Astrattismo geometrico e arte cinetica. In mostra sono rappresentate varie correnti e gruppi: optical art, cinetica, percettiva, MAC, gruppo N, scrittura visuale. Tra gli altri, i lavori di Rambaudi, Parisot, Monnini, Nativi, Aimone, Griffa, Gastini, Veronesi, creatori di una pittura rigorosa, esatta, analitica, e totalmente aniconica.
a cura di Mario Bianco e Massimo Tosco
Proseguendo la tradizione di dedicare annualmente un allestimento alla riscoperta delle opere presenti nella Civica Collezione Scroppo, quest’anno andiamo a proporre una quarantina di opere di altrettanti artisti, figli e nipoti di Mondrian e Malevic. In mostra sono rappresentate varie correnti e gruppi: optical art, cinetica, percettiva, MAC, gruppo N, gruppo TI.ZERO, scrittura visuale.
Tra gli altri, i lavori di Rambaudi, Parisot, Monnini, Nativi, Aimone, Griffa, Surbone, Gastini, Veronesi, Nuzzolese, Nelva, Rotta Loria, creatori di una pittura rigorosa, esatta, analitica, totalmente aniconica, che tra gli anni Cinquanta e Ottanta ha avuto un notevole sviluppo nella nostra regione.
L’esposizione, curata da Mario Bianco e Massimo Tosco, termina il 4 ottobre 2008 con l’apertura straordinaria in occasione della Giornata del Contemporaneo, manifestazione organizzata da AMACI -Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani.
Nel dicembre 2006 la mostra “Forme del segno” aveva presentato una quarantina di opere astratte della Collezione civica, accomunate da un linguaggio espressionista-informale. La sua ideale prosecuzione è ora questa mostra di altrettanti lavori incentrati sulla poetica dell’astrattismo geometrico-costruttivista.
Lo stesso Filippo Scroppo fu di questa corrente uno dei più autorevoli rappresentanti, dalla fine degli anni ’40, come cofondatore del MAC (Movimento Arte Concreta) torinese, con Albino Galvano e Adriano Parisot.
Pur nelle diverse sfaccettature teoriche e articolazioni stilistiche, tutti i lavori della presente esposizione hanno un assunto unitario: l’intenzione di costruire immagini di un rigore assoluto e di una purezza formale che escluda perentoriamente ogni aggancio al verosimile, ogni parentela con l’espressione di stati d’animo, ogni allusione a un mondo altro.
Le correnti tese a costruire forme pure, cioè aniconiche, si svilupparono già nel secondo decennio del Novecento, con pittori come Malevic, Mondrian, Van Doesburg e con Kandnisky, che per primo usò, polemicamente, l’appellativo “concreta”, invece che “astratta”, per indicare un’arte non figurativa e prevalentemente geometrica. In Italia, prima della seconda guerra mondiale, tali correnti ebbero rari echi, se non nelle opere di Magnelli, Soldati, Radice, Rho, Munari e Veronesi. Il vero sviluppo si ebbe nel secondo dopoguerra quando presero piede vari movimenti come il MAC, il neoconcretismo, la Optical Art, il Gruppo N, il Gruppo T e svariati gruppi di artisti impegnati in ricerche d’arte cinetica, percettiva, programmata e di scrittura visuale.
A esemplificare la ricchezza di percorsi così ramificati tra gli anni Sessanta e Ottanta, vediamo le opere di Alvaro Monnini e Gualtiero Nativi, fondatori del MAC fiorentino ed esponenti di spicco della pura ricerca geometrizzante; un dipinto di grande rigore e di altrettanto grande poesia di Piero Rambaudi e una netta serigrafia di Luigi Veronesi. Di Adriano Parisot spicca un lavoro sperimentale al confine tra scrittura visuale, geometria e percezione di materia. Seguono la via esatta, svincolata da spunti naturalistici, anche i lavori di Nino Aimone, Enzo Maiolino, Angelo Maggia, Egle Scroppo, Piero Bolla, Lucio Cabutti, Paolo Aggio, ciascuno con propri segni distintivi. Un’opera singolare, policomposta, come quella di Marcolino Gandini mostra il senso della ricerca costruttivista, vicina alla interessante scultura in legno multistrato di Carlo Giuliano. Michelangelo Conte organizza elementi eterogenei ricercando un’eleganza costruttiva, mentre Renato Brazzani lavora alla costruzione di una austera e concreta neo-icona materiale.
Le influenze della scuola americana post-espressionista-astratta di Rothko, Reinhardt e Albers, diretta all’azzeramento dell’immagine ed all’indagine su sobrie textures, sono qui visibili nei dipinti di Dino Arnese e di Enrico Badellino. Seguono invece una strada combinatoria di materia e ricerca su effetti di percezione e luce Mario Surbone, Beppe Sesia, Marco Gastini ed Enzo Carioti; affine a loro è Giorgio Griffa che ha lavorato prevalentemente sul peso del segno pittorico puro steso su tele grezze.
Gli artisti del gruppo torinese TI.ZERO, Renaldo Nuzzolese, Giorgio Nelva e Claudio Rotta Loria, hanno sempre ricercato e costruito una rigorosa grammatica dell’immagine arrivando sovente a prove di arte cinetico-percettiva. Vicini a loro Franco Grignani, Antonio Carena, Antonio Galdi; mentre Agostino Gentile e Mario Mercalli hanno operato sull’orditura di effetti luce/ombra/textures ottenuti su e con materiali industriali.
Simili percorsi di indagine visiva, studi sull’ambiguità percettiva hanno praticato autori qui presenti come Carmelo Cappello, Attilio Gardino, Nino Conterosito, Michele Parisi, Gabriele Scaramuzza, Giò Semproni e Odo Tinteri. Un tipico esempio di scrittura visuale è il lavoro di Dino Bedino.
Ancora una volta possiamo apprezzare con rinnovato stupore il genio e l’ardore di Filippo Scroppo, promotore e nume tutelare della nostra Galleria, che è riuscito a raccogliere tanti lavori significativi fra i suoi contemporanei. Auguriamoci che almeno una traccia di quello spirito e di quella chiaroveggenza resti ancora tra noi e ispiri il futuro di questa istituzione.
Mario Bianco
inaugurazione sabato 9 agosto ore 17,30
Galleria Civica d'Arte Contemporanea Filippo Scroppo
via Roberto D'Azeglio 10 - Torre Pellice (TO)
Orari: Martedì-mercoledì-giovedì dalle 15.30 alle 18.30; Venerdì-sabato dalle 10.30 alle 12.30; Chiuso la domenica, il lunedì e nei giorni festivi; 4 ottobre 10.30-12.30/14.30-18.30 con percorsi guidati e laboratori su prenotazione.
Ingresso libero