Dieci.due! (vecchia sede)
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San Sebastian
dal 6/2/2002 al 2/3/2002
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Segnalato da

dieci.due




 
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6/2/2002

San Sebastian

Dieci.due! (vecchia sede), Milano

Gianluigi Antonelli. Il martire in silicone: venerazione di una icona sintetica. Il martire e' colui che si sacrifica pagando per tutti gli uomini e, la sua sofferenza non puo' che essere resa attraverso segnali di dolore corporale, attraverso una estetica corrotta. Gianluigi Antonelli si serve di un corpo finto, freddo ma malleabile, fatto di materiali contemporanei, un'icona sintetica dunque senza alcun senso sacrale ma di certo un'immagine con un crudele senso estetico che sa di attualita'.


comunicato stampa

GIANLUIGI ANTONELLI

presentazione di ROBERTA RIDOLFI

IL MARTIRE IN SILICONE: VENERAZIONE DI UNA ICONA SINTETICA
Fece stupire l'immagine del San Sebastian, la scorsa estate, nella penombra della cripta dell'Abbazia romanica del Furlo, in provincia di Pesaro. La "scultura" se ne stava lì, ricurva su stessa, nuda, bendata, scossa di tanto in tanto dalla mano ardita di qualche curioso visitatore. Quella scultura rappresentava in realtà la manifestazione fisica di un carico di domande di dominio universale, essa nella volontà del proprio autore, doveva andare ad agire sulle coscienze degli uomini, riportando la riflessione sull'evoluzione della storia e su come quest'ultima agisce sulla contemporaneità.
Il martire è colui che si sacrifica pagando per tutti gli uomini e, la sua sofferenza non può che essere resa attraverso segnali di dolore corporale, attraverso una estetica corrotta.

Gianluigi Antonelli non intende però usare il corpo per rendere cruenta l'idea di dolore, egli parla di un dolore diverso, un senso colpa e d'ingiustizia che fa leva sulle coscienze di ciascuno di noi e che collega quel sacrificio ipotetico alla causa delle guerre, alle ingiuste discriminazioni sociali, al senso di morte che da sempre pervade ogni fanatismo cieco, ogni folle idea di prevaricazione sull'altro.
Ed è proprio per questi motivi che l'artista di serve di un corpo finto, freddo ma malleabile, fatto di materiali contemporanei, un'icona sintetica dunque senza alcun senso sacrale ma di certo un'immagine con un crudele senso estetico che sa di attualità.
Il San Sebastian cerca venerazione senza il bisogno di mostrare gli occhi di chi gli passa accanto, perché egli è simbolo di privazione, e perché gli occhi rappresentano lo specchio dell'anima. Gli occhi che sono anche l'unica via sensoriale per comunicare con il mondo in immagini, sono celati da una oscura benda nera quasi a voler segnare il lutto, scritto sulla pelle del santo, segnale inconfondibile di privazione della vita. San Sebastian è poi presentato in grandi bacheche in vetro, sezionato, o meglio scuoiato, immerso in un liquido rosso, tuttavia nulla vi è di fisiologico se non l'idea di dolore.
Una idea paradossale, improbabile, visto che quel corpo non è che la riproduzione in silicone di un corpo umano.dunque, come venerare un corpo che non ha mai commesso azioni, mai esercitato atti di volontà, mai emesso gemiti. Un corpo che usa il rosso per sconvolgere la vista di chi lo osserva ma che non ha mai conosciuto sangue. Un santo martirizzato dai segni neri lasciti dalle frecce lanciate sul suo corpo in età antichissime che poi sono anche i punti d'attacco di una malattia contemporanea e pestilenziale, come l'aids.
Non è difficile immaginare che quest'opera voglia indicare una peste dell'anima, un morbo oscuro che attacca un corpo simbolico, un corpo artificiale, prodotto moderno dell'industria chimica. Il San Sebastian narra in realtà la storia di un uomo del passato, un martire futuribile che dichiara la forza di un dolore reiterato che trascende il corpo, dichiarandolo obsoleto. Ecco perciò lo sgomento emotivo, il turbine inquieto dell'emozione che si sprigiona nella visione di quest'opera. Un corpo sublimato, esaltato e violato nel contempo. Una violazione dell'iconografia classica? Forse, ma resta certo il fatto che l'artista ha voluto compiere uno scatto evolutivo nell'idea e nell'estetica di un martire che per avere ancora un senso nella contemporaneità deve necessariamente mimetizzarsi con le immagini che la costituiscono.
ROBERTA RIDOLFI

inaugurazione giovedì 7 FEBBRAIO 2002 h.18-21

aperto da martedì a sabato dalle 16 alle 19,30
e su appuntamento

10.2! DIECI.DUE! International Research Contemporary Art
Via Ponte Vetero 22 20121 Milano Italia
Tel/fax 02 72022637

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