Ex Carceri
Castiadas (CA)

Amoena
dal 3/9/2008 al 9/9/2008
tutti i giorni 10 - 13 e 16 - 23
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Ufficio Stampa Metamorfosi




 
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3/9/2008

Amoena

Ex Carceri, Castiadas (CA)

Nell'ambito della terza edizione della Sardegna Arte Fiera, Simone Frangi presenta il progetto curatoriale "Amoena. Esercizi installativi sul paesaggio" una collettiva con opere-video ed installazioni di Diego Cinquegrana, Francesco Fossati, Yari Miele, Silvia Negrini, Marco Pagliardi.


comunicato stampa

a cura di Simone Frangi

Nell’ambito della terza edizione della Sardegna Arte Fiera, Simone Frangi presenta, negli spazi dell’ex carcere agricolo di Castiadas, il progetto curatoriale Amœna. Esercizi installativi sul paesaggio.

Silvia Negrini (Sondrio, 1982) lavora sulla virtus del virtuale, sulla sua forza ed sul suo potenziale, tracciando dei grandi ed asciutti landscapes videoludici. Con l’immersione nell’estetica digitale, il processo creativo di Negrini distilla episodi ed idee attraverso la “guerra pulita” del gioco, cercando il cardine ludico dell’esistenza e della cronachistica quotidiana. Il paesaggio naturale ed urbano che ospita la scena di cronaca si sintetizza in superfici che mischiano gli “elementi del disastro” – stragi, attentati, omicidi – all’iconologia di videogiochi di culto. In un’estrema pulizia grafica, indotta dalla carta millimetrata e dalla moltiplicazione di moduli compositivi, Negrini consolida le dinamiche del gioco, scoprendo la loro elevata capacità analitica. Nel recente Il ramo secco della famiglia Agnelli, in una commistione di disegno tecnico e figurativa rubata a The Sims, Negrini ripercorre il proprio albero genealogico, ricostruendo gli intrecci famigliari attraverso le case che li ospitano.

Yari Miele (Como, 1977) configura una realtà paesaggistica virtuale, incrinando la morfologia apparente dei luoghi attraverso luci di Wood e strutture luminescenti. Nella natura dell'immagine spaziale, si gioca il rapporto illusione-realtà, la questione della presenza fisica e mentale nello spazio, nonché l’interazione empatica del corpo con un ambiente “segnato” da forme ed eventi luminosi. L’installazione ambientale di Miele ritorna sul modulo della casa come dimensione dell’esistenza, sintonizzando il lavoro sulla configurazione architettonica domestica, ma destrutturandola e ricomponendola in maniera frammentaria. La scena globale, rafforzata da un sonoro caotico, produce uno scenario di demolizione dei perimetri e delle linee compositive degli edifici, il cui effetto è uno straniamento nei processi di conoscenza dello spazio fisico ed acustico.

Marco Pagliardi (Brescia, 1982) interviene sulle dinamiche rassicuranti di oggetti quotidiani e dei giochi per l’infanzia, danneggiando la loro abitudine percettiva e la loro abitudine d’uso. L’installazione sonora Paranoid Park nasce dall’esasperazione parossistica dei dolci rumori e degli sfrigolii meccanici di un gioco per bambini, associata alla falsificazione dell’immaginario ad esso legato. La degenerazione del microcosmo sonoro del gioco sfonda in un paesaggio acustico amplificato, implementato, che testimonia tutta la forza di irruzione dell’(im)materiale sonoro. L’universo sonoro risultante rievoca infatti il pesante macinare di una catena di montaggio o l’incedere macchinico dei treni in corsa.

Diego Cinquegrana (Como, 1981) crea un paesaggio interiore, dà vita un corpo-paesaggio, che costituisce l’orizzonte universale dell’esperienza e che mima le costruzioni ambientali. Null’altro che corpo. La gabbia in legno ed ossa sospesa a parete vanifica le sue pretese di occupazione dello spazio: il dovere della gabbia di imbrigliare si rovescia in una evasione incompleta ed ambigua. Come suggerisce la collocazione invertita dell’erba sintetica, lo scorcio paesaggistico non è altro che una visione ribaltata del mondo La “struttura” di Cinquegrana si ambienta nello spazio esterno come un riflesso di tutto ciò che sta dentro. Dello stesso genere della pelle umana, l’installazione S.T s.02 è un dispositivo osmotico. Dove l’unica piccola traccia antropomorfa, diventa inutile e senza appartenenza.

Francesco Fossati (Carate Brianza, 1985) utilizza il video come strumento di analisi del relazionarsi delle forme nel loro spazio fisico. In una strada periferica senza uscita, dove il paesaggio naturale è cadenzato da brevi tracce di industrializzazione, Fossati pedina un motociclo, dove un ragazzo regge in posizione verticale un specchio. Girato con economia di mezzi e secondo un estetica low-fi, il video sembra seguire una non-azione: il medium asettico e “identitario” dello specchio si trasforma in un catalizzatore di immagini, ricavando una regione inedita ritagliata nello sfondo paesaggistico. Il continuum quasi liquido delle immagini che si muovono nello specchio, spesso palesemente differenti dall’originale, crea uno scarto d’illusione rispetto a ciò che gli scorre accanto. Solo in brevi insight istantanee – in cui l’immagine riflessa coincide con quella sullo sfondo- lo specchio sembra annullarsi e viene assorbito dal paesaggio reale. Mentre l’ossessività del ronzio del motore dei due scooter accompagna la formazione di un leggero non-senso.

Inaugurazione: 4 settembre 2008, ore 19

Ex Colonia penale - Castiadas (Cagliari)
Orari d’apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 23.
Ingresso libero.

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