Galleria PivArte
Bologna
via Azzo Gardino, 8
051 6494293 FAX
WEB
Alla grande
dal 4/6/2008 al 14/9/2008

Segnalato da

Alessandro Merlanti




 
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4/6/2008

Alla grande

Galleria PivArte, Bologna

Il titolo si riferisce sia alle dimensioni delle opere sia perche' il progetto si delinea come svolta del tracciato fino ad oggi seguito dalla galleria. Gli artisti invitati sono Alessandro Merlanti, Nicola Nannini, Bruno Pegoretti e Michele Salemi ai quali si aggiunge Renato Bertini di cui sono stati raccolti dipinti quale annuncio di una sua prossima personale.


comunicato stampa

A cura di Franco Basile

Il titolo di questa mostra è una sorta di dichiarazione d'intenti. "Alla Grande", qualcosa di emblematico e al tempo stesso di estraneo ad ogni paludamento di facciata, ben oltre gli arzigogoli cerebrali che molto spesso sono alle dipendenze del nulla. "Alla Grande", dunque, per le dimensioni delle opere e per un progetto che si delinea come svolta del tracciato fino ad oggi seguito.

Gli artisti sono Alessandro Merlanti, Nicola Nannini, Bruno Pegoretti e Michele Salemi ai quali si aggiunge, in uno spazio autonomo, Renato Bertini di cui sono stati raccolti dipinti quale annuncio di una sua prossima personale.

L'esercizio inventivo di Alessandro Merlanti è basato su scelte precise, nel senso di un linguaggio diretto alle misure della realtà, una realtà che può viaggiare su un treno a vapore come può evidenziarsi fra gli ingranaggi di un Tupolev. E' l'archeologia industriale a suggestionare Merlanti, presenti "Alla Grande" con un motore dell'aereo russo realizzato in scala 1/1, come del resto i "reperti" che finora ha declinato sulla tela. Dell'artista ferrarese ricordiamo i percorsi nel tempo che l'hanno portato alla realizzazione di una locomotiva e, fra l'altro, alla riproduzione del Gasometro di Vienna, sempre a grandezza naturale. Per rendere l'idea, il motore del Tupolev che viene proposto in questa rassegna copre una superficie di oltre venti metri quadrati.

Impostato sull'extra large anche il discorso di Nicola Nannini, sebbene per lui l'ispirazione derivi da tutt'altro. Dalla natura, ad esempio, dalle figure umane, dai sogni, dalla diversità dei luoghi, dalle correnti emotive che smuovono ricordi da trasfondere alle sensazioni dell'immediato, quindi pulsioni da fermare nella grana della tela fra luci del quotidiano e ombre della notte, come visioni segrete raccolte in angoli che solo il pittore conosce. Da qui il lungo capitolo dei notturni, quel succedersi di visioni con la vita capovolta nel silenzio, quelle inquadrature sospese nel buio che l'artista avverte come un vuoto da cui cogliere l'effimera configurazione delle cose quando esse denunciano, insieme, l'inizio e la fine.

Le opere di Bruno Pegoretti sono grandi come il pavimento dove lavora. Così è stato detto in occasione di una sua recente esposizione. Necessità di spazio, di uno scherzo su cui passeggiare e raccontare, ovviamente alla grande, ciò che gli passa per la mente, magari dopo aver rinfrescato la memoria con libri e fotografie. Gruppi di famiglia rilevati da foto scattate chissà quanti anni fa in Russia, auto americane post-conflitto, mezzi mastodontici, con cambio al volante; e animali, lamiere e motori compressi quale spremuto ricettacolo di pensieri coniugati sulle piastrelle del pavimento assieme ai meccanismi dentati, a ex voto e a presenze biomorfe, come avviene nella traslazione di elementi che, assemblati, finiscono per configurare totem del tempo.

Appartato estensore di attenzioni al sentimento, Michele Salemi è portatore di un esercizio antico, ancorchè attento all'immediato. Pittore che è l'antitesi del protagonismo, sembra aver trovato nei sottotetti di vecchi edifici il naturale habitat della propria immaginazione. Nel locale dove ora dipinge circola un'aura dal sapore romantico che fa dimenticare le visioni che l'hanno colto fino a poco prima, tra cui palazzoni dalle facciate zeppe di parabole come orecchi sospinti dalla mano di un debole d'udito. Salemi ha lo studio a diretto contatto con le Due Torri, sotto un cielo che gli fa risparmiare l'uso della lampadina. Con scritture dagli accenti morbidi distribuisce il colore a mo' di misura precauzionale contro stesure semantiche prive di valore; dissemina quindi i pigmenti associandoli a lineamento dalle arcaiche sembianze sulla base di uno svolgimento che, sviando il dato naturale, assume valenza evocatrice e simbolica.

Infine Renato Bertini, artista che ha fatto della levità del gesto processo di un'astrazione non disgiunta dal dato oggettivo. E dunque, la realtà resa latitante nell'affermazione del visibile, la specificità della percezione visiva accompagnata alla rinuncia del vero, una rinuncia del reale che non è pero effrazione del preesistente, che non è totale negazione delle culture del passato e della cosiddetta estetica tradizionale, un ossimoro apparente che si articola proprio nella nervatura dei contrasti. Agendo tra positivismo e spiritualismo, è come se nel dipingere egli idealizzasse un corpo di donna o un oggetto sondando con la mente la leggerezza dei moti interiori, qualcosa che il gesto traduce con una semplice pennellata, o con una chiara campitura che sembra farsi carico di un nome pronunciato a bassa voce. Tra aniconico e riemergere del reale, l'ormai lungo tracciato di Bertini è il coerente riflesso di un animo che si manifesta nello svolgimento di scritture semplificate, essenziali, attraverso segni lievi e pulite intonazioni quali affermazione della naturalità di un essere che nel riconoscere piena autonomia ai segni e ai colori si appoggia ai percorsi dell'emozione.

Vernice giovedì 5 giugno ore 18,30 - 23,00

PivArte
Via Azzo Gardino, 8 40122 Bologna

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