Gianluigi Antonelli. Il martire in silicone: venerazione di una icona sintetica. Il martire e' colui che si sacrifica pagando per tutti gli uomini e, la sua sofferenza non puo' che essere resa attraverso segnali di dolore corporale, attraverso una estetica corrotta. Gianluigi Antonelli si serve di un corpo finto, freddo ma malleabile, fatto di materiali contemporanei, un'icona sintetica dunque senza alcun senso sacrale ma di certo un'immagine con un crudele senso estetico che sa di attualita'.
GIANLUIGI ANTONELLI
presentazione di ROBERTA RIDOLFI
IL MARTIRE IN SILICONE: VENERAZIONE DI UNA ICONA SINTETICA
Fece stupire l'immagine del San Sebastian, la scorsa estate, nella
penombra della cripta dell'Abbazia romanica del Furlo, in provincia di
Pesaro. La "scultura" se ne stava lì, ricurva su stessa, nuda,
bendata, scossa di tanto in tanto dalla mano ardita di qualche curioso
visitatore. Quella scultura rappresentava in realtà la manifestazione
fisica di un carico di domande di dominio universale, essa nella
volontà del proprio autore, doveva andare ad agire sulle coscienze
degli uomini, riportando la riflessione sull'evoluzione della storia e
su come quest'ultima agisce sulla contemporaneità .
Il martire è
colui che si sacrifica pagando per tutti gli uomini e, la sua sofferenza
non può che essere resa attraverso segnali di dolore corporale,
attraverso una estetica corrotta.
Gianluigi Antonelli non intende però
usare il corpo per rendere cruenta l'idea di dolore, egli parla di un
dolore diverso, un senso colpa e d'ingiustizia che fa leva sulle
coscienze di ciascuno di noi e che collega quel sacrificio ipotetico
alla causa delle guerre, alle ingiuste discriminazioni sociali, al senso
di morte che da sempre pervade ogni fanatismo cieco, ogni folle idea di
prevaricazione sull'altro.
Ed è proprio per questi motivi che
l'artista di serve di un corpo finto, freddo ma malleabile, fatto di
materiali contemporanei, un'icona sintetica dunque senza alcun senso
sacrale ma di certo un'immagine con un crudele senso estetico che sa di
attualità .
Il San Sebastian cerca venerazione senza il bisogno di
mostrare gli occhi di chi gli passa accanto, perché egli è simbolo
di privazione, e perché gli occhi rappresentano lo specchio
dell'anima. Gli occhi che sono anche l'unica via sensoriale per
comunicare con il mondo in immagini, sono celati da una oscura benda
nera quasi a voler segnare il lutto, scritto sulla pelle del santo,
segnale inconfondibile di privazione della vita. San Sebastian è poi
presentato in grandi bacheche in vetro, sezionato, o meglio scuoiato,
immerso in un liquido rosso, tuttavia nulla vi è di fisiologico se non
l'idea di dolore.
Una idea paradossale, improbabile, visto che quel corpo
non è che la riproduzione in silicone di un corpo umano.dunque, come
venerare un corpo che non ha mai commesso azioni, mai esercitato atti di
volontà , mai emesso gemiti. Un corpo che usa il rosso per sconvolgere
la vista di chi lo osserva ma che non ha mai conosciuto sangue. Un santo
martirizzato dai segni neri lasciti dalle frecce lanciate sul suo corpo
in età antichissime che poi sono anche i punti d'attacco di una
malattia contemporanea e pestilenziale, come l'aids.
Non è difficile
immaginare che quest'opera voglia indicare una peste dell'anima, un
morbo oscuro che attacca un
corpo simbolico, un corpo artificiale, prodotto moderno dell'industria
chimica. Il San Sebastian narra in realtà la storia di un uomo del
passato, un martire futuribile che dichiara la forza di un dolore
reiterato che trascende il corpo, dichiarandolo obsoleto. Ecco perciò
lo sgomento emotivo, il turbine inquieto dell'emozione che si sprigiona
nella visione di quest'opera. Un corpo sublimato, esaltato e violato nel
contempo. Una violazione dell'iconografia classica? Forse, ma resta
certo il fatto che l'artista ha voluto compiere uno scatto evolutivo
nell'idea e nell'estetica di un martire che per avere ancora un senso
nella contemporaneità deve necessariamente mimetizzarsi con le
immagini che la costituiscono.
ROBERTA RIDOLFI
inaugurazione giovedì 7 FEBBRAIO 2002 h.18-21
aperto da martedì a sabato dalle 16 alle 19,30
e su appuntamento
10.2! DIECI.DUE! International Research Contemporary Art
Via Ponte Vetero 22 20121 Milano Italia
Tel/fax 02 72022637