Biennale di Fotografia Alessandria
Gli artisti francesi in mostra rappresentano un percorso ragionato, dove il linguaggio delle immagini accompagna la storia degli uomini, cresce e si evolve con le loro suggestioni, accompagna la sperimentazione o la descrizione della loro ricerca, ma soprattutto offre una realta' acquisita che semanticamente porta ad una riflessione sulla potenzialita' del linguaggio fotografico.
La storia del tempo
Per una fotografia parlata e per un linguaggio universale
“La fotografia non mostra la realtà, mostra l’idea che se ne ha” Neil Leifer
Dedicare alla Francia la prima sezione d’onore di
questa biennale è in qualche modo un percorso
dovuto alla cultura che ha visto nascere e sperimentare
la fotografia in tutti i suoi paradigmi
espressivi.
Questo nuovo linguaggio, il terzo occhio per inciso,
parlando per immagini riesce a scardinare
ogni concetto di raffigurazione rendendo possibile
una lettura realisticamente impensabile della
realtà.
A differenza della pittura, la fotografia, con il suo
fermo immagine, riesce a duplicare l’intervento
dell’artista: la sua presenza a questo punto può
essere palese o velata e in ogni caso rivelare un
qualche aspetto dell’immagine che la sensibilità
umana non sempre riesce a cogliere. Ecco dunque
il fascino sublime di questo medium, la possibilità
di sovvertire in ogni caso le attese con uno sguardo
implacabile sulla realtà impressa, sia essa
costruita o reale. Un percorso quello articolato
all’interno di questa sezione che partendo dagli
albori della fotografia, legata ai procedimenti di
perfezionamento dei processi di sviluppo e degli
strumenti ottici, giunge a una realtà contemporanea
totalmente intrisa di connotazioni concettuali
e strutturalmente legate ad un percorso artistico.
I primi soggetti ad essere fotografati, furono i
ritratti e i paesaggi, in perfetto accordo con le
poetiche del Grand Tour, la fotografia riusciva a
documentare luoghi lontani e luoghi in decadimento,
come le innumerevoli vedute di realtà archeologiche.
Parallelamente si sviluppa soprattutto nel Novecento
l’attenzione per il corpo da una parte e per
la rappresentazione delle città dall’altra, con un
patrimonio di valenze architettoniche e sociali
legate alla necessità di una nuova rappresentazione
del processo di innovazione.
La fotografia, visione pensata per indagare la realtà
attraverso le immagini, diventa comunque
strumento di una soggettività, per cui il rappresentato
incontrandosi con il presupposto di fallibilità
che è rappresentato dal fattore umano, esce
dalla sostanza architettonica di struttura oggettiva
e racchiude in sé un dibattito, che per anni ha
coinvolto artisti, fotografi e critici: l’assenza-presenza
di una verità totalmente oggettiva espressa
attraverso la macchina fotografica. L’artista nel
suo percorso di rappresentazione interviene mutando
quello che dovrebbe essere rappresentato
o rappresentazione veritiera di una realtà. Questo
intervento, sempre maggiormente riscontrabile,
ha distanziato due modi di concepire e rendere
la fotografia quello di una documentazione
e quindi di una necessità di reportage e quello di
una creazione e di un riposizionamento dei canoni
espressivi.
Interessante cogliere la radice comune di questi
due aspetti e gli sviluppi verso un’arte aperta al
medium fotografico come linguaggio espressivo
universale pronto a capire differenze, sperimentazioni,
strutture sociali e disordini interiori.
Quale sinergia di espressioni può meglio raffigurare
il cambiamento della storia, lo spostamento
di pulsioni che negli ultimi decenni hanno riempito
pagine di vita, quale velocità può cogliere l’
impercettibile essenza del cambiamento?
Attraverso la memoria delle immagini, attraverso
la loro manipolazione o la loro diversa costruzione
formale possiamo ricostruire le nostre radici,
reminiscenze non velate, se non volutamente
dall’artista ma rese immortali e pragmatiche dalla
potenza di uno scatto.
Per assurdo il percorso dell’arte della fotografia
parte dal vero per arrivare al verosimile o meglio
alla costruzione di tutte le realtà concettualmente
possibili.
Gli artisti francesi qui selezionati rappresentano
un percorso ragionato, evidente sarà come il
linguaggio delle immagini accompagna la storia
degli uomini, cresce e si evolve con le loro suggestioni,
accompagna la sperimentazione o la descrizione
della loro ricerca, ma soprattutto offre
una realtà acquisita che semanticamente porta
ad una riflessione sulla potenzialità del linguaggio
fotografico, che permette una comunicazione
interculturale riunendo dal punto di vista strutturale
quello che era l’idioma prima del crollo di
Babele, il codice maestro, è questa la vera forza
innovativa che ha portato in campo artistico la
fotografia.
Sabrina Raffaghello
inaugurazione giovedì 10 luglio ore 18
Palazzo Cuttica
Via Parma 1 , Alessandria