MoA Gallery
Paju Gyeonggi
1652-469 Tanhyeon-myeon

Francesca Poto
dal 24/7/2008 al 26/8/2008
+39 089 330209
WEB
Segnalato da

Francesca Poto


approfondimenti

Francesca Poto



 
calendario eventi  :: 




24/7/2008

Francesca Poto

MoA Gallery, Paju Gyeonggi

In_Canto. Incisioni. I 26 lavori presentati insistono sul tema dell'aria, e sulla figura della sirena alata, il corpo piumato di uccello e la testa di donna.


comunicato stampa

--------english below

La mostra di incisioni “In_Canto” di Francesca Poto, ospitata alla Galerie PICI di Seoul (Corea) dall'8 al 21 luglio 2008, si muoverà presso la Moa Gallery (Heyri Art Valley), dove sarà visibile dal 25 luglio al 27 agosto, per arrivare poi alla Kim Gallery di Daegu, terza città della Corea. I 26 lavori presentati insistono sul tema dell'aria, e sulla figura della sirena alata, creatura con le ali, il corpo piumato di uccello e la testa di donna. L'artista salernitana sperimenta diverse tecniche, dal bulino alla puntasecca, dall'acquaforte al carborundum al goffrato, operando su matrici di zinco, di plexiglass e di linoleum. La mostra e' sponsorizzata dall'Istituto Italiano di Cultura in Corea.
___________________

L'incisione e il tempo dello sguardo
a cura di Massimo Bignardi

Il nodo centrale sul quale insiste il lavoro di Francesca Poto resta l'immagine intesa quale espressione di un pensiero figurato e, al tempo stesso, esercizio di un delicato rapporto creativo degli occhi e delle mani, riconosciuto come componente di una capacità di riflessione o, meglio ancora, di un'identità esistenziale. L'ampio ciclo di incisioni sul tema dell'aria, qui raccolto, e' il punto d'approdo momentaneo del suo incedere negli sviluppi di una pratica, quella dell'incisione, declinata nell'ampio spettro di tecniche che, dal bulino alla punta secca all'acquaforte, si spingono all'acquatinta e al carborundum: il suo e' un modo di intendere la pratica che non si fa solo esercizio, vale a dire processo tecnico, bensi' parte attiva e di sollecitazione dell'immaginario reale.

Una scelta che, a dire il vero, era ben presente già dalle esperienze avviate a metà degli anni Settanta, quando, cioe', ho avuto modo di seguire le sue prime lastre, sulle quali interveniva con il corsivo segno dell'acquaforte, una tecnica che le offriva la possibilità di costruire l'immagine, soprattutto la figura, senza rinunziare al dettato di -realismo' percettivo che portava in eredità dagli anni dell'Accademia, in primis dall'insegnamento di Armando De Stefano suo maestro di pittura. Era un segno capace di tradurre il senso plastico delle cose e dei corpi attraverso il giusto dosaggio del chiaroscuro ottenuto sia graduando il valore cromatico, quindi i toni del grigio agendo sul tempo delle diverse morsure, sia calibrando lo spessore del segno tale da costruire un'architettura di linee funzionali capaci di plasmare la materia, di suggerirne il movimento, lasciando libera la composizione di accogliere figure che si sovrapponevano, secondo una simultaneità - come nel caso di Fragile, una lastra realizzata interamente all'acquaforte - scandita dai tempi delle incursioni nella memoria.

Successivamente sul finire di quel decennio - in tal senso penso ad incisioni quali Grand Illusion ma anche a La sposa scende le scale, quest'ultima animata da un'equilibrata luminosità del fondo affidata all'acquatinta -, l'artista avvertiva la necessità di esemplificare il dettato compositivo, in pratica di rivedere il rapporto con lo spazio bianco del foglio, misurandosi con la tenuta della grana della colofonia, portata agli estremi con grigi chiarissimi, quasi a sfumare, come filigrana, nel bianco del fondo, facendo assumere a quest'ultimo, dunque un carattere cromatico, un timbro, definendo cosi' la luce e la materia di uno spazio. I segni costruttivi della figura erano ridotti a poche linee essenziali, tante quanto bastavano a disegnare la silhouette della donna o i brani dell'architettura che l'accoglie: un'esemplificazione che doveva rispondere al testo -narrato', cioe' ad un racconto che attingeva al proprio vissuto, ad una dimensione interiore.

Il dato realistico non deve trarre in inganno, anzi serve solo a dare sostegno ad un dichiarato simbolismo, non privo di visionarietà che l'artista, soprattutto per la resa della figura della prima delle incisioni citate, sembra attingere da alcune soluzioni formali di Klinger. Una visionarietà che, nelle opere odierne, e' maggiormente dichiarata sia per l'entrata in scena della sirena, figura che lega la sua immagine al regno dell'aldilà ma anche alla seduzione mortale, sia per l'assunzione, a piccoli passi, del colore, del suo valore simbolico che avvia lo sguardo oltre il confine della configurazione, seducendolo, traendolo nell'inganno ordito da una raffinatissima tessitura di segni, di punti scolpiti con il trapano, con le frese, con le punte d'acciaio, tali da accogliere piu' inchiostro e, quindi, restituire il senso materico e poroso della roccia, degli scogli, delle pietre, proprio come fosse l'impronta lasciata da esse sull'assorbente letto della carta. La figura della sirena, creatura d'aria con le ali e il corpo piumato di uccello e la testa di donna, suggerisce un senso duplice, ossia la razionalità e l'istinto: e' un mostro assunto dalla mitologia che nasconde in se' pulsioni primitive che l'artista evidenzia attraverso la descrizione di luoghi irreali, pervasi da una luminosità che rende maggiormente inquietante l'immagine, dettata da un colore algido del cielo, come e' per Antarctica, del 2006, realizzata abbinando la trama pittorica dell'acquatinta con il segno corsivo dell'acquaforte, oppure forzando sul dato emotivo del ricordo, attingendo da memorie di viaggi come per Baires e, soprattutto, Bahía inútil, sempre dello stesso anno, ove interviene sulle variazioni luminose del nero, orchestrate dal bulino, che scava segni netti e decisi, dalla puntasecca che lascia, nelle sfumature delle barbe, preziose velature, mezzi toni che fanno respirare altre arie e, infine, l'acquatinta che accoglie le atmosfere emotive dei colori.

Atmosfere nelle quali, con i lavori realizzati nel 2007, ad esempio Terraquea un trittico di grandi dimensioni, si fa piu' pressante la necessità di affidarsi al valore simbolico del colore, inserendo campiture piane di tinte sature sulle quali far raffreddare grumi di inchiostro, di materia. Una traiettoria di ricerca, sul piano squisitamente tecnico, di pratica creativa, che spingerà Francesca verso un segno che si fa rilievo, dichiarato spessore, denso, corposo che l'artista ottiene con il carborundum, speculando sulle suggestioni luminose suggerite dalle ultime incisioni di Miró, su quei neri pervasi da una misteriosa (tenebrosa) luce. In Sounion, incisione realizzata all'inizio di questo anno ove trova nuovamente forma una visionarietà sobillata dalla mitologia, la plastica architettura del colonnato del tempio, modellato dal nero intenso del carborundum, e' esaltata da effetti di un'illusoria matericità resa dall'uso di paste acriliche - una new entry nel -ricettario' delle tecniche calcografiche.

Come si osserva l'esperienza creativa di Francesca Poto e' segnata da un sincronismo fra lo sviluppo narrativo dell'immagine e la pratica, cioe' l'esercizio delle tecniche con le quale si esprime: il punto di sutura si ha quando, come nel caso delle due grandi incisioni a piu' lastre dal titolo In canto terminate di recente, la composizione rimette in discussione tutto, aprendo varchi a nuove tecniche di rapporto con la realtà ottico percettiva, ma anche ad un nuovo linguaggio. Le grandi lettere rosse dell'alfabeto greco sono disposte in rapporto alle immagini, attinte, queste ultime, ad un personale album mentale: le lettere assumono il valore di pittogrammi che interferiscono nel testo narrativo dei brani figurali, disegnando un abbecedario di forme, con intervalli ritmici tali, pero', da non distrarre o, meglio, evitando facili avvicinamenti, quasi da rebus. La scrittura e' assunta come linea colore, esclamazione, suono, parola, canto, visione: l'immagine non e' consonante ad essa, ossia non si colloca al suo fianco come dichiarazione percettiva, quanto ulteriore scrittura che prende in prestito dalla fotografia la capacità di tradurre la luce in segno.

La sua esperienza si proietta verso nuovi tracciati che lasciano intuire una rinnovata curiosità per l'immagine assunta, ora, come diaframma che collega il pensiero, quale emanazione della coscienza, al mondo delle relazioni sensibili.


L' ''In canto'' delle Sirene nel lavoro di Francesca Poto
a cura di Lucio Izzo, Direttore Istituto Italiano di Cultura, Seoul

Il mito delle sirene incanta la civiltà mediterranea, e quella greco-romana in particolare, fin dalla notte dei tempi. Ma le sirene e le divinità sorelle abitano i mari e la fantasia dei popoli di ogni parte del mondo. Francesca Poto raccoglie il canto di queste creature misteriose e ne ascolta la voce con attenzione: il racconto di gesta, l'illusione affabulatoria, ed infine la guida spirituale verso dimensioni altre della consapevolezza e dell'Essere. Non sono infatti le sirene ammaliatrici ed ingannatrici del mito di Ulisse che incontriamo tra i segni dell'artista, ma piuttosto degli angeli silenziosi che indicano un percorso, visibili o talvolta presenti solo attraverso un riflesso o l'alito del loro soffio. Queste sirene nascono, dunque, da un lato da un'osservazione istintiva e dall'altro dalla percezione fisica che Francesca Poto ricava dalle acque di mari ed oceani di ogni latitudine e delle miriadi di civiltà che sulle loro rive (e nei loro fondali: Atlantide, Mu) sono esistite e le hanno generate per esserne a loro volta rigenerate. E' infatti il mare il vero continente del nostro globo, il legame universale tra isole di terra, e le sirene sono i messaggeri che propagano da una riva all'altra il seme della conoscenza e delle civiltà. Ecco una di esse indicarci le acque gelide e la roccia cupa ed inospitale di una ''Bahia inutil'' di un oceano remoto e meridionale che non è solo un rinvio geografico ma, al tempo stesso, un segno didattico di un'iniziazione spirituale. E in questo senso la stessa sirena si spinge più a sud fin nelle solitudini antartiche che (paradossalmente?) sono gli unici territori di questo universo simbolico ad illuminarsi di una combinazione di colori che suggeriscono un'apertura ed una realizzazione. E' forse questo il vero punto di arrivo di questo viaggio? La conclusione felice di un percorso iniziato tra un'allegria convenzionale di un occidente mediterraneo, tra riflessi di una nordica opulenza o di malinconie sudamericane? Non lo sappiamo: dovremo deciderlo da soli, al termine del nostro itinerario individuale nel percorso che Francesca Poto ha evocato per noi. Ma non è certamente un caso che anche il segno grafico prescelto e l'iconografia iperdetermniata ci spingano in questa direzione. Non è la levità fiabesca della creatura di Andersen, né le opulente linee e la pesantezza di una polena di nave che rintracciamo nelle sirene dell'artista. Ci troviamo, invece, di fronte alla potenza trasparente di un essere etereo, alla sua ombra fatta d'energia e, quando la creatura ci appare nella sua pienezza, ci rendiamo conto che le sue linee richiamano quelle degli angeli a guardia dell'Arca, quelle di una sfinge alata, ed è qui che ci si rivela l'ultimo indizio: queste sirene hanno lasciato il mare per l'aria per ricomprendere ed unire, a beneficio dell'uomo, terra e acqua.

Siamo particolarmente fieri di presentare un'artista, maestra nei segreti dell'antica, ricca e impegnativa arte dell'incisione. Francesca Poto è profondamente radicata nella tradizione italiana e, proprio per questo, sa parlare al mondo e confrontarsi con culture diverse, come solo la vera arte sa fare. In Canto, la raccolta di incisioni dedicata alle sirene, sviluppa un tema che l'artista aveva precedentemente affrontato lavorando con il plexiglass, ottenendone degli interessanti esiti cromatici e di luminosità. Queste incisioni non si distanziano da tali opere solo per la tecnica (un rigoroso utilizzo di faticose e manuali tecniche classiche come Bulino, Acquatinta, Acquaforte, Opus Mallei, Rotelle, Berceau, Punta secca) ma anche per l'innovativa evoluzione nell'approccio al tema: si passa dalla rotonda e solare dimensione del mito greco ad una metafisica bicromia, dalla flessuosa corporeità della sirena mediterranea alla sfuggente ombra di una sirena che attraversa oceani e mari ad ogni latitudine e dialoga con divinità affini.

--------english

The MoA Gallery in Heyri Art Valley (Paju, South Korea) will host an exhibition of the Italian artist Francesca Poto from July 25th to August 27st , 2008. The exhibition then will move to Kim Gallery in Daegu, where it will be open until the end of September, 2008. The themes of the air and the mermaid, a winged, plumed and woman headed mythological creature, inspire the 26 art works. The artist uses diverse techniques such as burin , drypoint, etching, carborundum and embossing on zinc, plexiglas and linoleum matrices. The exhibition is sponsored by the Italian Cultural Institute in Seoul. Details at the website www.francescapoto.it

The myth of mermaids has since ever fascinated the Mediterranean civilization, particularly the Greek - Roman one. But mermaids and their sister goddesses crowd the seas and fancies of peoples all over the world. Francesca Poto senses the singing of these mysterious creatures and listens attentively to their voice telling deeds, deceitful tales, and then spiritually guiding towards other dimensions of awareness and Being. We do not find the luring and deceiver mermaids of Ulysses' myth in the artist's drawings but some silent angels tracing a path, visible or sometimes just present through the reflex or breath of their blow. These mermaids are born then from both an intuitive observation and the physical perception that Francesca Poto draws from the waters of seas and oceans of any latitude and from the thousand civilizations which have existed on their shores (and in their depths: Atlantis, Mu) and have being generated by them to be regenerated in turn. And it is actually the sea the real continent of our world, the universal link between islands of earth, and the mermaids are the messengers spreading the seeds of knowledge and civilization from one shore to the other.

Here is one of them showing the icy waters and a dark and inhospitable ''Bahia inutil'', a faraway and Southern ocean which is not only a geographical indication but at the same time a didactic sign of a spiritual initiation. And following this direction the same mermaid goes further South up to the Antarctic solitudes which (paradoxically?) are the only territories of this symbolic universe which lighten up with a combination of colours suggesting an opening and a fulfilment. Is this maybe the actual point of arrival of this voyage? The happy ending of a course started within the conventional cheerfulness of a Mediterranean West, the reflexes of a Northern opulence or South American melancholies? We do not know: we should decide by ourselves at the end of our individual itinerary in the voyage that Francesca Poto evoked for us. But it is not by chance that also the chosen graphic sign and the hyperdetermined iconography push us in this direction. It is nor the fairy lightness of Andersen's creatures nor the rich and heavy lines of the figurehead on the ship's bow that we find in the artist's mermaids. We are faced, conversely, with the transparent power of an ethereal being, its shadow made of energy and when the creature appears to us fully we realize that its contours recall the Ark guardian angels, the winged sphinx, and here comes the last clue: these mermaids left the sea for the air to reunite, at man's benefit, earth and water.

We are particularly proud to present an artist, master of the ancient, rich and engaging art of engraving. Francesca Poto is deeply rooted in the Italian tradition and for that she is able to speak to the world and confront herself with different cultures, as the true art does. In Canto, the collection of engravings devoted to mermaids, develops a theme that the artist had previously tackled working with plexiglas and reaching interesting chromatic and light effects. These engravings do not differ just for the technique ( a strict use of classical hard hand techniques such as burin, aquatint, etching, opus mallei, berceau, drypoint) but also for the innovative evolution in approaching the theme: we pass from the full sunny dimension of the Greek myth to a metaphysical two colours dimension, from the willowy substantiality of the Mediterranean mermaid to the eluding shadow of a mermaid crossing oceans and seas at any latitude and dialoguing with akin deities.
Lucio Izzo, Chair, Italian Cultural Institute, Seoul

MoA Gallery
1652-469 Tanhyeon-myeon - Paju Gyeonggi

IN ARCHIVIO [2]
Oan Kyu
dal 15/4/2010 al 11/5/2010

Attiva la tua LINEA DIRETTA con questa sede