Un paesaggista tra immaginario e realta'. Originale inventore di soggetti e composizioni, e' stato determinante nella pittura di paesaggio e di quadratura per tutto il 600 e oltre. Dai dipinti in mostra si chiarisce il suo essenziale ruolo di mediatore tra la cultura nordica e quella italiana.
A cura di Patrizia Cavazzini
La mostra è dedicata alla riscoperta di Agostino Tassi, paesaggista e quadraturista, noto ben più per le vicende biografiche, che per la produzione pittorica. La violenza compiuta su Artemisia Gentileschi, entrata nell'immaginario collettivo, è tutto quello che di lui il pubblico conosce. Come predetto già nel Seicento, i comportamenti del pittore, "mal huomo, mal cristiano e senza timor di Dio", ne oscurarono la fama, al punto che ben pochi dei dipinti su tela attribuitigli cinquant'anni fa gli viene oggi riconosciuto. Anche la monografia degli anni 70, sebbene fondamentale, chiarisce più che altro i 15 anni centrali della sua attività e non include quasi nessuno dei suoi dipinti tardi, che non erano noti all'epoca.
Ma dal 1610, data in cui il Tassi ritornò a Roma dalla Toscana, fino almeno al 1635, egli fu una presenza fondamentale nell'ambiente artistico dell'epoca. Abilissimo autore di architetture illusionistiche, per più di vent'anni affrescò i più importanti palazzi romani. Per tre pontificati, da Paolo V a Urbano VIII, ricevette commissioni su vastissima scala dalle famiglie papali; la morte, avvenuta nel febbraio del 1644, lo prevenne dall'approfittare del pontificato di Innocenzo X, che delle sue opere era "invaghito", e per cui aveva già lavorato nel palazzo Pamphilj a piazza Navona. Dipinse inoltre nel Quirinale, in Vaticano, nei palazzi Pallavicini, Odescalchi, Lancellotti, Costaguti e Taverna, collaborando con i più famosi artisti del suo tempo, Guercino, Domenichino e Lanfranco. Molti affreschi sono perduti; altri verranno in parte ricostruiti in mostra, offrendo una straordinaria opportunità di vedere opere in palazzi che non sono mai accessibili al pubblico.
Dai dipinti del Tassi in mostra si capirà il suo essenziale ruolo di mediatore tra la cultura nordica di paesaggio e quella italiana. Attento osservatore della realtà, che può riprodurre fedelmente, il pittore pone comunque l'uomo al centro della natura. Ama combinare dettagli estremamente realistici in visioni oniriche, trasportando edifici antichi e cinquecenteschi di Roma e dintorni sulle rive del mare. Il suo gusto teatrale, derivatogli dall'esperienza giovanile in Toscana, è spesso evidente anche in dipinti che dovrebbero essere oscuri drammi, come le tempeste di mare e gli incendi notturni di città. Influenzato da Paul Bril, fu il maestro di Claude Lorrain e interagì con il giovane Nicolas Poussin, nei primi anni del suo soggiorno romano. Originale inventore di soggetti e composizioni, sarà determinante per molti aspetti della pittura di paesaggio e di quadratura per tutto il Seicento e anche oltre. Sperimentando tutte le declinazioni del paesaggio, dalle architetture immaginarie, alle tempeste di mare, dalle vedute topografiche alle scene di vita portuale, fu veramente "ricco nelle invenzioni, vario e capriccioso ... di gusto raro et esquisito", come riconosciuto dal biografo seicentesco Giuseppe Passeri.
Immagine: Naufragio della flotta di Enea. Coll. privata
Promosso da:
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma
Catalogo Iride per il Terzo Millennio
Conferenza stampa: mercoledì 18 giugno ore 11.00
inaugurazione: mercoledì 18 giugno, ore 18.00
Museo Nazionale del Palazzo di Venezia - Appartamento Barbo, Sala del Mappamondo, Loggia delle Benedizioni
via del Plebiscito, 118 Roma
9.00 - 19.00 da martedì a domenica, lunedì chiuso. La biglietteria chiude un'ora prima.
Intero € 7,00; ridotto € 4,50