccoli centri storici del territorio (Porto San Giorgio, Altidona, Monterubbiano, Moresco, Falerone, Magliano di Tenna, Massa Fermana, Francavilla d’Ete, Torre San Patrizio, Ortezzano, Montottone, Montelparo, S.Vittoria in Matenano). Emerge tutto il fascino di una personalità assai originale, una personalità artistica tutta da scoprire e il cui rilievo va ben oltre il confine regionale. In mostra anche artisti di straordinaria importanza come, Palmezzano, Luca Signorelli, Raffaellino del Colle e il Cavalier D’Arpino che hanno avuto un ruolo decisivo sulla formazione di Pagani.
Per le Marche il periodo storico più fulgido e ricco di fermento intellettuale è stato a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento: in queste terre passarono artisti e pensatori, figure che, in quel momento di crescita del pensiero rinascimentale, coincidevano in un’unica persona. Valga per tutti pensare a Lorenzo Lotto, ai Vivarini, a Carlo Crivelli e a Pietro Alamanno, così come non si può non citare personalità quali Luca Signorelli, Tiziano ed il “divino Raffaello”.
Con questa prima mostra monografica, si vuole far risaltare come Vincenzo Pagani, circondato da una schiera di pittori e scultori provenienti dalle più disparate parti d’Italia e d’Europa, seppe apprezzare quelli che successivamente sarebbero stati considerati come i migliori, percependone i tratti caratteristici, quelli innovativi e quelli più raffinati. L’esposizione ha una doppia finalità: sottolineare le affinità elettive che legano il Pagani ad altri maestri attivi nella Marca ed attratti dai modelli raffaelleschi quali Cola dell'Amatrice, Innocenzo da Imola, Francesco Francia, Raffaellino del Colle; ricostruire il percorso artistico dell'eclettico maestro piceno attraverso le trenta pale d'altare che esprimono appieno la ritrovata fede dopo quello che Federico Zeri definì “il ciclone Borgia”.
La religiosità dei fedeli aveva bisogno di riconoscersi in opere che nell’adeguarsi ai nuovi indirizzi del Rinascimento, mantenessero tuttavia un legame con la tradizione e Vincenzo Pagani è stato il pittore che meglio di altri ha saputo interpretare le esigenze di una committenza non ignara di quanto avveniva sulla scena artistica romana. Sul finire degli anni Venti il Pagani adotta nelle sue sacre rappresentazioni la consuetudine di mostrare la Madonna in gloria assisa su un seggio di nuvole e circondata dagli angeli, sviluppando in mille varianti una suggestione derivata dalla "Madonna di Foligno" di Raffaello che, in quegli stessi anni, veniva replicata anche nelle botteghe ceramiche urbinati.
Vincenzo Pagani crebbe in un laboratorio d’artista (quello del padre Giovanni), dove ebbe modo di formarsi all’alamannismo grazie alla diretta visione di un polittico dell’Alamanno nella sua Monterubbiano e che gli diede modo di avvicinarsi a colui che per primo influenzò la sua maniera di dipingere: Carlo Crivelli. Dal grande veneto (di cui sicuramente vide un capolavoro a Montefiore dell’Aso) rimase colpito per molto tempo, anche se nelle opere più tarde gli si avvicinò più per convenienza che per convinzione, sentendo già che di lì a poco la pittura avrebbe subito un ulteriore rinnovamento che il “nostro” aveva precocemente intuito.
Muovendo dai fastosi modelli crivelleschi, il Pagani aggiorna il proprio stile guardando le opere marchigiane di Melozzo da Forlì, Palmezzano, Signorelli, Lotto e Tiziano: ma è stato soprattutto il magistero raffaellesco ad attrarre il pittore di Monterubbiano che conobbe del Sanzio le opere giovanili dipinte nella vicina Umbria e quelle romane degli anni della maturità attraverso le numerose incisioni che veicolavano le composizioni di Raffaello negli ateliers artistici di provincia.
L’indole manageriale del Pagani ebbe così la meglio sulla moda del momento e preferì fidarsi del suo intuito puntando su chi ancora non era considerato “divino”, su quello che poteva e può essere considerato un investimento a lunga (anzi lunghissima) scadenza: il giovane Raffaello Sanzio. Di grandissimo richiamo, tra le opere in mostra, l’importante affresco di Raffaello raffigurante un putto con festone, concesso dalla Accademia Nazionale di S. Luca di Roma, che testimonia definitivamente i forti rapporti che Pagani ebbe con i modelli raffaelleschi.
Vincenzo Pagani non si impregnò subito della visione diretta delle opere dell’urbinate ma passò attraverso la mediazione del Palmezzano e delle stampe di Marcantonio Raimondi, oltre che dallo straordinario taccuino (esposto in mostra) appartenuto al Filotesio, composto da 47 fogli ricchi di annotazioni tecniche, indicazioni iconografiche e soprattutto schizzi a penna tratti dagli affreschi delle Stanze Vaticane ad uso degli allievi del maestro urbinate.
Dunque, il viatico verso la conoscenza di Raffaello fu, per Pagani, un’immersione in apnea tra gli ottimi interpreti del raffaellismo che gli consentirono di arricchirsi ancor più del successivo “a tu per tu” con il Sanzio. L’arte di Vincenzo Pagani si colloca tra la visione devota ed eccentrica di Crivelli ed il classicismo compiuto di Raffaello, sostiene Sgarbi per il quale la modernità del Pagani è data anche dall’essere pittore così intensamente devoto”. Non a caso anche i suoi paesaggi sempre rintracciabili sullo sfondo delle sue opere hanno un alto senso di spiritualità. Ed è proprio lui, Vittorio Sgarbi ad evidenziare come lui, laico per eccellenza, si faccia portavoce di questa visione così fortemente religiosa, attuale oggi più che mai.
Di questo incontro e della consuetudine di riferirsi ai modelli raffaelleschi sono impregnati i cartoni che sono stati recentemente scoperti sul retro della “Crocifissione di Fermo” (realizzata dallo stesso Pagani) in occasione del recentissimo restauro e che permettono di avviarsi in un percorso che parte dal crivellismo fino a giungere al manierismo, passando per icone tipiche del “nostro” rintracciabili in altri suoi lavori spingendosi all’identificazione di opere finora sconosciute. E’ proprio in questi cartoni per lo spolvero che si ritrovano i metodi di lavoro e progettazione della bottega del Pagani, che a distanza di 500 anni ci dà prova (una volta in più, se ce ne fosse bisogno) della sua destrezza nella gestione degli affari di una bottega animata da una fervida operosità.
Sebbene le vendite ottocentesche e le requisizioni napoleoniche abbiano contribuito a disperdere anche molti dipinti del Pagani, con l'occasione della mostra alcune di queste opere rientreranno nelle loro sedi di origine e la recente restituzione alla Galleria Nazionale delle Marche della "Annunciazione" del maestro di Monterubbiano da parte del Museo Getty di Malibù segna una inversione di tendenza ed assume una alto valore simbolico.
Catalogo: Silvana Editoriale
Palazzo dei Priori
Piazza Del Popolo - Fermo
Orari: 10.00-13.00/16,00-20.00
Biglietti: 8 euro (intero), 5 euro (ridotto)